La spiaggia dei disperati ultima pista per l'ltalia di Maurizio Molinari

La spiaggia dei disperati ultima pista per l'ltalia La spiaggia dei disperati ultima pista per l'ltalia IN FUGA DALLA TUNISIA SFAX DAL NOSTRO INVIATO Sidi Mansour è una lunga striscia di sabbia a neanche tre chilometri a Nord-Est di Sfax. Di giorno gli anziani si riuniscono a due passi dalla spiaggia nell'unico caffè dell'unico incrocio stradale, poco distante dalla sorvegliatissima caserma «Sallum» dell'esercito. Di notte arrivano i giovani per imbarcarsi sulle piccole barche colorate dei pescatori dirette verso Lampedusa. Hadi, venticinquenne con il desiderio di diventare professore di ginnastica, ha molti amici che sono saliti su quelle barchette. «Il problema è che qui a Sfax ci sono tante indùstrie tessili ed alimentari - dice ma per noi ragazzi il lavoro è poco, perché le aziende vogliono assumere solo le donne, che vengono pagate 120 dinari al mese, la metà di quanto riceve un uomo». A Sfax l'emigrazione clandestina nasce dalla disoccupazione dei giovani e riguarda soprattutto «ragazzi nati e cresciuti in questa zona con l'età compresa da un minimo di 18 ad un massimo di 30-35 anni» come precisa un poliziotto in borghese, che passa l'intera giornata a pattugliare le spiagge della città a bordo di una Fiat-Uno bianca. «Da Tunisi ci chiedono ogni giorno di arrestarne di più - dice - ma prendere i clandestini dopo che sono saliti a bordo delle barche è difficile, perché qui di queste piccole imbarcazioni di pescatori il mare è sempre pieno, giorno e notte, e inoltre quando gli illegali salgono a bordo si schiacciano sul fondo per nascondersi alla vista sia delle motovedette che degli elicotteri. Non è vero che non voghamo fermarli ma, credeteci, non è cosa facile». A coordinare la caccia ai clandestini è il «Secteur di Police» locale, installato in un immobile a due piani costruito dai francesi a duecento metri dall'antica Medina. Al secondo piano, in fondo ad un corridoio verde, in una stanza con due tavoli, un armadio, cinque sedie e nessun computer, si trova «la centrale». Da qui, grazie ad auto-civetta ed informatori, la polizia cerca di catturare soprattutto i «trasportatori». «L'unica maniera per ridurre le partenze - dice Edi, poliziotto da una vita - è arrestare i pescatori che si prestano a questi traffici per racimolare un po' di soldi durante l'estate». Qui a Sfax nessuno pronuncia la parola «mafia» né parla di «organizzazione criminale». Per la polizia siamo di fronte «ad un passaparola locale e redditizio che va di moda fra i pescatori che chiedono anche mille dinari (poco meno di mille dollari, ndr) a passeggero, imbarcandone fino ad un massimo di venti» con la prudenza di «non partire tutte le notti per non rischiare troppo». Ultimamente però anche gli agenti di Sfax si sono accorti che il fenomeno dei clandestini sta cambiando. Fra i fermati delle ultime settimane è cresciuto notevolmente il numero degli africani che provengono dai Paesi a Sud del Sahara, dalla Sierra Leone al Congo. I senegalesi arrivano a Sfax addirittura con un «visto Schengen» sul loro passaporto, naturalmente falsificato. Gh' africani sono meno accorti dei giovani del luogo e cadono più facilmente nella rete della prevenzione. Del tutto diverso invece il caso dei marocchini. Arrivano da Tunisi, in bus o in treno, e si sistemano sotto tende colorate sulla spiaggia di Sidi Mansour. Gh accordi intermaghrebini non li obbligano a visti consolari o a mostrare il passaporto così, se fermati, dicono semplicemente di essere venuti in vacanza. Possono passare settimane intere nei loro improvvisati stabilimenti balnerari, poi da un giorno all'altro spariscono tutti. «Alcuni vanno a cercare altre spiagge per imbarcarsi altri invece accettano le offerte dei pescatori di Sfax - racconta Hadi perché qui gh chiedono, per passare dall'altra parte, assai meno di quanto costa a Tangeri attraversare lo Stretto ed arrivare in Spagna». Nella spoglia sala della «centrale» di polizia, uno dei capi - che chiede più volte di restare anonimo - mostra su una carta geografica le frastagliate coste della Tunisia: «Vedete, da Zarzis, al confine con la Libia, fino a Capo Bon è tutto un seguito di baie, spiagge e insenature. Certo, molti pescatori partono da qui e dalle isole Kerkennah davanti a Sfax. Ma anche da Kelibia al Nord, da Monastir, al Centro, da Jerba al Sud». «Ma dite a Prodi di non preoccuparsi tanto perché quelli che blocchiamo - continua - ci dicono che non vogliono fermarsi in Italia: la meta di tutti, o quasi, è la Francia. Grazie ai vostri accordi di Schengen ora non c'è più dogana, non ci sono controlli alla frontiera di Ventimiglia. Sbarcare in Sicilia per questi poveracci significa poter arrivare a Parigi o a Marsiglia, dove molti di loro hanno già famiglie e parenti che gli assicurano un primo lavoro, anche se in nero». Per trovare dei clandestini in pectore bisogna attendere metà pomeriggio, quando i caffè di Sfax si riempiono. E' quasi sempre un giovane che, da solo, avvicina un «amico di un amico di un pescatore». Al tavolo la trattativa inizia disinvolta. «Può terminare subito o duraremolto - racconta Hadi - dipende da quante persone vogliono partire, con quanta fretta e quanto sono disposte a pagare». Per gli agenti in borghese il lavoro è al limite dell'impossibile. In una città dove quasi tutti gh uomini fanno i pescatori e la maggioranza dei giovani è disoccupata «identificare il traghettatore - racconta l'agente Edi - equivale a trovare l'ago in un pagliaio». Insomma, i gendarmi tunisini sono convinti di fare tutto il possibile, di non risparmiare forze ed energie e reagiscono male quando l'Italia li sospetta di non fare abbastanza. «Ma che significa "abbastanza" - grida un capitano in maniche di camicia - voi di certo non fate abbastanza per impedire ai vostri pescatori di entrare nelle nostre acque territoriali per pescare illegalmente». Le stesse parole i poliziotti di Sfax le hanno ripetute ad una missione diplomatica italiana che, dieci giorni fa, ha visitato le zo¬ ne portuali considerate a maggior rischio-clandestini. «E' stata un'occasione utile per verificare come lavorano» racconta ima fonte diplomatica italiana, non nascondendo la convinzione che «i tunisini stanno tentando sul serio di limitare le partenze ma con i mezzi e le forze di cui possono disporre». Maurizio Molinari «I pescatori locali chiedono mille dollari per un passaggio» Totale clandestini ospitati: 1699 A sinistra un'immagine della rivolta avvenuta mercoledì a Lampedusa. Sotto l'arrivo di una barca di clandestini sulle coste della Sicilia

Persone citate: Hadi, Police, Prodi, Sidi Mansour