Ustica, strage senza colpevoli

Ustica, strage senza colpevoli Chiesto il giudizio per 4 generali con l'accusa di attentato agli organi costituzionali Ustica, strage senza colpevoli /pm: «Ma qualcuno depistò le indagini» ROMA. Alla fine, la causa della strage è rimasta ignota. Fu una bomba ad abbattere il Dc9 in volo sul mare di Ustica, la sera del 27 giugno 1980? «Vi sono elementi di prova indicativi di un'esplosione di un ordigno contenente Tnt e T4 avvenuta all'interno dell'aero - rispondono i pubblici ministeri , ma questi elementi sono tra loro in contrasto, e sono in contrasto anche con gli altri elementi desumibili dall'esame del relitto». Allora fu un missile? «L'ipotesi - scrivono gli inquirenti - è priva di supporto probatorio per ciò che concerne gli elementi desumibili dall'esame del relitto». E la collisione, o quasi-collisione, con un altro aereo? «Emergono elementi contrastanti, ma l'ipotesi non può essere esclusa», è la risposta. Se non si sa perché cadde quell'aereo, non si può sapere chi l'ha abbattuto, e dunque un'altra strage italiana è destinata a rimanere impunita. Ma alla fine del lavoro dei tre pm romani Salvi, Roselli e Nebbioso nuove accuse di depistaggio piovono su uomini al servizio dello Stato che invece, secondo l'accusa, ostacolarono la ricerca della verità. I magistrati hanno chiesto il rinvio a giudizio per il reato di «attentato agli organi costituzionali» (con l'aggravante dell'alto tradimento) per i generali in pensione Lamberto Bartolucci, ex capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare, Zeno Tascio, ex responsabile Servizio segreto dell'Arma azzurra, Corrado Melillo, ex capo dell terzo reparto dello stato maggiore, e Franco Ferri, già sottocapo dello stato maggiore della Difesa. Altri sei ufficiali e sottufficiali dell'Aeronautica rischiano di finire sotto processo per falsa testimonianza, mentre per gli altri imputati di reati che vanno dal favoreggiamento all'abuso d'ufficio, passando per la soppressione di atti e la calunnia, viene chiesta l'archiviazione per prescizione o per non aver commesso il fatto. Su queste richieste, adesso, dovrà pronunciarsi il giudice istruttore Rosario Priore. Termina così un'indagine durata diciotto anni, ma che solo a molta distanza di tempo dalla strage ha avuto quella svolta che ha portato alle conclusioni depositate l'altra sera dai pm. Infinite perizie tecniche sul relitto recuperato a quasi dieci anni dalla tragedia, sugli esplosivi, i radar e i corpi delle vittime non sono riuscite a dare una risposta soddisfacente sulle cause della strage, anche se dall'inchiesta viene fuori un autentico scenario di guerra intomo al Dc9 partito da Bologna e mai arrivato a Palermo. «Risultarono effettivamente in volo - scrivono i pm - aerei che possono essere ritenuti del tipo Awacs, e cioè dotati di strumenti di scoperta e di conduzione di altri aerei; elementi di vario genere fanno ritenere possibile la presenza di una nave portaerei di nazionalità non accertabile con sicurezza; tra i centri della Difesa aerea vi sono comunicazioni attinenti a traffico militare sconosciuto; il materiale documentale in proposito è incompleto e in parte manipolato; vi era una situazione di forte tensione internazionale particolarmente acuta tra Italia, Usa e Libia, che coinvolgeva anche altri Paesi; vi sono ragioni per dubitare che il Mig 23 recuperato il 18 luglio 1980 sia in realtà caduto in data antecedente». Ma la prova del missile non c'è, e dunque i pm non vanno avanti su questa strada. Gli avvocati di parte civile Sandro Gamberini e Costantino Marini, invece, com¬ mentano: «E' evidente che se l'esistenza di un aereo "interferente" è sostanzialmente accertata, essa non può che ricondurre la caduta del Dc9 all'esplosione di un missile». Di tutt'altro tenore il parere dell'avvocato Carlo Taormina, difensore di alcuni imputati: «La requisitoria non ha il coraggio di dire una parola definitiva sulle cause del disastro, rimanendo in bilico tra missile e bomba, nonostante le ultime due perizie avessero decisamente su¬ perato l'iniziale ipotesi del missile». Secondo l'accusa i quattro generali per cui si chiede il processo seppero da subito molte cose sia sul Dc9 che sul traffico aereo nella sera della tragedia, come sull'eventuale missile e sul mistero del Mig libico. Ma tutto ciò «non fu portato né all'attenzione dell'autorità giudiziaria né, sotto un profilo formale, al ministro della Difesa e al governo. Anzi, le informazioni mirarono subito a esclu¬ dere qualunque possibilità di approfondimenti da parte del governo all'ipotesi della presenza di aerei non appartenenti alla nostra aviazione». Nella lunga ricostruzione vengono poi scandagliate molte altre possibilità (dall'ordigno esploso al mafioso che lo trasformava a un attentato ricollegabile a quello alla stazione di Bologna, che il 2 agosto '80 provocò 85 morti e 200 feriti), ma senza arrivare a conclusioni certe. Insoluti anche molti «misteri nel mistero», dalle ipotesi libiche (collegate con la morte del radarista Mario Dettori) allo strano ritrovamento di un serbatoio di aereo militare, fino ad alcune inspiegabili tracce sul fondo marino estranee all'attività di ricerca del relitto del Dc9. Nulla di certo è emerso, e si ritorna sempre allo stesso punto: «Il contrasto tra elementi di prova sulle cause del disastro è, a giudizio dei requirenti, insuperabile». [gio. bia.] DALLA STRAGE ALL'INCHIESTA ■ 27 giugno 1980. Ore 21. Il Dc9 dell'Itavia, partito da Bologna e diretto a Palermo, esplode. I morti sono 81. ■ Luglio '80. Le prime ricostruzioni parlano di cedimento strutturale, ma c'è chi ipotizza una bomba o un missile. ■ 18 luglio '80. Sui monti della Sila viene ritrovato il relitto di un Mig libico: il sospetto è che sia precipitato il 27 giugno, e che abbia avuto un ruolo «attivo». ■ 25 novembre '80. Una perizia Usa rivela la presenza di un caccia accanto al Dc9 al momento dell'csplosione. ■ Primavera '82. La commissione d'inchiesta sposa la tesi dell'esplosione: missile o bomba. Novembre '84. Il giudice istruttore Vittorio Bucarelli affida una nuova perizia a una commissione di superesperti coordinata dall'ingegnere Massimo Blasi. Estate '86. Parte l'operazione recupero del relitto, affidata a ? navi e un sottomarino di una società francese [Ifremer], che risulterà legata ai servizi segreti. Marzo '89. Relazione conclusiva della commissione: «L'incidente occorso al Dc9 è stato causato da un missile». Inverno '91-'92. Una settantina tra ufficiali e sottufficiali dell'Aeronautica militare vengono incriminati per depistaggi, distruzione di prove, falso. Per sette generali si profila l'aggravante dell'alto tradimento. Luglio '94. Una nuova perizia del collegio Misili rispolvera l'ipotesi bomba. Ma i giudici contestano molti errori. Giugno '97. Sul tavolo di Priore dossier completo di 17 anni di lavoro: 700 cartelle di analisi sui dati radar e 3000 pagine di allegati. L'ipotesi è uno scenario di guerra. Dicembre '97. Un supplemento di perizia conferma l'affollamento di velivoli nei cieli italiani quella sera. 31 dicembre '97. L'indagine è chiusa. Priore deposita un milione e mezzo di atti. La parola passa alla Procura. 31 luglio '98.1 pm Salvi, Nebbioso e Roselli depositano le loro richieste al giudice Priore. Il loro dossier è ora a disposizione delle parti civili e della difesa. Hi fa Il relitto del Dc-9 dell'ltavia precipitato nel mare di Ustica ricostruito in un padiglione dell'Aeronautica