I SOLITI IGNOTI di Giovanni Bianconi

I SOLITI IGNOTI I SOLITI IGNOTI erano a bordo del Dc9 Itavia sono stati uccisi non si sa da chi, non si sa perché, non si sa come. Diciotto anni di inchieste, perizie, testimonianze vere e false raccolte tra mille difficoltà non sono bastati a spiegare perché esplose o fu abbattuto quell'aereo, e dunque non si può sapere per mano di chi. Si sa però un'altra cosa: che molti, in questo tempo, hanno lavorato perché non si arrivasse alla verità. Tacendo, mentendo, occultando. Questo raccontano i tre pm romani nella loro voluminosa e dettagliatissima requisitoria: non c'è certezza se a provocare l'eccidio fu una bomba, un missile o una collisione con un altro aereo. C'è invece la prova dei depistaggi, una costante nei processi per strage all'italiana. «Certo è - scrivono - che ogni singolo passo delle indagini è stato segnato da informazioni false, fuorvianti o parziali, e dalla necessità di sopperire alla documentazione soppressa o manipolata». E ancora: «E' certamente provato che numerose persone, a livelli diversi di responsabilità, si adoperarono sin dalle primissime ore della scomparsa del Dc9 dagli schermi radar per evitare che filtrasse presso le autorità politiche e quelle giudiziarie qualunque notizia dell'allarme determinato dalle ipotesi che una causa esterna avesse determinato la tragedia». Nasce da questa considerazione la richiesta di rinvio a giudizio per 4 generali dell'Aeronautica militare, con l'accusa di «attentato contro gli organi costituzionali». Nascosero notizie al governo e al Parlamento, impedendo così che potessero esercitare le loro funzioni per far luce sulla strage. Per altri imputati si chiede il processo per falsa testimonianza, ma sono scampoli dell'inchiesta: il resto dei reati ipotizzati per una pattuglia di militari e civili è già prescritto. Anche davanti a loro la giustizia si arrende, è arrivata troppo tardi. E' un autentico thriller ii documento depositato dagli inquirenti, al quale però, all'ultima pagina, manca il nome dell'assassino. Ci sono invece fin troppi intrecci e gialli nel giallo che danno il senso del torbido mare nel quale s'è infilato il Dc9, quella maledetta sera. Non solo i vertici dell' Aeronautica non collaborarono o depistarono, secondo l'accusa. Anche da «settori» del Sismi sono arrivate «gravissime attività di inquinamento», e quanto agli archivi del Sisde «è impressionante il quadro di desolante i vuoto che ne deriva». Coi servizi segreti stranieri non è andata meglio. Nel dicembre '96, dalla Cia, arrivò una risposta dal tenore «laconico, ambiguo, "definitivo" e inquietante»; il giudice italiano cercava riscontri sulla presenza di agenti Usa in Calabria nei giorni in cui si indagava sul Mig libico precipitato nella Sila, ma da Washington replicarono: «La Cia non è in grado di fornire alcuna risposta». Si parla di mafia, di libici e di terroristi neri e rossi nella requisitoria dei pm, senza arrivare ad alcuna conclusione certa. Ma soprattutto si disegna uno scenario di quella sera che pullula di aerei in volo, portaerei, colloqui radar su «traffico militare sconosciuto» in una situazione di «forte tensione intemazionale». Più in là, anche a causa di depistaggi e reticenze, non s'è riusciti ad andare: il mistero dj Ustica non è stato svelato. Giovanni Bianconi

Luoghi citati: Calabria, Usa, Ustica, Washington