«lo ottantenne, vittima di ipnotizzatori» di Angelo Conti

«lo ottantenne, vittima di ipnotizzatori» In una lettera al sindaco racconta il dramma vissuto: la criminalità non ci dà tregua «lo ottantenne, vittima di ipnotizzatori» Portata in banca, ha prelevato tutti i risparmi Ottani/anni, pensionata, la signora Edmonda ha scritto al sindaco: «Si prenda cura di noi, la criminalità non ci dà tregua, la nostra città è cambiata, in peggio». In 60 fitte righe, racconta il suo dramma (una truffa compiuta da un ipnotizzatore), ma sottolinea soprattutto l'insicurezza che colpisce sempre di più gli anziani che hanno scelto di vivere soli «per non pesare su nessuno, con l'orgoglio di chi si può ancora sentire indipendente». La signora Edmonda apre la sua lettera con il racconto di un fatto «che mi ha spaventata, umiliata ed impoverita». Una storia non rara: «A Santa Rita, un mattino sono stata avvicinata da uno straniero che mi ha chiesto informazioni su un ente benefico. Parlava male l'italiano, ed io lo guardavo intensamente per capire. Questo signore, sui sessant'anni, distinto, si lisciava continuamente la cravatta ed io seguivo i suoi movimenti. Poco dopo è arrivata un'altra persona, che si è qualificata come un medico, ed anche lui si è messo a parlare, invitandomi a dare una mano allo stra- niero. Sono diffidente, sospettosa e riservata, eppure pochi minuti dopo ero in auto con queste due persone. Ho raccontato loro della mia vita di vedova, con pensione di reversibilità. Dietro loro richiesta li ho informati del mio conto in banca, dove mi hanno accompagnata: lì ho prelevato 12 milioni, quasi tutti i miei risparmi, frutto di anni di sacrifici, che ho consegnato ai due «gentiluo¬ mini». Mi hanno accompagnato in centro e scaricata». Un'avventura «che è durata tre ore ed è stata terribile: dentro di me ero consapevole di essere di fronte a due truffatori, ma la mia volontà era come annullata, ero ipnotizzata». E' un racconto faticoso quello che traspare dalla lettera e dalle parole di questa donna ferita nell'orgoglio: «Sono stata umiliata, colpita dalla malavita in modo proditorio, senza che nessuno abbia potuto o voluto difendermi. E, come è successo a me, è successo anche a tanti altri. Persone, magari, che non hanno avuto nemmeno la forza di andare a fare la denuncia, devastati dall'umiliazione e dalla rabbia. Sono stufa di sentire discorsi che minimizzano il problema: chiunque viva nelle strade, chiunque cammini per un mercato o lungo un marciapiede sa che ad ogni angolo può esserci un pericolo. Chi non lo sa, vuol dire che non vive la città, o che la vive sotto scorta. Qui bisogna intervenire, prendere decisioni, assumersi responsabilità, avere coraggio: basta con le belle e inutili parole». Edmonda ha idee precise anche sul come uscire dall'emergenza: «Preferiamo una città blindata dalle forze dell'ordine, o dall'esercito, che una città in mano alla malavita che impazza con le garanzie dell'impunità, colpendo soprattutto i più deboli. La libertà di ognuno va difesa anche così». Angelo Conti