I ghiacciai perdono la sfida con il caldo record

I ghiacciai perdono la sfida con il caldo record I ghiacciai perdono la sfida con il caldo record «Lefrane primo effetto di un arretramento difficile da fermare» UN SOS DALLE ALPI VAOSTA ELI che si ritirano e lasciano pezzi di storia tra morene e massi scoloriti e lisci come acciaio; gli abiti di ghiaccio dei giganti di pietra rimpiccioliscono non per l'acqua, ma per il caldo, quel piccolo per cento di grado in più che, inesorabile, li accorcia. Malati di caldo, i ghiacciai alpini. Malati da spezzarsi, da sciogliersi e scomparire come accade soprattutto nelle due periferie delle Alpi, entrambe soggette alle «dolci» arie marine, le catene delle Marittime e delle Giulie. Lì, come nell'Appennino, conche ghiacciate si sono liquefatte negli ultimi vent'anni. Perfino i ghiacciai delle Alpi «più fredde», come quelle Centrali, con il poderoso massiccio Ortles-Cevedale, tra Lombardia e Trentino, conoscono l'onta del regresso. Là nevica di più, lo «0» termico, inteso come limite del gelo, è in media alle quote più basse, ma i «veli» si alzano, si rintanano sempre più in alto. I giganti alpini sotto i loro abiti hanno vite nascoste da millenni, come quella di Otzi, la mummia di Similaun, emersa al confine italo-austriaco, o disastri di qualche decina d'anni, come quelle chioma bionda lunga due metri che il Miage, il grande ghiacciaio del Monte Bianco, ha restituito. Forse apparteneva a una hostess di un tragico volo di linea di quasi 40 anni fa. «E' da un secolo che i ghiacciai si ritirano, ma da venti assistiamo a una accelerazione notevole», dice il professor Augusto Biancotti, direttore del dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Torino e «past president» del Comitato glaciologico italiano. Le cause? «L'innalzamento della temperatura. Lo scorso anno tutti i ghiacciai del Monte Bianco so¬ no stati al di sotto dello "0" termico, cioè hanno cominciato a sciogliere durante un lungo periodo. Sono masse enormi di ghiaccio, quindi vi sono fortissime inerzie, il fenomeno una volta avviato ha difficoltà ad avere una controtendenza». Il professore parla di un rischio nuovo, di un pericolo finora mai affrontato nelle valli alpine, «lo squilibrio dovuto all'arretramento dei ghiacci». Le vallate «perdono peso». Spiega Biancotti: «La conseguenza è il disastro naturale, la frana. La novità sta proprio in crolli di fronti glaciali, invece che i gra¬ duali arretramenti di questi anni. Penso a quanto accaduto al ghiacciaio Coolidge sui Monviso sprofondato per metà, alla frana e alla valanga conseguente della Brenva sul Bianco, o i seracchi delle Jorasses». Alpinisti e escursionisti corrono così più rischi, perché si trovano di fronte a un fenomeno sconosciuto finora, soprattutto per le proporzioni. «I versanti con i ghiacciai - dice ancora il professore - sono soggetti a questa instabilità. Con il crollo viene loro a mancare all'improvviso il contrappeso». L'altra conseguenza del riti¬ ro dei ghiacciai è economica. «Vi è un minore afflusso idrico ai bacini artificiali - ricorda ancora Biancotti - A quelli, per esempio, della valle dell'Orco che servono l'azienda elettrica di Torino o a quelli della Valtellina che riforniscono l'analoga azienda di Milano. E poi c'è anche lo sci estivo da mettere in conto. Il ritiro riduce le superfici sciabili mettendo in pericolo un'economia turistica». Fino a qualche anno fa la Brenva, chilometrico ghiacciaio che scende dal piede Sud del Bianco fino a qualche centinaio di metri dal traforo del Monte Bianco, aveva fatto gridare al miracolo: cresceva, avanzava di metri ogni anno, tanto che il piazzale del tunnel sembrava a rischio. Poi l'improvviso stop e il ritiro rapidissimo della sua «lingua» nera, coperta da detriti. «Era una crescita da spinta - dice Biancotti - dovuta a una frana in alto che spingeva il ghiacciaio». Neppure il gigantesco Lys (7 chilometri quadrati) sul Monte Rosa fa eccezione, neppure quelli dell'Ortles-Cevedale, seguiti con costanza dai rilevatori del Comitato glaciologico, che hanno perduto in 20 anni almeno dieci metri di spessore. Sempre per quel caldo che ha ridotto il mitico «lenzuolo» sul versante italiano del Cervino e ha ricacciato di cento metri il fronte di quello delle Grandes Murailles, appena sopra Cervinia, o che ha spezzato in tre i ghiacci dell'Adamello. «Caldo che ha favorito gli incendi di quest'estate e che crea "malessere" anche alle calotte di Groenlandia e Antartide», dice il professore, che parla anche del «gas serra». Inquinamento? «No, C02, anidride carbonica che noi restituiamo all'atmosfera bruciando combustibili fossili e che crea appunto l'effetto serra, non lascia fuggire il calore. Ciò che la natura ha nascosto sottoterra 400 milioni di anni fa, nel Carbonifero, e cioè carbone e petrolio, noi stiamo utilizzando per produrre». Enrico Martinet Gli studiosi: «Non è più un fenomeno graduale L'innalzamento delle temperature ora provoca crolli di fronti glaciali» NUMERO GHIACCIAI 1958 1989 SUPERFICIE IN ETTARI 1958 1989 l2 LA RITIRATA BEI GHIACCIAI m ALPI OCCIDENTALI m 398 363 ALPI OCCIDENTALI 20.107 ALPI CENTRALI ALPI ORIENTALI APPENNINO 363 328 309 ALPI CENTRALI 1036 1114 ALPI ORIENTALI APPENNINO 52.500 48.182 Nòta. Dei 1114 ghiacciai, 706 sono inferiori i a 5 ettari. Dal 1989 ad oggi la superficie dei ghiacciai si è ridotta ancora di circa il 10 per cento. Le zone dove l'arretramento è maggiore sono nelle Alpi Marittime e Giulie. Dal 1930 ad ogai nelle Alpi Marittime i ghiacciai $ si sono ridotti deiTQO per cento e 5 (Mulaion, Gelcts Ovest, De Cessole, Schiantala e Ubac) si sono estinti. <

Persone citate: Augusto Biancotti, Biancotti, Coolidge, Enrico Martinet

Luoghi citati: Antartide, Cessole, Groenlandia, Lombardia, Milano, Torino, Trentino