Di Bella e Ustica lo stesso Belpaese di Paolo Guzzanti

Di Bella e Ustica lo stesso Belpaese FUORI PALCORO Di Bella e Ustica lo stesso Belpaese L disastro Di Bella e la strage di Ustica hanno un elemento in comune che illustra un certo carattere di noi italiani: il dispetto, in luogo del rispetto, delle regole e il contrabbando di emozioni selvagge che si trasformano in pressioni politiche. Nel caso Di Bella il rispetto delle regole avrebbe voluto che, prima che il governo autorizzasse quella specie di Lourdes in camice bianco, l'esimio medico non soltanto si sottoponesse ai codici della comunità scientifica, ma comunicasse per generosità la corretta ricetta anche al mondo esterno. Quanto a Ustica, un angoscioso e paralizzante clamore si è sviluppato ormai come un cancro refrattario ai codici di ricerca, anche grazie al fatto che i governi della Repubblica non hanno mai voluto legiferare sulle regole che esistono in tutti i Paesi civili del mondo, in cui si dispone ciò che va fatto, e come, in caso di disastro aereo o di attentato, rifiutandosi per undici anni di tirar su dal mare il relitto che è l'unico testimone dell'accaduto. Undici anni durante i quali le intossicazioni hanno avvelenato le inchieste, e le emozioni selvagge si sono trasformate in una religione di Stato con i suoi officianti e il suo potere di scomunica. Gli Stati Uniti hanno impiegato meno di diciotto mesi per fornire ai cittadini, in una convincente audizione pubblica, le informazioni che spiegano ciò che accadde al volo Tv/a 800 esploso nel luglio del 1996 a Long Island. E in quello stesso Paese la comunità scientifica ha seguito con altrettanto scrupolo i protocolli di comportamento condivisi con gli altri Paesi, quando ha comunicato che il cancro può considerarsi in prospettiva sconfitto, grazie a una scoperta (documentata e credibile) che permette di soffocare i tumori tagliando loro i rifornimenti sanguigni. Da noi le cose non vanno così. Da noi prima di tutto si formano gruppi di flagellanti, voluttuosamente attraenti per i paranoici, i quali in un modo o nell'altro assumono un potere rivoluzionario dal quale poi ricattano uno Stato spaesato e senza spina dorsale imponendo le loro condiI zioni. A vittoria ottenuta, l'emo¬ zione poi viene portata in pellegrinaggio e in suo nome ogni ragionevole ricerca della verità è piegata al disprezzo, mentre vengono trionfalmente indicate come frutto di complotti (chi c'è dietro? le multinazionali? i servizi segreti?) tutte le procedure che costituiscono la norma negli altri Paesi civili e che esistono soltanto per offrire una garanzia ai cittadini che hanno il diritto di aspettarsi la verità, intesa come servizio pubblico, sia da un'inchiesta su un disastro sospetto di strage, sia su una scoperta scientifica. Da noi, al contrario, vincono, almeno ai primi round, le minoranze aggressive e dolenti nel cui nome vengono propagate devastanti illusioni e avallati compromessi che equivalgono a delitti. Che poi non manchino i partiti politici alla ricerca del bottino è conseguenza banale. Quando scrissi su questa rubrica del caso Di Bella nel momento in cui governo e ministro della Sanità concessero la sperimentazione che ha prodotto soltanto un carico di nuove amarezze per chi certamente non ne aveva bisogno, mi arrivarono una ventina di messaggi grati e disperati di onesti scienziati che spendono la loro vita nella ricerca, e che confessavano il loro umiliato sbalordimento per l'odiosa aggressività con cui il coro del conformismo aveva ormai sopraffatto ogni ragione. Quanto al Dc9 di Ustica ci sono ormai prove, da quando è stata esaminata la parte della toeletta che mostra le tracce di un'esplosione dinamitarda, che le cose non andarono come i cori cantano. Comunque, l'amaro epilogo del caso Di Bella ha insegnato che la verità è ancora in condizione di reggere la sfida e questo è l'aspetto buono della vicenda. Paolo Guzzanti

Persone citate: Di Bella

Luoghi citati: Stati Uniti, Ustica