Storie di Città
Storie di Città Storie di Città i 8 l'uno Gambarotta s CUOLA di giornalismo, prima lezione. Se l'aspi'rante giornalista desidera trovare occasioni che gli garantiscano continuità nel suo lavoro, gli converrà dedicare il suo primo articolo a un alimento che rischia di scomparire. Dopo andrà in discesa. A me è capitato con la benemerita tóma di Lanzo. Un gentile lettore mi scrive lamentando il fatto che la tóma di Lanzo sia pressoché scomparsa dai negozi e dai banchi di formaggio di Torino e invitandomi a compiere un'inchiesta. Detto fatto. Da un rapido giro di domande (e di relativi doverosi assaggi) salta fuori che la tóma di Lanzo non è scomparsa del tutto ma che non è tanto facile trovarla. La spiegazione che i commercianti danno di questa progressiva rarefazione sta nella necessità di avere il bollino Cee, per ottenere il quale bisogna sottostare a parametri igienici molto severi, che vanno dalle piastrelle dei pavimenti, all'altezza minima delle pareti, alla certificazione della potabilità dell'acqua, tutti requisiti che negli alpeggi di alta montagna non sono facili da ottenere. C'è il sospetto che le multinazionali dell'alimentazione abbiano fatto pressioni (non tangenti, per carità!) sulle autorità comunitarie per eliminare i piccoli produttori di nicchia e uniformare il gusto dei consumatori ai loro prodotti di plastica sì, ma realizzati con il totale rispetto delle norme igieniche. Non si conosce un solo caso di qualcuno che sia stato avvelenato da una tóma fabbricata alla vecchia maniera, mentre i morti per incidente sulla statale 460 sono oramai decine; si vede che per spiaccicarsi sull'asfalto a Lombardore o a Rivarolo non è necessario avere il bollino Cee. Quell'articolo sulla scomparsa della tòma di Lanzo mi ha fruttato una tre giorni di immersione totale nel formaggio. Mario Valpreda, direttore della Sanità Pubblica della Regione Piemonte, che difende le norme Cee e che è unanimemente stimato per il rigore con cui persegue le frodi alimentari, sostiene che le qualità é le caratteristiche di un formaggio non si alterano se questo viene prodotto nel rispetto dell'igiene e, per dimostrarlo, mi ha organizzato venerdì 17 una gita in uno dei luoghi più belli e suggestivi del nostro Piemonte, il colle della Bicocca da cui si gode la vista delle valli Maira e Varaita, ai piedi del Pelvo d'Elva. Erano con noi due consiglieri regionali, Silvana Bortolin e Mariangela Cotto e ci hanno fatto da guida Bartolomeo Bovetti, presidente dell'Apa, Associazione provinciale allevatori di Cuneo, e alcuni suoi collaboratori. Dopo aver visitato a Elva il caseificio della Cooperativa Elvese e avere assaggiato il formaggio che producono devo riconoscere che ci si può attrez- zare anche in una località impervia e fuori dal mondo. Elva è un paese stupendo con una chiesa parrocchiale romanica che ha le pareti affrescate da un grande maestro fiammingo, Hans Clemer, attivo a Saluzzo dal 1480 al 1519. Resta un mistero come mai un pittore di quella forza e maestria abbia sentito il bisogno di salire in un luogo dove ancora oggi non è facile arrivare per dipingere le storie della Madonna. Dico questo per smentire i miei detrattori che sostengono che mi preoccupo solo del mangiare e del bere. Ma torniamo al formaggio. E' stato commovente per me assistere alla nascita di una forma di tòma in una località ancora più isolata, dove la corrente elettrica non arriva e deve essere prodotta da un generatore a gasolio; vedere la marghera, la signora Bruna Rosso, rompere il caglio, impastarlo, metterlo dentro un telo e pressarlo nella forma di legno, disponendo poi un asse e un pietrone per schiacciarlo e far uscire il siero. E' una follia economica che il frutto di tanta fatica svolta in un isolamento pressoché totale, sia poi venduto ai grossisti a un prezzo ridicolo, poco più di quello del pane. Sabato e domenica sono stato invece a Usseglio, in vai di Viù, per la seconda edizione della Sagra della tòma di Lanzo, dove i margari vengono a vendere direttamente i loro prodotti. La bellezza di quelle forme rotonde, brune o rossastre in superficie, che sembrano antiche pietre e il piacere che provoca lo scoprire che ogni forma ha un gusto diverso dalle altre. Gli assaggi di Usseglio sono stati infinitamente più numerosi che a Elva ma qualcuno deve pure sacrificarsi. Dietro i banchi stavano intere famiglie e scrutavano noi cittadini con le loro belle facce serie. Se voghamo che questo volto del Piemonte, uno dei più affascinanti e veri, si conservi e si perpetui, dobbiamo far sentire la nostra solidale presenza. Una volta che sia stata interrotta la catena delle generazioni, ci sono mestieri che non si recuperano più. Loro, i margari, ce la mettono tutta, inventano le tòme al pepe e al peperoncino, quelle avvolte nella crusca, la ricotta di capra. Ma sono a un passaggio difficile, devono investire, adeguarsi alle norme, cambiare in parte mentalità e smettere di pensare che il loro sia un prodotto povero. Con il vino quest'operazione è riuscita; cinquant'anni fa la barbera era considerata un vinaccio da muratori, adesso gli acquirenti non battono ciglio se devono pagare una bottiglia quarantamila lire. Adesso però basta formaggi; dedicherò la prossima inchiesta alla scomparsa dai negozi e dai banchi del mercato del tartufo bianco. Poi sto a vedere quello che succede. ì
Persone citate: Bartolomeo Bovetti, Bruna Rosso, Gambarotta, Hans Clemer, Maira, Mariangela Cotto, Mario Valpreda, Silvana Bortolin
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