QUANDO LE SIGNORE DI BAIRES ADORAVANO QUEL TAL BORGES

QUANDO LE SIGNORE DI BAIRES ADORAVANO QUEL TAL BORGES Il RECENSIO QUANDO LE SIGNORE DI BAIRES ADORAVANO QUEL TAL BORGES Era il recensore letterario di una patinata rivista femminile GLI ammiratori di Borges (pochi, moltissimi, in calo come le Borse asiatiche?) questo libro potrebbe apparire alla fine come il più affascinante del loro beniamino. Si tratta di una raccolta di brevi note critiche che il giovane e sconosciuto compilatore andava pubblicando su una rivista in carta patinata, El hogar (Il focolare) assai diffusa fra le signore di Buenos Aires negli Anni Trenta. Anche Mallarmé e D'Annunzio tennero per riviste femminili rubriche di moda e pettegolezzi, ma Borges informava le sue lettrici sulle novità letterarie dell'epoca, vale a dire Kafka e Hemingway, Valéry e Chesterton, Virginia Woolf e John Dickson Carr. Tali riesumazioni giovanili inebriano lo specialista e il filologo, ma di solito nuociono gravemente alla salute dell'autore, poi diventato celebre. Ah, così scriveva? Che delusione! Beh, ma aveva solo 24 anni si stava fa aveva solo 24 anni, si stava facendo la mano e poi doveva pure guadagnarsi il pane in qualche modo... La prima cosa che colpisce di questi testi d'occasione è che invece Borges era già allora compiutamente, inconfondibilmente Borges. A caso: «Una delle buone consuetudini della letteratura inglese è quella di redigere biografie di Giovanna d'Arco»; oppure: «Ho frequentato la letteratura svedese con vera moderazione»; o ancora: «Alcuni amici musulmani lo convinsero a visitare l'India. E. M. Forster visse là tre anni perplessi»; e quest'altro incipit: «Inverosimile compatriota dei blues di Saint Louis, Thomas Stearns Elliot nacque nell'energica città che porta quel nome»; e di passaggio: «Due industriosi libri su Rimbaud sono usciti a Parigi». Quell'aggettivo «industriosi» è di per sé una stroncatura, tanto più micidiale quanto più garbatamente sussurrata. Ma Borges rispetta il suo lavoro, le sue lettrici, e dei due libri in questione fornisce poi dovero¬ samente un succinto rendiconto. Alla fine di ogni «pezzo» non manca quasi mai qualche informazione bibliografica e quanto alle biografie degli autori presi in esame sono veri e propri microracconti in cui le eventuali lacune vengono compensate da fulminee sintesi. Di James Matthew Barrie, autore di Peter Pan: «Uomo oggi ricco, vive modestamente in un appartamento che guarda il Tamigi. Ama la solitudine, il biliardo e i tramonti». Di Johannes Becher, poeta comunista tedesco: «Oggi vive in esilio a Mosca. Lugubremente, si ostina a celebrare le gioie del regime di Stalin». Nessuno sa più come le signore di Buenos Aires leggessero questi miracoli di concisione e ironia. Si limitavano a far tesoro delle notizie? Sospettavano di essere prese un po' in giro? Si chiedevano chi mai fosse questo commentatore dalla mano lieve e dai giudizi amabilmente perentori? Forse le irritava la fittissima rete di riferimenti colti, eruditi, da cui si sentivano tagliate fuori? Ma Borges, oggi lo sappiamo, non esibiva la propria sterminata curiosità, non in¬ tendeva affatto «far colpo» con le sue citazioni e i suoi rimandi. Già sicurissimo di sé, assorbiva tutti gli autori che gli capitavano tra le mani, ma proprio tutti, nella sua contagiosa e spregiudicata maniera. «F. T. Marinetti è forse l'esempio più celebre di quella categoria di scrittori che vivono di trovate e che di rado hanno un'idea». «Ellery Queen è l'estenuato inventore di undici romanzi polizieschi». «Dorothy Sayers è solita compensare con eccellenti antologie la pubblicazione di romanzi imperdonabili». «La veglia di Finnegan (di Joyce) è un concatenarsi di giochi di parole costruiti in un inglese onirico e che è difficile non definire falliti o incompetenti». E a proposito di una versione inglese dell'Iliade: «L'Iliade, in quasi tutte le traduzioni, è un libro remoto, cerimonioso, un po' intrattabile. Rouse ne fa un'opera divertente, semplice, pettegola e piuttosto insignificante. Forse ha ragione». Non aggiungiamo il nostro ai gridolini scandalizzati delle signore di Buenos Aires. Chi si dà la pena di dissentire da simili opinioni, o di approvarle, perde il suo tempo. Questo non è un libro di critica ma di letteratura fantastica, va centellinato come se Spengler e Barbusse, Faulkner e Kipling non fossero mai esistiti veramente, come se li avesse inventati Borges, uno per uno, settimana per settimana. Carlo Frutterò Franco Lucentini Si chiamava El hogar, correvano gli Anni 30 e aveva solo 24 anni TESTI PRIGIONIERI Jorge Luis Borges Adelphi pp. 366 L 35.000

Luoghi citati: Buenos Aires, India, Mosca, Parigi