Tunisi in bilico fra guerra e pace di Maurizio Molinari

Tunisi in bilico fra guerra e pace REPORTAGE UN DIFPICil-E NEGOZIATO Tunisi in bilico fra guerra e pace Polemica per i morti di Genova ma apertura al dialogo TUNISI DAL NOSTRO INVIATO A cinque giorni dalla riunione di Roma che dovrebbe permettere di siglare l'intesa anti-claùdestini, Tunisi brandisce il bastone e offre la carota: da un lato mantiene alti i toni della polemica contro l'Italia e dall'altro lascia intendere che c'è spazio per concludere il negoziato. La raffica di accuse contro il nostro Paese è stata formalmente comunicata all'ambasciatore Antonio Cangelosi durante un teso incontro al ministero degli Esteri. «La convocazione di Cangelosi sottolinea la nostra irritazione nel constatare che nulla è stato fatto per evitare la tragica fine dei cinque tunisini morti asfissiati sulla nave al largo di Genova» affermano fonti ufficiali, facendo sapere che durante il colloquio è stata anche trasmessa la richiesta di un coinvolgimento delle autorità di polizia tunisine nell'inchiesta sulla tragedia di Genova. I maggiori organi di stampa in lingua francese, «Le Temps» e «La Presse», hanno dato ampio spazio alla polemica anti-italiana sui clandestini morti, ripresa anche da radio e tv. Le dichiarazioni più dure sono quelle delle associazioni che in Tunisia si battono per la difesa dei diritti umani. Gli «Avvocati senza frontiere» parlano di «abusi e gravi violazioni dei diritti umani che si moltiplicano in Italia a scapito degli immigrati» e lanciano un appello che riprende una delle richieste avanzate in queste ore da Tunisi a Roma: «Chiediamo l'adozione di misure necessarie per garantire la tutela dei nostri compatrioti e per proteggerli contro i pericoli che mettono a rischio quanto hanno di più caro, la vita». In totale sintonia 1'«Associazione per la difesa dei tunisini all'estero»: «Ci appelliamo ai magistrati italiani affinché agiscano in fretta, con trasparenza, punendo i colpevoli e adottando i prowedimenti necessari affinché simili drammi non si ripetano più». In altre parole, Tunisi vuole che l'Italia cessi «ogni violenza» ovvero riconosca le responsabilità nella morte dei cinque clandestini e ponga fine alle azioni di polizia nei centri di accoglienza interpretate qui come repressione fine a se stessa. Il «Comitato superiore per il rispetto dei diritti umani» rincara la dose: «Voi che vi dite Paese evoluto dovete rispettare gli obblighi in materia di accoglienza degli immigrati». Come se non bastasse la stampa locale ha rivelato che «a seguito della violenta campagna anti-tunisina in corso in Italia vi sono stati numerosi allarmi-bomba all'ambasciata a Roma, al consolato a Palermo ed alla sede della Tunisair nella capitale». Dietro questa salva di attacchi pubblici - sempre affidati alla stampa, a fonti ispirate e ad associazioni formalmente non espressione del governo - Tunisi ieri ha però lanciato dei segnali di disponibilità alla volta di Roma. Il primo è stata la fine del black-out imposto alla Rai 24 ore prima per aver trasmesso l'intervista ad un oppositore tu¬ nisino residente a Londra. Poi è giunta, dal palco della sessione di apertura del congresso del «Red» - il partito di governo del presidente Ben Ali - una proposta politica precisa, affidata all'intervento di Ismail Boulhya, leader dell'opposizione socialdemocratica. «E' giunto il momento - ha detto davanti alla platea composta dall'intera classe politica del Paese - di rispondere al Trattato di Schengen fra i Paesi dell'Unione Europea convocando una conferenza sull'immigrazione fra tutti i Paesi europei e nordafricani del Mediterraneo, per discutere problemi e soluzioni comuni». Intanto il telefono fra Roma e Tunisi resta bollente. I maghrebini hanno riconfermato che sono disposti a discutere sull'immigrazione ma vogliono farlo sulla base di una «piattaforma globale» da loro messa nero su bianco nel maggio 1997 ed allora comunicata a Parigi e Roma. «Se questo programma non è ancora stato applicato non dipende certo dalla Tunisia» ha scritto ieri «Le Temps». Che cosa intenda il governo di Ben Ali per «piattaforma globale» per ora non lo esplicita alcuna fonte ufficiale, anche se è prevedibile che le questioni legate alla lotta ai clandestini, alla collaborazione economica, all'integrazione degli immigrati in Italia ed al rispetto delle acque territoriali da parte dei pescatori siano tutti tasselli di un unico mosaico, magari sul modello di ciò che è riuscita ad ottenere l'Albania. Resta poi l'incognita di quanto fra Roma e Tunisi pesi l'irrisolto caso-Craxi. Le ripetute richieste di estradizione dell'ex presidente del Consiglio esule ad Hammamet hanno ricevuto nel 1998 un'accoglienza molto fredda e Tunisi continua a respingerle di fatto senza pronunciarsi ufficialmente in materia. Roma da parte sua, come ha confermato ieri il sottosegretario agli Esteri per l'Africa Rino Serri, non ritiene affatto chiusa la vicenda pur ammettendo che il nodo sta in «problemi di compatibilità» fra i due ordinamenti giuridici nazionali in merito ai reati per i quali è stato condannato l'ex segreta¬ rio del Psi. A mettere del pepe sulla questione è lo stesso Bettino Craxi che ha affidato alle colonne dell'«Avanti!» uno spigoloso commento sugli immigrati, nel quale si bacchetta l'Italia affermando che «la ruota della storia gira» perché «nel 1901 c'erano almeno 120 mila nostri connazionali in Tunisia» che sbarcavano «quasi da clandestini» per «cercare condizioni migliori di quelle in cui vivevano in Sicilia». Maurizio Molinari

Persone citate: Antonio Cangelosi, Ben Ali, Bettino Craxi, Cangelosi, Ismail Boulhya, Rino Serri