Finocchiaro: utili in missioni di pace di Ant. Ram.

Finocchiaro: utili in missioni di pace Finocchiaro: utili in missioni di pace INISTRO Finocchiaro, lei guida il dicastero per le Pari opportunità. Ma è davvero un'eguaglianza raggiunta, per le donne, l'ingresso nelle forza armate? Perché c'è anche chi pensa che la cultura militare sia loro estranea. «Il risultato che la legge ha ottenuto alla Camera rappresenta l'euminazione di una barriera e l'apertura di una libertà. Decideranno poi le donne se arruolarsi o no. Se guardiamo all'elaborazione del pensiero femminile, ma anche all'esperienza concreta delle donne negli ultimi anni, ci accorgiamo che c'è stato un protagonismo vero, efficiente delle donne nei Paesi in guerra. Faccio l'esempio della Bosnia: le donne hanno collaborato alle missioni di pace». Le donne nell'esercito, ma non per fare la guerra... «E' in discussione il ruolo della difesa, anche della Nato, ed emerge sempre più chiaramente da parte di tutti i Paesi la tendenza alla trasformazione delle missioni dell'esercito in operazioni di peace-keeping. Anche da questo punto di vista, l'ingresso delle donne nelle forze armate potrebbe agevolare un processo che è già in atto. E questo per controbattere ad alcune argomentazioni che, anche se legittime, si esauriscono da sé: siccome le donne non sono culturalmente vicine alla guerra, questa è una ragione perché sia loro impedito l'accesso alle forze armate». Quale apporto daranno le donne soldato? «Credo che laddove grandi processi investono questioni e strumenti tradizionalmente maschili, proprio l'elaborazione e la prassi delle donne possano essere assai utili per assecondare il processo di trasformazione. Questo significa ovviamente che la presenza femminile nell'esercito dovrebbe costituire una massa critica». Dunque femminilizzare l'e¬ sercito. Concretamente? «Credo che l'ingresso delle donne nelle forze armate possa colpire una qualità delle relazioni assai utile per sconfiggere fenomeni che poi sono di degenerazione nei confronti delle popolazioni dei Paesi in cui si fanno missioni di pace, degenerazioni di cui sono fatte oggetto proprio le donne. E poi credo che le donne miglioreranno le relazioni interne alla struttura militare, il che non mette in discussione gerarchia e ordine. Questo dato 10 possiamo trarre dall'ingresso delle donne in polizia: dopo qualche anno si vide che i rapporti tra l'istituzione polizia e i cittadini erano cambiati. In qualche modo dunque, la capacità di relazione delle donne aveva mutato il ruolo dell'istituzione. E la loro qualità del lavoro. Questo è importante anche perché i militari oggi fanno operazioni in cui è importante la civiltà della convivenza». Lei parlava di massa critica: quante donne chiederanno di accedere alla carriera militare? «In tutti gli altri Paesi è accaduto questo: il tasso percentuale di donne è basso. Credo che questo molto dipenda dalla missione delle forze armate. Se 11 loro ruolo, all'interno del nuovo modello di difesa, maturasse compiutamente, se l'obiettivo diventasse il mantenimento della pace, allora esercito e cultura fermninile si incontrerebbero davvero. Anche se, attenzione, ci sono ragazze che vorrebbero proprio fare la guerra». Non la preoccupano i problemi che possono sorgere? «Quello che ha interessato il Parlamento, durante il dibattito, è la condizione di vita dei ragazzi e delle ragazze soldato. Ed è stato istituito un comitato di 11 membri, del quale fanno parte anche persone del mio ministero, che lavorerà proprio per realizzare la condizione materiale dell'inserimento delle donne». [ant. ram.]

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