Knesset, sfiducia balneare a Netanyahu di Aldo Baquis

Knesset, sfiducia balneare a Netanyahu Nel giorno della vittoria laborista, un leader fa autogol: gli ebrei marocchini sono inferiori Knesset, sfiducia balneare a Netanyahu Primo sì al voto anticipato TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Per il governo di Benyamin Netanyahu è cominciato ieri il conto alla rovescia quando 60 deputati su 120 hanno votato a favore di una bozza di legge sullo scioglimento anticipato della legislatura, ossia con due anni di anticipo sul previsto. All'iniziativa, presentata dall'opposizione di sinistra, hanno apertamente aderito un dirigente del Likud - l'ex ministro delle Finanze Dan Meridor - e due liste della coalizione governativa: Ghesher, dell'ex ministro degli Esteri David Levy, e la Terza via del ministro della Sicurezza Interna Avigdor Kahalany. Dietro le quinte, l'ex ministro della Ricerca Scientifica Benyamin Begin (Likud, astenuto) ha auspicato la fine del governo. L'iter parlamentare della legge rischia tuttavia di essere estenuante. La bozza di legge passa infatti alla commissione parlamentare per le questioni giuridiche il cui presidente - il deputato nazionalista Hannan Porat - dispone di ampio potere discrezionale. La seconda e la terza lettura potrebbero avere luogo dopo le vacanze della «Knesset», o essere rinviate all'inverno: per essere approvata, la legge dovrà allora essere votata da almeno 61 deputati. Per il governo Netanyahu il colpo patito è dunque essenzialmente morale, perché conferma l'estendersi della sfiducia verso l'esecutivo, mentre i negoziati con i palestinesi restano immobili, lo status in- ternazionale di Israele tocca un minimo storico e la situazione economica interna desta crescente allarme. Ma nel giorno in cui ha conseguito il più importante successo politico degli ultimi mesi, il partito laborista ha fatto un clamoroso autogol che concede un'insperata boccata di ossigeno a Netanyahu. «Stamane ho aperto il giornale ha detto il premier alla Knesset, ostentando contrizione - e mi sono rattristato non poco». Si riferiva a un'intervista, ricca di venature razziste, rilasciata al quotidiano Haaretz dal deputato laborista Ori Orr, un generale della riserva. Dall'intervista emergeva la bruciante frustrazione dei laboristi nel constatare ch'i finora sono risultati vani gli sforzi di penetrare fra le masse degli ebrei sefarditi, immigrati in Israele dai Paesi arabi. «Gli ebrei marocchini sono i più problematici - ha aggiunto il generale improvvisatosi sociologo perché sono privi della volontà di conoscere i fatti della vita e di distinguere il bene dal male. Per conquistarne la simpatia, basta una pacca sulla spalla». Con strati sociali così arretrati, concludeva Orr, il leader laborista Ehud Barak - che a suo parere è dotato di un quoziente di intelligenza superiore alla media - non riesce a dialogare. «Si tratta di parole velenose, che seminano odio» ha esclamato Netanyahu alla Knesset, ancora incredulo del regalo ricevuto da Orr. «Da noi, nel Likud, sarebbe inconcepibile che un deputato distinguesse fra sefarditi e ashkenaziti», ossia ebrei di origine europea. Il premier ha sadicamente sparso altro sale sulle ferite dei laboristi ricordando che hanno progressivamente perso la capacità di dialogare con gli ebrei religiosi, con gli ultraortodossi, con le masse sefardite. «In queste condizioni - ha concluso beffardo - siete certi di voler anticipare il voto?». Scuro in volto, Barak ha ascoltato l'intervento del premier senza proferire parola. Nelle ultime settimane il leader laborista si è scontrato con il suo segretario generale Raanan Cohen e con l'ex premier Shimon Peres. Mentre Netanyahu annaspa, i laboristi sono alla deriva. Nell'imminenza delle elezioni municipali (novembre) non sono riusciti a trovare candidati capaci di sottrarre al Likud città importanti come Gerusalemme e Tel Aviv. Nel tentativo di arginare le ripercussioni delle infelici dichiarazioni di Orr, Barak ha garantito che il deputato sarà sottoposto a sanzioni disciplinari e che il suo partito continuerà a cercare il dialogo con i sefarditi. Ma secondo lo scrittore Daniel Ben Simon (un intellettuale di origine marocchina che ha intervistato Orr per Haaretz) il problema dei laboristi è più profondo. «Commentando la sconfitta alle elezioni politiche del 1996 - ha ricordato Ben Simon - Peres mi disse che gli "israeliani" avevano perso e che gli "ebrei" erano usciti vincitori». Il sionismo laico legato ai laboristi aveva cioè passato le consegne al nazionalismo intriso di ebraismo targato «Likud». «Il Likud - ha avvertito ieri il deputato laborista Shlomo Ben-Ami - sta compiendo una rivoluzione sociale» con la emancipazione dei sefarditi che oggi sono rappresentati, per la prima volta in 50 anni, dalla metà dei ministri. «Se non sapremo adeguarci a questa rivoluzione - ha concluso la nostra sorte è segnata». Aldo Baquis Il Parlamento chiude per 3 mesi e il premier ha tempo per rifarsi Contro il governo anche il voto di deputati della maggioranza La Knesset ha chiesto in via «preliminare» nuove elezioni, per metter fine alla politica di Benyamin Netanyahu

Luoghi citati: Gerusalemme, Israele, Tel Aviv