Bersani: io sto con il segretario

Bersani: io sto con il segretario Bersani: io sto con il segretario «Bisogna lavorare insieme, non fare retorica» INTERVISTA IL MINISTRO DELL'INDUSTRIA ROMA ELLA polemica sull'Ulivo il ministro dell'Industria Pierluigi Bersani si schiera con D'Alema. Ma lo fa con l'autonomia e con il distacco che gli provengono dal fatto di essere il più autorevole rappresentante della più rossa delle regioni rosse: l'Emilia Romagna. Le sue, quindi, sono parole che pesano nel dibattito precongressuale. Ministro, come giudica il dibattito sull'Ulivo? «Io ritengo che non possiamo portare avanti la discussione tra di noi, "sotto una tenda": perché sia utile al Paese, il nostro dibattito deve essere comprensibile. I cittadini non sono molto appassionati al tema "Ulivo sì, Ulivo no". Penso invece che prendano atto del fatto che l'Ulivo non è abbastanza forte oggi per poter governare senza inciampi. Il dato politico è questo. Ciò significa che noi dobbiamo fare in modo che l'Ulivo trasmetta un istinto a crescere che non sta trasmettendo». Come? «Intanto chiarendo un punto: allo stato attuale e per un tempo non prevedibile, affievolire, anziché dispiegare le diverse indentità politiche e culturali della coalizione, significa restringere il campo d'azione dell'Ulivo. Siccome mi pare che questo discorso sia largamente condiviso, allora rimuoviamolo dalla discussione, a meno che qualcuno non la pensi diversamente, ma allora che lo dica, così ci confrontiamo. Poi c'è un secondo punto: il Paese ci ha già detto qual è il laboratorio dell'Ulivo. Sono due stanze: quella del governo e quella della maggioranza parlamentare. E poi, naturalmente, ci sono i Comuni, le Province, le Regioni». E i comitati, la Costituente? «Gli altri "posti" risultano dei diversivi. Se noi siamo in condizioni di mettere insieme una buona riforma del welfare State, dei processi di liberalizzazione, l'innalzamento dell'età dell'obbligo e la parità scolastica, e siamo capaci di recuperare e rafforzare il rapporto fondamentale con i sindacati e gli imprenditori, vuol dire che l'Ulivo l'abbiamo già fatto. Quando D'Alema dice che, invece di evocarlo, l'Ulivo bisogna riunirlo, coglie un punto vero. Intende dire che altrimenti si rischia di fare come quello che, non sapendo camminare, allora si mette a correre. L'impegno, per tutti, e anche per D'Alema che pure rivendica di aver proposto riunioni ecc. ecc. - deve essere quello di lavorare insieme». Quindi lei non crede alla Costituente di Bassolino e Veltroni. «Innanzi tutto devo fare una premessa: io sono fortemente convinto che occorra investire sull'Ulivo e far crescere il suo valore aggiunto. Il problema è il come. Ebbene, io dico: attenzione all'eccesso di parlamentini, attenzione alle evocazioni retoriche». E la Cosa2 che fine ha fatto? «E' un'operazione che noi abbiamo il dovere di completare. Ora, c'è chi dice che la Cosa2 è andata bene, chi sostiene che sia andata male. Io dico questo: intanto abbiamo tolto la falce e martello, un simbolo che è du¬ rato per tutto il secolo breve. Adesso bisogna passare alla seconda fase dell'operazione, cioè dobbiamo dare un profilo politico-programmatico a questo partito riformista della sinistra europea. Come? Ammodernando la tradizione riformista in Italia e saldandola con la cultura liberaldemocratica che in questo Paese non ha mai avuto un partito». Secondo D'Alema, Ulivo e governo rischiano di per¬ dere la base del consenso. «D'Alema dice: "Noi e il governo siamo una sola cosa", e le sue preoccupazioni vanno lette in questa chiave. Io condivido il suo discorso sulla necessità che il governo del centro sinistra sia collegato con i grandi attori sociali. Lui parla dei sindacati, io dico "sindacati e imprenditori". La ripresa di efficaci tavoli di concertazione è un punto cruciale». Lei parla del problema del- la concertazione: e i problemi tra D'Alema e Prodi? «Non c'è nessuno scollamento. Né mi risulta che ci sia stato, come dire, uno schema di interferenza e intralcio nei confronti del governo. La verità è che il Pds è un partito che ha la necessità particolare di dare all'azione dell'esecutivo un profilo che abbia un impatto sociale significativo in termini di riforma. Ora, quando è ben condotta, una funzione di stimolo è fisiologica. Il fatto che questa fisiologia si sia tradotta in alcune puntate nervose e polemiche, è un elemento cui bisognerebbe ovviare». E lo «stimolo» di Rifondazione che si farà sentire a settembre? «Sarò controcorrente, ma io sostengo che la verifica di luglio sia stata piuttosto importante. E noi non saremmo arrivati fin qui se il Prc fosse stato un partito di irresponsabili. Del resto, laicamente, dobbiamo dirci che l'esito delle elezioni ha prodotto un'asimmetria tra maggioranza di governo e maggioranza parlamentare. Comunque mi sembra evidente che non possiamo fare una verifica ogni sei mesi. Questo governo la verifica l'ha fatta, e ora deve andare avanti, tenendo conto che c'è un partito, Rifondazione, che ha pari dignità, ma che non può dettare il compito da solo». I Ds litigano anche sull'opportunità del dialogo con il Polo. «Forse sarò semplicista, ma io credo che un partito come il nostro debba legare le sue fortune alla riforma di questo sistema. Il Pds non può non avere sempre sulla bandiera il tema del dialogo. Poi si constata che Berlusconi ha picconato la Bicamerale, che piccona il governo, i magistrati, e allora gli si dice: "Finché picconi faccio fatica a parlare, ma io sono qui per parlare". Questo è l'atteggiamento che dobbiamo avere». Maria Teresa Meli «Si rischia di fare come quello che, non sapendo camminare, si mette a correre» «A Rifondazione dico: mi sembra evidente che non si può fare una verifica ogni 6 mesi» Il ministro dell'Industria Pierluigi Bersani ii vicepremier Walter Veltroni

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