Di Pietro: ecco la mia riforma elettorale
Di Pietro: ecco la mia riforma elettorale Mancino: si riprenda il dialogo sulle riforme interrotto dopo la Bicamerale Di Pietro: ecco la mia riforma elettorale 350 mila firme per il maggioritario a doppio turno ROMA. Le riforme non possono scomparire dall'agenda della politica italiana. Anzi, fin da settembre dovrebbero essere inserite nel calendario degli appuntamenti da non perdere. Il presidente del Senato, Nicola Mancino, alla tradizionale cerimonia del Ventaglio lancia un nuovo appello alle forze politiche affinché riprendano il discorso interrotto con la fine della Bicamerale. Una strada, ammonisce, da percorrere sapendo che la Costituzione si può modificare solo a «larghissima maggioranza». n (animino delle riforme, però, sembra per ora imboccare soprattutto la via del referendum elettorale Di Pietro-Segni e della proposta di iniziativa popolare per il doppio turno che lo stesso ex pm ha depositato ieri al Senato. Le due iniziative hanno già scatenato polemiche. Tant'è che il senatore del Mugello, consegnando le 350 mila firme in calce alla sua proposta, si è rivolto ai partiti immaginandoli così in difficoltà da «attaccarsi sugli specchi». E nello stesso tempo ha invitato le «segreterie di partito» a non mettere le mani sull'iniziativa referendaria. Se poi qualcuno, come Fini, tenta «di metterci il cappello», l'ex pm spiega che è «sciocco, stupido e paranoico appoggiare il referendum per toglierlo a me». Le sue punture di spillo colpiscono anche quel D'Alema il quale va ripetendo che quel quesito non risolve. «Ha detto una cosa giusta, ovvia e perciò banale - si stizzisce Di Pietro -. E allora risolvetelo voi il problema, i cittadini un'indicazione l'hanno data con la legge di iniziativa popolare». Un primo effetto intanto Di Pietro lo ha già ottenuto: dividere al loro interno i due poli. Mentre Fini rilancia definendo Di Pietro un «megalomane» e mettendo sul tappeto la prospettiva del partito unico del Polo, Berlusconi scandisce con nettezza il suo «no»: «Non credo che un referendum manipolativo possa ri¬ spondere con pienezza al problema. Credo invece che il Parlamento debba farsi una nuova legge elettorale». Stesso scetticismo sull'ipotesi di fondere il centrodestra in un solo partito: «Si deve realisticamente prendere atto che ci sono ancora tempi e modi da esaminare». Segni, al contrario, sembra scendere al fianco di Fini cogliendo nel referendum la possibilità di dar vita ad un polo liberaldemocratico e si appella al centrodestra perché non si faccia paralizzare dall'«incubo Di Pietro». Sul fronte della maggioranza, i risultati dell'azione Di Pietro-Segni non sono diversi. I democratici di sinistra apprezzano aU'unanimità la proposta per il doppio turno (Mussi ha incontrato l'ex pm per assicurar¬ gli il sostegno del gruppo Ds alla Camera e Salvi ha rilevato che solo il doppio turno costituisce il corretto complemento al referendum), ma il quesito referendario che cancella la quota proporzionale è terreno di scontro. D'Alema, nell'ultima direzione del suo partito, aveva espresso a chiare lettere il suo giudizio negativo. E ieri gli «ulivisti» di Botteghe Oscure gli hanno fatto pervenire la loro replica. «Ritengo molto improbabile - dice Claudia Mancina - che il segretario voglia rifare l'errore già commesso in precedenza da un altro leader politico». I popolari intanto bocciano sia il doppio turno sia l'iniziativa referendaria che i socialisti di Boselli definiscono «illiberale». [eia. ti.] Il senatore dell'Ulivo Antonio Di Pietro
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