Tic, la rivoluzione permanente di Ugo Bertone
Tic, la rivoluzione permanente Tic, la rivoluzione permanente Deregulation e tecnologia scuotono i mercati dall'america all'italia MILANO ON è facile raccapezzarsi di fronte alla danza dei miliardi (di dollari) che stanno sconvolgendo il mondo delle telecomunicazioni: prima l'alleanza da 10 miliardi di dollari tra At&t e Bt, poi, ventiquattr'ore dopo, la fusione da 55 miliardi tra Bell Atlantic (socia di Omnitel in Italia) e Gte. Roba da far impallidire il ricordo di altri «affari del secolo»: l'acquisto della Tei da parte della stessa At&t (48 miliardi di dollari), il blitz di Worldcom in Mei, la prima mossa di Bell Atlantic («solo» 21,3 miliardi) sul fronte della Nynex. Ora, a Wall Street, ci si domanda a chi toccherà la prossima volta, perché, è l'opinione più diffusa, nell'America delle telecomunicazioni c'è posto solo per tre. Ma, oggi, sono quattro: Sbc, Bell Atlantic, At&t e Worldcom. C'è spazio, insomma, ancora per una mega-alleanza e forse più. Eppoi? Facile, dopo l'America il mondo. Nel mirino c'è il grande business delle comunicazioni internazionali, a partire dal ricco merca¬ to della trasmissione dati per le multinazionali e gli altri clienti più ricchi: una torta che oggi vale 40 miliardi di dollari ma che, secondo le previsioni di At&t e Bt, sarà cinque volte più grande già nel 2007. Ma perché questa rivoluzione proprio adesso? E che conseguenze può avere per l'economia italiana o per l'utente comune? All'origine del terremoto c'è un cocktail di teciiologia e di «deregulation» legislativa. Tutto è cominciato due anni fa o poco più, nel febbraio del '96, quando il «Telecommunication Act» ha fatto cadere le barriere tra gli operatori locali e quelli attivi nel «long distance». C'è voluto del tempo perché l'impulso di legge si traducesse nelle prime operazioni tra le «baby Bells», le società di telefonia locali nate dalla scissione della At&t nei primi Anni 80 e i nuovi protagonisti, attivi nei nuovi segmenti del mercato e più pronti a rispondere alle richieste nuove del pubblico, Internet in testa. Ma oggi, dopo un lungo travaglio, ecco i nuovi colossi, capaci di competere, come nel caso di Bell Atlantic-Gte, in tutti i segmenti: locale e a lunga distanza, dentro gli «States» e su scala mondiale, nei servizi a voce, di trasmissione dati, Internet e altri. E non è difficile prevedere che ciò che è accaduto in America è destinato a ripetersi su scala mondiale. Nel gennaio scorso è scattata la «deregulation» (sofferta e contrastata, almeno da noi) all'interno dell'Unione Europea; entro il 2001, come prevede l'intesa del Wto, solo il 10% del mercato mondiale delle tic vivrà sotto l'ombrello dei monopoli (contro il 50-60% attuale). Allora, le aziende del settore (quelle dotate dei mezzi finanziari e tecnologici necessari) competeranno per dividersi una torta da mille miliardi di dollari. L'arma decisiva, ovviamente, sarà la tecnologia. I progressi degli ultimi anni sono stati incredibili: le reti intercontinentali lanciate dai «giovani turchi», Worldcom, Colt, Rsl o Esprit hanno presto surclassato i mezzi di colossi che, come At&t o Mei, sembravano irraggiungibili su questo terreno. E invece, quasi al¬ l'improvviso, ci si è trovati a fare i conti con novità come Gemini, il cavo sottomarino transatlantico di Cable & Wireless e Worldcom che da solo dispone di più capacità di collegamento di tutte le altre reti esistenti, con una potenza dieci volte superiore ai cavi posati solo un paio d'anni prima. Di qui la risposta combinata di At&t e Bt da cui dovrebbe nascere una nuova tecnologia, It (Internet Protocols), destinata a sconvolgere presto prezzi e prestazioni dei vettori esistenti. Il risultato finale della rivoluzione, insomma, sarà quello di fornire all'utente servizi vecchi e nuovi a prezzi molto più contenuti (è stato il crollo dei prezzi nelle telecomunicazioni uno dei fattori chiave nella discesa dell'inflazione Usa). Ma, soprattutto, quel che conta sarà il maggiore valore aggiunto che ne deriverà per l'economia. Anche per quella italiana. Soprattutto se i suoi «competitors», Telecom in testa, non si limiteranno a guardare in attesa del principe azzurro... Ugo Bertone
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