L'attesa sul mare di capitan Albert

L'attesa sul mare di capitan Albert «Sono il mio pane quotidiano: vivo se i miei passeggeri riescono a vederle» L'attesa sul mare di capitan Albert // marinaio: con me nel triangolo delle balene TF A letto Mobv Dick. naturalmente. Non da ragazzo, né da allievo H dell'Accademia di Livorno. Ma quel libro è un appuntamento con la vita e il guardiamarina Sturlese c'è arrivato due anni fa, quando ha preso questo motoscafone con le panche e i prendisole che si chiamava Corsaro e portava i turisti a guardare Portofino e ha cominciato a far rotta sulle balene. Laggiù, verso la Corsica, dove oggi il mare scintilla, ci sono piccole onde che fanno «ochette» di schiuma, l'aria è sospesa in un caldo immobile. Là dove adesso tutti guardiamo fingendo tranquillità e invece tratteniamo il fiato sperando di vedere ciò che vide Achab alla fine del suo inseguimento: «Moby Dick in carne e ossa piombò a galla... col prodigio immensamente grandioso del suo salto...». Effettivamente ci vuole un po' di fantasia. Siamo in mezzo a bagnanti, bambini, papà, mamme, zie, due cani, un gruppo di ragazze sarde, una famiglia svizzera, quattro tedesclù, due olandesi, sei-sette inglesi. Ciabatte, zoccoli, costumi, profumo di creme abbronzanti, un signore con la pipa, ray-ban e cappello da marinaio che s'immagina d'essere altrove. Macchine fotografiche, videocamere, binocoli. Zainetti gonfi di panini, cocacole, spugne da spiaggia. Siamo al mare, Imperia, Porto Maurizio, uno di questi giorni. Niente di eroico, nemmeno un brivido. Guardate pure lontano finché volete, questo mare di piombo schiacciato dall'afa, oggi, non regala il più beve soffio d'avventura. Il guardiamarina Sturlese stacca i bigbetti, la biologa Barbara prepara i cartelloni didattici e ticchetta con le dita laccate di verde sul suo piccolo computer, i due marinai lasciano gli ormeggi, il silenzio è uno sciabordio di trattenuti bisbigli, il Corsaro graffia lo specchio del porto. Ore 13,30, si parte. Destinazione balene, «whale watch», non per arpionarle, ma per osservarle. Sturlese è prudente «Bisogna avere molta pazienza., possiamo anche non vederle... il 97 per cento delle volte abbiamo visto qualcosa... speriamo». Che è come dire: se non vediamo le balene, non prendetevela con me. Il problema è che non abbiamo molto tempo: tre-quattro ore per sperare che la nostra barca sia lì do ve affiora una schiena soffiante per quel po' che le serve per respirare prima di tornare sotto a masticare acqua di mare. Il guardiamarina Albert Sturlese è anche lui, a suo modo, un servitore dell'estate. Dopo l'Accademia ha na vigato per cinque anni come terzo ufficiale sulle navi da crociera nei Caraibi e la ricorda come una bella vita: «Soldi in tasca, tante ragazze, nessun pensiero: a vent'anni si può». Poi è tornato in Liguria, ha preso il Corsaro di papà e ha portato i turisti in giro per il Tigullio e nelle visite guidate al porto di Genova. Un giorno, al largo di Portovenere, ha avuto l'illuminazione. Un branco di delfini aveva circondato il Corsaro e negli ocelli della gente che li guardava saltare e scapicollare a pochi metri dalla barca, ha capito che c'era un nuovo lavoro da inventare. Delfini, ma perché non balene che incrociano, anche da queste parti (dicono che siano 2 mila), in quel triangolo che chiamano «santuario» tra Imperia, Montecarlo e la Corsica. Due anni fa, di questi giorni, il primo viaggio e la prima scommessa. Albert Sturlese ha 37 anni, bermuda e maglietta, berretto e occhiali da sole. Sembra un disc-jockey. E' il nostro Achab postmoderno. Stacca bigbetti non proprio a buon mercato e promette un'emozione: se non sarà la vista della balena, sarà l'attesa della balena. Di sicuro i delfini. E dite poco, qui, così, in tenuta da spiaggia, aspettando che venga l'ora della cena in pensione? «Ma - ci dice Sturlese - dovete stare attenti, guardate bene in giro, badate a soffi, spruzzi e movimenti strani. E se vedete qualcosa, ditelo: è meglio sbagliare piuttosto che perdere un avvistamento». E dunque, occhio. Il Corsaro va avanti, piatto come un ferro sull'asse da stiro, rotta 210, 19 nodi. Sturlese si arrotola una sigaretta e ci racconta che quella volta al largo di Portovenere, (dio visto qualcosa che non avevo mai visto: lo stupore e la gioia della gente per i delfini. Mi sono informato, mi sono documentato, ho studiato, ho letto Moby Dick e ho capito che anche entro le 20 miglia dalla costa si poteva entrare nel cuore del «santuario», mcontrare i delfini, sperare nelle balene». E' un business, ma è anche una «passione». E' nato così il primo «whale watch» italiano. Ora c'è anche il «Diana 2» che parte da Sanremo e che adesso ci gracchia per ra¬ dio: «Siamo qui a 43 gradi Nord e 8 Est: come va? Non abbiamo ancora visto niente. E voi?». Neanche noi, ma speriamo. Barbara, biologa dell'istituto Tethys, guarda la mappa e prende il compasso: siamo in mezzo al pezzo di mare dove hanno visto le ultime balene. Quando? Il 14, 21 e 28 giugno, il 5 e il 9 luglio. E adesso? Occhio. Qualcuno grida che laggiù il mare è sbiancato. Guardiamo bene, andiamo più vicino: è spazzatura. Sturlese rassicura: «Si può vedere qualcosa dopo mezz'ora, ma in media ci vogliono 2-3 ore». Pazienza, ci vuole. «Si, questo lavoro comporta un certo stress e vedere la delusione sulla faccia dei bambini mi strappa il cuore». E incrina il business, sale la tensione, scende il brusio, le ragazze si allungano sulle panche per prendere il sole, dagli zainetti sbucano i primi panini, in cambusa si vendono gelati, il sole picchia e le macchine fotografiche ripiegano nelle loro tane di pelle nera. Ci vuole pazienza e ci vuole fiducia e bisogna essere attenti perché i cetacei non avvisano, compaiono all'ùnprovviso. E' così che un grido segnala qualcosa. Sul fianco sinistro del Corsaro guizzano sagomette d'argento sciabolettando il breve riverbero di uno specchio. «Due tonnetti. E' un segnale dice Sturlese -: attenti». Siamo attentissimi, i panini tornano negli zaini, D silenzio è totale, gli occhi roteano sul mare, cerchiamo lo spruzzo, aspettiamo il soffio. E invece ecco che il mare si innerva di schiene verdastre, due, cinque, dieci. «Cinquanta», dice Sturlese. Esagera un po', ma insomma, sono tante. «Stenelle», dice Barbara. Delfini, per noi che non sappiamo. Non sembra che giochino. Nuotano, salticchiano sul pelo dell'acqua, vengono incontro alla prua del Corsaro e quando sono a due metri, si immergono veloci. Non sono dell'ini - stenelle - da circo, non hanno quella piega sulla bocca che sembra un sorriso da cartone animato. Ma è piuttosto una smorfia. Questa è la natura: noi siamo lì a guardarli con gli occhi dei bambini, loro cacciano pesce azzurro per pranzo e non gli importa niente di noi. Non giocano, vivono. E lo spettacolo è ancora più bello, nervoso, duro, crudo. Sturlese, finalmente, si rilassa mentre tutt'intorno il mare ribolle di stenelle: «A me ernesto lavoro dà da vivere, certo non divento ricco». Visti i delfini, si vive un po' meglio: la balena può rimanere un sogno, le stenelle sono il pane quotidiano. Potrebbe bastare, per oggi anche perché la danza dei delfini continua. Ma non basta. C'è qualcos'altro, lì davanti. Una schiena marrone, una pinna; due schiene, due pinne. Grida Sturlese, grida Barbara. Attenti. Gli siamo quasi sopra, saranno cinque sei metri ed ecco le due schiene. Balene? No, sono morbide, placidissime, lente. «Zifio», dice Barbara, cetaceo di 6-7 metri, mia specie di piccola balena, dal soffio leggero, dal muso bianco che sembra una maschera. Dicono che è raro. I due ci stanno vicini per un po', sembrano esseri rudimentali, insaccati marroni, siimi di carne, occhi da pesce, un accenno di sorriso buono, movimenti arquati e rallentati, sbuffi prolungati che sembrano espiazioni. Basta davvero, adesso. Moby Dick è mi miraggio - oggi - qui davanti a Imperia. Meglio rileggere Melville: «Arrivando a galla dai più lontani abissi con tutta la sua velocità, scaglia la sua intera massa nel pino elemento dell'aria e ammucchiando una montagna di schiuma accecante...». Sarà per la prossima volta. La cena, in pensione, aspetta. Cesare Martinetti «Stacco biglietti e prometto una emozione al largo di Imperia» «L'unico stress è la delusione dei bambini» """"'su» imi" Nella foto grande una barca che trasporta turisti nella Riviera di Levante, in Liguria. A sin. una balena fotografata da bordo del Corsaro (FOTOSTUDIO LOVISOLO]