Tre killer traditi da una tazza di caffé

Tre killer traditi da una tazza di caffé Varese, la prova della traccia del Dna lasciata sulla tazzina offerta con uno strategemma Tre killer traditi da una tazza di caffé Smascherata la banda che uccise un maresciallo MILANO. E' bastato un caffè, per arrestarli. E' stata sufficiente la traccia di saliva lasciata sulla tazzina offerta dai carabinieri, per avere la certezza che fossero proprio loro, i responsabili dell'omicidio del maresciallo dei carabinieri Giovanni Palermo, ammazzato a Caronno Pertusella a un M?-fS&> ' passo da Varese il tre luglio scorso. «Un delitto da balordi», spiegano i carabinieri di Milano che hanno arrestato Raffaello Bottillo, 30 anni, pregiudicato per furto, assegni a vuoto, ricettazione e i suoi due complici. «Sono solo dei balordi, dei cioccolatai», rincarano la dose i carabinieri di fronte a quell'omicidio per niente. Solo per avere una pistola, per fare altri colpi, sognando di diventare dei grandi rapinatori come non ce ne sono più. Un'idea da dilettanti che adesso vale un'accusa da ergastolo, dopo quell'indiscutibile prova lasciata dalla traccia del Dna sull'orlo della tazzina, offerta dai carabinieri con uno stratagemma. Una prova che ha già fatto confessare Raffaello Bottillo e uno dei due complici, Franco Franchi, 40 anni, ambulante di frutta e verdura. Nega ancora tutto, invece, Ora¬ zio Nasca, 27 anni, guardia giurata, il basista del colpo finito male, a pistolettate contro il maresciallo dei carabinieri. Era stato Nasca, secondo la ricostruzione dell'accusa, a due che le armi per le rapine sarebbe stato facile trovarle, che bastava sottrarle ai suoi colleghi che, di fronte a una pistola puntata, non avrebbero mai reagito. Era stato ancora lui, ad avvertire che il primo colpo si poteva fare alla Codel- ca, un'azienda dismessa di Caronno Pertusella. C'erano andati in due, a tentare il colpo. Raffello Bottillo, in mano una Beretta 98 S calibro nove con la matricola abrasa, Franco Franchi in cortile, a bordo di una Mercedes che sarebbe servita alla fuga. Ma le loro mosse non erano passate inosservate, un abitante della zona aveva dato l'allarme, sul posto erano arrivati i carabinieri. Il primo ad entrare nella fabbrica era stato proprio il maresciallo Palermo, con mia torcia accesa in mano. Adesso Raffaello Bottillo giura solo di aver risposto al fuoco, di non essere stato lui il primo a sparare. Ma la perizia balistica dimostra già il contrario. Il militare aprì il fuoco solo dopo essere stato raggiunto dai primi colpi. La prova è nella traiettoria dei proiettili, sparati dal basso verso l'alto, quando il maresciallo era già a terra. Poi la fuga precipitosa e l'ultimo incredibile errore dei due balordi. Correndo, Raffaello Bottillo si era appoggiato alla recinzione in plexiglas di una villetta davanti alla fabbrica dismessa, ferendosi a una mano. Una ferita leggera, appena un graffio, ma che aveva lasciato la sua firma in quelle poche gocce di sangue. Un altro abitante della zona aveva invece riconosciuto Franco Franchi e la sua Mercedes. Tanto che l'uomo, negli ultimi tempi, dopo aver messo in garage sotto un telo la berlina tedesca, aveva iniziato a girare con la 500 della moglie. Ma è solo con lo stratagemma della tazzina che i carabinieri sono riusciti ad avere la prova definitiva delle responsabilità del gruppo. La settimana scorsa, con la scusa di definire alcune pratiche per altre questioni giudiziarie aperte, Raffaello Bottillo era stato convocato dai carabinieri. Prima gli avevano fatto alcune domande, poi gli avevano chiesto di firmare alcune pratiche. E alla fine gli avevano pure offerto un caffè. Una gentilezza che non aveva insospettito l'uomo. Anzi, prima di bere il calie, aveva pure buttato in un cestino la gomma che stava masticando. Un elemento in più, per la comparazione del Dna trovato nelle tracce di sangue lasciate sulla recinzione di plexiglas vicino all'azienda dell'omicidio. I risultati definitivi dei test del Dna non sono ancora pronti, ma i primi dati hanno permesso comunque di chiedere l'arresto per l'omicida e per i suoi complici. Una vicenda da balordi, come ha ricordato pure il tenente colonnello Pietro Dattuono, comandante della compagnia di Varese dove era in servizio il maresciallo ucciso: «Una uccisione barbara e per motivi stupidi», [r. m.] Avevano massacrato il carabiniere per procurarsi una pistola Un bandito si era ferito, lasciando così una traccia M?-fS&> ' La pistola usata per il delitto e le foto dei 3 arrestati. Nell'altra foto: la vittima: l'appuntato Giovanni Palermo

Luoghi citati: Caronno Pertusella, Milano, Palermo, Varese