La Hong Kong miserabile di Eltsin

La Hong Kong miserabile di Eltsin REPORTAGE LE MACERIE DELL'IMPERO ROSSO Kaliningrad, un tempo la prussiana Kònigsberg, vuole diventare la Quarta Repubblica Baltica La Hong Kong miserabile di Eltsin Nella città di Kant che reclama l'indipendenza KALININGRAD DAL NOSTRO INVIATO Neppure davanti alla tomba di Kant puoi farti illusioni. La pietra del monumento, appoggiato alla cattedrale trecentesca ancora sventrata dalle bombe della seconda guerra mondiale, porta ben visibili i segni, frettolosamente restaurati, delle pallottole e delle granate. E il peristilio in puro stile staliniano, che la avvolge, non nasconde, purtroppo, l'ex palazzo dei soviet. Per edificare questo mostro cadente e arrugginito i genieri russi hanno impiegato tonnellate di esplosivo: servirono per sventrare le ben radicate fondamenta del palazzo reale della città. Poi costruirono quello che i documenti dell'Inturist definivano «un miracolo del cubismo sovietico». E' costato otto miliardi e settecentonovantatré milioni di rubli (di allora, Anni Sessanta), ma non è mai stato ultimato. Continuano a verniciarlo per cercare di ch^mmuire lo choc. H rudere immenso sta cadendo di traverso, scivola giù con naturalezza come fa un ghiacciaio con le sue nere morene: perché i russi hanno anche alterato l'efficace sistema di drenaggio che i tedeschi avevano allestito nei secoli. Simboli, segni di una storia nefasta. Come il ponte mobile che presidia l'ingresso in città. Quando i tedeschi si ritirarono ne bloccarono i meccanismi, lasciandolo spalancato sul fiume. In mezzo secolo i russi non sono riusciti a scoprire il segreto di quel diabolico meccanismo. Furibondi, impotenti, hanno dovuto costruirne uno nuovo. Kaliningrad o Kònigsberg? Nel genocidio toponomastico della Russia qui è impossibile sbagliarsi. Dell'antica città tedesca di Kant, degli splendori gughelmini, non è rimasto nulla. Il poco che ha resistito alla guerra è stato smontato negli anni in cui questa era una città proibita, afflitta dalle basi navali e dall'industria militare. Oggi, tagliata fuori dalla Russia, separata da chilometri di Lituania e Bielorussia, è un monumento al disfacimento economico politico e sociale, la prova di quanto sia sanguinosa la ferita di sette anni di economia in caduta libera. Povera, violenta, disperata, questa sopravvivenza dell'impero sovietico è gonfia di rancore verso Mosca e si prepara a proclamare la quarta re- pubblica baltica. Un gesto che scatenerebbe probabilmente la temuta disgregazione in Russia: altre regioni, altrettanto insofferenti verso la capitale, corrotta e senza fondi, stanno allargando pericolosamente le ambizioni delle loro autonomie. Lunghe file di tedeschi sbarcano ogni giorno all'aeroporto, salgono su vecchi autobus rantolanti, ciabattano attraverso le strade slabbrate e cadenti, rendono omaggio alle sagome ferrigne e guerriere delle fortezze tedesche che inutilmente circondavano «la città del re». Sono, tutti, anziani. Quando nel 1945 le truppe sovietiche cancellarono la Prussia orientale erano bambini, fuggirono su navi stipate all'inverosimile, braccati dalle cannonate russe, portandosi con sé solo nostalgia e rancore. Nel vuoto Stalin realizzò una delle sue ben oliate manipolazioni di autocrate: al posto dei tedeschi arrivarono dalle zone della Russia più devastate dalla guerra contadini disperati che occuparono fattorie, abitazioni e negozi. I vecchi tedeschi ora tornano per un patetico turismo della nostalgia, cercano le loro vecchie case strapazzate dal tempo e dall'incuria, portano piccoli doni per coloro che le hanno occupate, un pegno per invogliarli a mostrare il poco che è rimasto. Molti russi sprangano la porta; temono che i tedeschi siano tornati per reclamare quanto loro apparteneva nel 1945. Quando la Russia si è dissolta la Germania, per un attimo, ha sognato di ricomprare letteralmente Kònigsberg, di ricostruirla a colpi di marchi: investimenti, trattati per relazioni economiche speciali, villaggi nuovi di zecca dove trapiantare (ennesima migrazione, ma questa volta lussuosa e felice!) i tedeschi confinati da Stalin in Asia Centrale. Bonn ha perfino regalato alla città i contenitori per la raccolta differenziata dei rifiuti, campane di plastica coloratissime che per qualche settimana hanno allietato i grigiori dei Khrouchtchvki, i palazzi collettivi dell'epoca di Kruscev. Adesso sono spariti, rubati o carbonizzati dalla antica, radicata abitudine russa di bruciare i rifiuti. D destino economico di Kaliningrad non ha avuto sorte migliore. Doveva diventare la Hong Kong del Baltico, grazie allo statuto di zona economica speciale senza dazi doga¬ nali, un bozzolo di libero mercato dove impiantare fabbriche di auto e di computer. Invece è il cuore della miseria del termidoro eltsiniano. Il cinquantadue per cento della popolazione ha un reddito inferiore ai 400 rubli al mese, sotto la soglia della povertà, la disoccupazione sfiora il cinquanta per cento. Le fabbriche sono rimaste un sogno. La settimana scorsa il cantiere militare dove si sta costruendo un nuovo modello super segreto di nave da battaglia è rimasto completamente incustodito: i guardiani, che non ricevono lo stipendio da mesi, si sono stufati, hanno aperto le porte e sono andati semplicemente a casa. Kaliningrad è in testa alle classifiche della prostituzione, la diffusione dell'Aids ha cifre africane: anche metà della flotta del Baltico risulta sieropositiva tanto che i servizi segreti di Mosca hanno ipotizzato un ben congegnato attentato batteriologico. Il sistema economico di questa «zona speciale» è un manuale del capitalismo alla Ciubais. La criminalizzazione è quasi ufficiale, evidente. I gruppi mafiosi controllano non solo gli affari illegali e semilegali, ma interi settori dell'economia e del commercio, pagano i funzionari (compreso l'ex governatore) di più e più regolarmente del governo. Non è solo una economia parallela, è un apparato di economia parallela. Nel '97 a Kaliningrad sono stati importati 53 milioni di litri d'alcool. Gli abitanti sono 340 mila e quindi, compresi neonati e malati degli ospedali, hanno bevuto 56 bottiglie di vodka a testa: davvero troppo anche per i russi. In realtà tutto è stato riesportato in Polonia, Lituania e in Occidente a prezzi raddoppiati grazie all'assenza di dazi. Lo stesso vale per i prodotti alimentari, un business che lo scorso anno è salito fino a un miliardo e trecento milioni di dollari. A Kaliningrad si produce il 90 per cento dell'ambra del mercato mondiale: metà sparisce dalle statistiche, viene commercializzata di contrabbando. La gigantesca flotta da pesca, dopo la «privatizzazione», è finita all'estero: le navi letteralmente sparivano durante la navigazione e finivano nei porti vicini. Chi denuncia, come il direttore del giornale «Novya Koliosa», i rapporti tra mafie e potere locale, rischia la vita. Igor Ruolnikov è stato aggredito da un killer, una pallottola in testa lo ha ridotto in fin di vita. E' stato subito candidato per le elezioni di sindaco che si svolgeranno in autunno dal partito che chiede l'indipendenza da Mosca. E' favorito. Se sopravviverà. Adesso, pressata dal fondo monetario, senza soldi, Mosca ha annunciato che cancellerà i privilegi doganali. E' la misura che può accelerare la rivolta dei russi contro la Russia. Spiega il governatore Leonid Gorbenko: «E' una follia, una rovina. Il bilancio federale recupererà 300 milioni di rubli, ma dovranno sborsarne due miliardi per evitare che i prezzi salgano del quaranta per cento, riducendo la gente alla fame. E la catastrofe sarà completata dalla fuga degli investitori stranieri». Al partito indipendentista sono parole che suonano come annunci di vittoria: «Ogni decisione di Mosca è ima pietra portata alla nostra causa. Nella capitale hanno perso interesse per questa zona, molti funzionari non si rendono conto di cosa significhi essere separati fisicamente dalla madrepatria, non sanno neppure dove siamo. L'ipotesi dell'indipendenza può scatenare una reazione nazionalista? Frottole, è come per le Kurili da restituire al Giappone, fanno finta di resistere, in realtà sono già d'accordo. Qualche anno fa questo era una immensa caserma. Basta guardarsi attorno: se una volta per le strade ogni tre passanti imo era un militare, oggi sono quasi scomparsi. Non parlate di patriottismo russo, ci fate ridere. Questa non è terra nostra, abbiamo preso con il fucile ima teiTa che era tedesca, e in fondo lo spirito tedesco è rimasto». Domenico Quirico Dell'antico splendore non resta nulla il poco che si è salvato dalla guerra marcisce nell'oblio Povera, violenta e disperata la gente si nutre del rancore verso Mosca e sogna l'impossibile riscatto Mar Baltico • Plungé Siauliai Któipéda LITUANIA Silwté • Tourogé Sovetsk ••—j^*- • " Nemcn KALININGRAD * Cernjahovskc RUSSIA Bartoszyce POLONIA Nesterov/ Gusev * m Suwalki 1 Gizycko ,1'.'" "*«m iw^. L'ingresso della base russa che ospita nei dintorni di Kaliningrad l'I I" Armata e i marinai della Flotta del Baltico. A destra il manifesto elettorale di Igor Ruolnikov il direttore del giornale «Novya Koliosa» ferito in un attentato mafioso