L'ultima battaglia del testimone Clinton

L'ultima battaglia del testimone Clinton Un'altra tegola per la Casa Bianca: Monica incontra Starr, forse sta negoziando l'immunità L'ultima battaglia del testimone Clinton Dovrebbe presentarsi stamane, lotta per un rinvio WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il Presidente Clinton, ormai rassegnato all'idea di dover testimoniare nel caso Lewinsky, sta lottando tenacemente con il procuratore Kenneth Starr per ottenere il privilegio di essere interrogato alla Casa Bianca e in presenza del suo avvocato, anziché davanti ad un gran giurì in una corte federale. La trattativa ha subito una brusca accelerata dopo che il procuratore Starr ha fatto recapitare all'avvocato personale del Presidente, David Kendall, un mandato di comparizione per Clinton. Il mandato ingiunge al Presidente di presentarsi al gran giurì della corte federale questa mattina. Ma Clinton ha sempre detto che non avrebbe accettato una simile umiliazione della Casa Bianca ed è altamente improbabile che si presenti all'appuntamento. Nel frattempo il Presidente ha ricevuto mi'altra cattiva notizia: la Corte ha deciso che gli avvocati della Casa Bianca (non gli avvocati personali di Clinton, come appunto Kendall) sono tenuti anche loro a testimoniare, e non possono invocare il rapporto di confidenzialità legale-cliente in quanto sono impiegati del governo. E' probabile che Starr voglia sfruttare questa decisione per interrogare Bruce Lindsey, l'avvocato della Casa Bianca che segue il Presidente come un'ombra. E in una giornata piena di colpi di scena è arrivata un'altra notizia che non rasserena la Casa Bianca: per la prima volta da quando è esploso lo scandalo, Monica Lewinsky si è incontrata faccia a faccia con il procuratore Starr - segno che mi accordo per farla parlare in cambio di mia sua parziale immunità è probabilmente vicino. Ma per ora l'attenzione del procuratore è ovviamente concentrata sull'interrogatorio di Clinton. La clamorosa decisione di emettere un mandato di comparizione nei confronti del Presidente - atto di incerta legalità costituzionale - è stata presa da Starr per mettere Clinton con le spalle al muro e costringerlo a farsi interrogare. La tattica per il momento sembra aver funzionato: Kendall, l'avvocato di Clinton, sta negoziando in buona fede per arrivare ad un accordo con il procuratore. Anche perché il Presidente è sotto pressione dal Congresso e dall'opinione pubblica affinché dia finalmente la sua versione dei fatti dopo oltre sei mesi di silenzio. E la pressione cresce: l'ultimo sondaggio compiuto dalla Cnn indica che il 52 per cento degli intervistati non solo insiste perché venga interrogato ma pensa che dovrebbe farlo davanti ad un gran giurì, come un qualsiasi cittadino. L'idea che Clinton debba beneficiare di un «privilegio presidenziale», insomma, non è popolare. Ma la trattativa che oppone Starr all'altrettanto tenace Kendall non è affatto conclusa. Rimangono dettagli cruciali da mettere a punto. E c'è sempre la possibilità che il negoziato non vada in porto e che Clinton, in extremis, decida di sfidare Starr chiedendo alla Corte suprema di pronunciarsi sulla costi- tuzionalità del mandato di comparizione - un gesto che molti considerano disperato, e dalle conseguenze politiche imprevedibili. La forma. Clinton e il suo avvocato preferirebbero rispondere per iscritto alle domande di Starr e dei suoi procuratori. Ma Starr su questo punto è inflessibile: non se ne parla neppure. Semmai sarebbe disposto a interrogare il Presidente alla Casa Bianca. Il filmato verrebbe poi consegnato al gran giurì. Un'altra ipotesi contemplata da Starr è che il gran giurì venga portato in autobus alla Casa Bianca. Ma Clinton non vuole: troppo teatro. Il contenuto. Clinton vuole limitare al massimo il campo delle domande. Non vuole che il tutto si trasformi in un interrogatorio sul suo rapporto sessuale con Monica Lewinsky - rapporto che il Presidente sostiene di non aver mai avuto. E' disposto, invece, a rispondere a domande su incontri, date, eventuali regali. Ma Starr vuole poter far domande a tutto campo. Non solo: vuole che anche il gran giurì sia messo in grado di fare domande, com'è previsto dalla legge. Il luogo. Esclusa l'ipotesi che Clinton si rechi alla corte federale questa è un po' la linea del Piave del Presidente, il quale sostiene che sarebbe un'abdicazione dell'esecutivo al potere giudiziario - quella più probabile è che l'interrogatorio avvenga alla Casa Bianca. Ma è anche possibile che il Presidente accetti di testimoniare nell'ufficio del suo legale, come nel caso Jones. I presenti. Clinton chiede di poter testimoniare alla presenza di Kendall, un privilegio che non è accordato ai semplici cittadini - durante l'interrogatorio davanti al gran giurì i legali del testimone aspettano fuori. Sarebbe un vantaggio importante perché Kendall potrebbe intervenire se il procuratore andasse fuori dal «tracciato» stabilito. Ma Starr, per ora, dice no. Andrea di Robilant La Corte: anche i suoi avvocati devono testimoniare non vale il segreto professionale Non si esclude che la trattativa salti e la Casa Bianca si rivolga alla Corte Suprema Wmmmmm Il Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton e, a destra, il suo tenace rivale il procuratore speciale Kenneth Starr

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