Referendum, la bomba-Fini scuote il Polo di Alberto Rapisarda

Referendum, la bomba-Fini scuote il Polo | Il presidente lancia una sfida: il centro-destra appoggi la proposta anti-proporzionale Referendum, la bomba-Fini scuote il Polo Urbani: sarebbe una iattura ROMA. Stretto nell'angolo dall'attivismo «antigiudiziario» e filo-centrista di Silvio Berlusconi, costretto ad ingoiare rospi da almeno sette mesi e in silenzio, Gianfranco Fini ha alla fine trovato una via di uscita: a settembre chiederà al Polo di appoggiare il referendum contro la quota proporzionale, proposto da Mario Segni, Antonio Di Pietro, Achille Occhetto e tanti altri. Il presidente di Alleanza nazionale ha lanciato la sfida a Berlusconi con una intervista al Corriere della Sera, con la quale avvisa anche la Corte costituzionale che non può respingere («non osi») la domanda del referendum. La mossa è abilmente ipertattica ed ha messo in seria difficoltà (come Fini si proponeva) Forza Italia e non solo. Se passasse e vincesse il referendum che abolisce la quota proporzionale, infatti, le prime vittime sarebbero i partiti storici organizzati (tipo ds, popolari, ma anche An, Rifondazione) perché non comparirebbero più i simboli di partito sulla scheda. E si estinguerebbero le organizzazioni periferiche radicate sul territorio a vantaggio della nascita di comitati elettorali. La vittoria del referendum farebbe anche tramontare i sogni dei moderati del Polo e dell'Ulivo (ed è questa l'arma contrattuale di Fini) che, usando Cossiga come perno, progettano la rinascita di una grande formazione di centro (tipo la vecchia de). «Si tratta di tagliare definitivamente le gambe ad ogni progetto neo-centrista - conferma Alemanno, di An - che per definizione non può che fondarsi su un ritorno al proporzionale». Rocco Buttigliene, presidente della Udr, la formazione cossighiana, accusa il colpo e invita Berlusconi alla prudenza e «a discutere insieme una strategia comune di centro» perché il referendum «porterebbe ad una legge elettorale casuale». Negative le reazioni anche dei dirigenti di Forza Italia più impegnati sul fronte moderato. Giuliano Urbani, il costituzionalista del partito, ha reagito in modo violento e rivelatore definendo una «jattura» politica il referendum di Segni e Di Pietro, una battaglia «ignobilmente populista» condotta da «demagoghi». Più articolata la risposta del presidente dei senatori di Forza Italia, Enrico La Loggia, che invita, di fatto, Fini a trattare. Al presidente di An La Loggia risponde offrendo di rimettere in piedi il dialogo sulle riforme (e quindi sul sistema semipresidenziale, al quale Fini teneva tanto). «Bisognerà trovare un modo per riprendere questo dialogo» promette La Loggia. In allarme il partito popolare per ragioni speculari a quelle di Forza Italia. «Fini dimentica il merito del referendum solo per il timore di una ondata emotiva contro i partiti, che è poi la vera spinta del referendum» dice e non dice Dario Franceschini, vicesegretario di Marini. Allarmato anche Massimo D'Alema. Ma non tanto per la mossa di Fini (che, alla fine dei conti, potrebbe tornargli utile se a settembre Berlusconi dovesse convincersi a tornare in Bicamerale), quanto per l'offensiva dei referendari del suo partito. «Pensare di procedere per spallate referendarie significa minare la governabilità del Paese». Rinascerebbe una democrazia «dei notabili e dei comitati elettorali». «Se si pensa i che il vero obbiettivo è di¬ struggere i partiti, allora l'obbiettivo siamo noi perché la forza che più di ogni altra dà credibilità al sistema dei partiti sono i Ds. Allora l'obbiettivo non è l'anomalia della destra, ma l'anomalia dei Ds e del suo leader». In conclusione, i capi dei partiti hanno di che riflettere durante le vacanze estive. Fini ha volutamente lanciato la sua bomba con una miccia lunga fino a settembre. Non è stato ultimativo. Per dare il tempo a Berlusconi di pensare bene a quel che deve fare. Il presidente di Forza Italia già ha manifestato, in precedenza, la tentazione di resuscitare la commissione Bicamerale da lui stesso affossata. Perché, al di là dei sondaggi che lo allettano, comincia a capire che indebolire D'Alema non gli sta giovando. «I vertici dei democratici di sinistra mirano a Berlusconi ma sparano a D'Alema sostiene il berlusconiano Domenico Contestabile -, vogliono liquidare il segretario della Quercia che dichiara una disponibilità al dialogo con Berlusconi». Alberto Rapisarda Allarmato anche D'Alema «Pensare di procedere per spallate referendarie significa minare la governabilità del Paese» Il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini |

Luoghi citati: La Loggia, Roma