Il fiato poetico e drammatico di Burri

Il fiato poetico e drammatico di Burri Bolzano celebra con una rassegna esemplare il grande umbro a tre anni dalla morte Il fiato poetico e drammatico di Burri Sulla linea della memoria, lotta fra dionisiaco e apollineo A BOLZANO tre anni dalla scomparsa di Alberto Burri, approda al Museo di Arte Moderna di Bolzano una mostra stringatissima ed esemplare del lavoro dell' artista umbro. La rassegna (20 opere uniche e 60 moltiplicate) si orchestra su due temi ben precisi, legati alla visione della materia e del colore, soprattutto il bianco e il nero che per l'artista sono stati indispensabili come il respiro. Per quanto riguarda il secondo tema Si può parlare di un confronto speculare tra l'opera unica e la produzione grafica, che non è subordinata né autonoma rispetto alla pittura, anzi in molti casi rimanda ad essa, e in altri addirittura sostituisce l'originale, diventando nel corso del tempo un'espressione unica dell'arte di Burri. Se guardiamo le Combustioni (1957), vediamo la materia che patisce bruciature, lacera¬ zioni, sfibramenti - inquadrarsi nella tensione tonale della superficie, in cui i colori bruni e catramosi evidenziano la loro pregnante e interna carica di «libido». E' così che entra in scena il fiato poetico e drammatico di Burri: l'artista fa agire l'usura del tempo sidla materia, determinandone la metamorfosi. Il mutamento devastante' del tempo diventa «trasformazione» che fa vivere in modo nuovo la superficie, i crateri rosi dal fuoco, e li carica di un «eros bruciante», di una perforante «malattia» romantica che confluisce in una dimensione di morte, legata anche al fatto di aver vissuto la seconda guerra mondiale e la prigionia. In queste opere torna a parlare l'Umbria mistica delle stimmate, dei sudari, dei ruvidi «paliotti» popolari. Sé nei lavori unici il cannello di fuoco trapassa la carta, il vinavil, gli acrilici, per creare abissi scuri e carbonizzati, nei fogli, realizzati all'acquaforte e acquatinta, l'effetto di combustione è ottenuto ricorrendo solo alla tecnica grafica virtuosa. Altre opere come Cretto bianco (1974), sembrano sorgere da un atto di lenta purificazione della materia. L'artista pone su un pannello di cellotex strati di caolino misti a vinavil, che esposti al calore del sole si essiccano determinando delle fenditure, chiamate «craquelé». Nascono così degli straordinari paesaggi lunari (in rilievo). Di grande qualità sono le opere «nero su nero», come Nero A (1986), in cui la cromia si riduce ai limiti della percezio- ne, tra colore opaco e colore pastoso (su cellotex), mentre i neri sembrano alludere al regno delle tenebre, o meglio a quella luce nera che i mistici hanno cantato come visione capace di rinviare un'altra luce «metafisica», che sta oltre quella reale. Nel ciclo del Sestante de) 1989 troviamo la memoria dei grandi maestri umbri del Rinascimento (pensiamo certamente al Raffaello dello Sposalizio della Vergine), un arcobaleno che ci parla di un «viaggio» pittorico sulla superficie del mon¬ do. Anche nelle serigrafie le forme biomorfe sono in continua mutazione. La lotta tra dionisiaco e apollineo si è placata: ha vinto la la calma olimpica. Marisa Vescovo La rubrica «Scegliendo tra le mostre» di Marisa Vescovo riprenderà la prossima settimana Burri Bolzano, Museo d'Arte moderna Fino al 30 agosto, ore 10-12 e 15-19 Chiuso lunedì e festivi Alberto Burri, «Combustione numero 5», acquaforte del 1965 presentata alla mostra di Bolzano

Persone citate: Alberto Burri, Burri, Marisa Vescovo

Luoghi citati: Bolzano, Umbria