L'incisore dimenticato
L'incisore dimenticato Ginevra riscopre Jacques Bellange, genio inclassificabile L'incisore dimenticato Eccentrico come El Greco e Fùssli GINEVRA Oh si sa pressoché nulla di lui, è indubbiamente uno degli artisti più mi- I stenosi e affascinanti di tutta la storia dell'arte: preziosissima dunque e quanto mai raffinata questa rassegna delle poche incisioni (una ventina) che ci rimangono di Bellange, molto noto alla sua epoca, improvvisamente cancellato da ogni repertorio. Celebratissimo nel tardo Cinquecento delle rarità da Pleiade, «volendo portare il suo nome verso l'immortahtà, come ha fatto un Apelle, uno Zeusi, un Parrasio» esagera Jean de Rossier. «Bellange è al di sopra di tutte queste altre mani» assicurava un cantore. Appariva destinato a rimare con Michelangelo, che taluni pensano lo abbia influenzato coi suoi cartoni rudi e ambiziosi. Ma basta il transitare del gusto e a metà Settecento lo si tratta disinvoltamente da «cattivo pittore e peggior incisore dell'ultimo Secolo, in cui si trovano più bizzarie che ragionevolezza, molta poca esattezza ed un pessimo gusto». Bellenge diventa un pericoloso eccentrico, un inclassificabile. Altri elenca, pedante: «Gli si rimprovera a buona ragione la posizione scorretta delle teste, la falsa-economia delle sue figure, l'incapacità del disegno nelle estremità» per quei suoi piedi allungati, caprini, «forcuti» che af¬ fliggono persino martiri e santi insospettabili. E poi soprattutto quella teatralità esplosiva, quasi parodica, da grande operista, da aria controtenorile alla Porpora. «Se vivesse ai giorni nostri si meriterebbe d'essere il corifeo della Scuola Romantica di cui ha anticipato di due secoli effetti e possenza» avverte un commen¬ tatore ottocentesco leggermente schifato. Insomma, una specie di Delacroix rocaille, di Géricault marinista: miscela esplosiva. Scorretto sì, secondo i canoni beneducati delle Accademie, ma per eccesso, per esubero di stravaganza. Con quelle sue boccucce a gondola, quei suoi drappeggi terribilmente masturbati da una febbre manierista, quelle sue figure affusolate che fan sembrare le Vergini di Parmigianino delle balie tozze e pienotte, quelle fronti bombées che paiono segnate da un forcipe floreale, quelle palpebre mandorlate che risultanto scolpite nella più cedevole margarina, quegli schiocchi di luce che diresti dei singhiozzi gitani, che sconquassano la lastra di rame (è accertato che alla corte di Lorena, che non faceva allora parte della Francia, transitavano spesso attori spagnoli) Bellange «a forza di raffinatezza cade nel ridicolo, nei gesti di parata», protesta ancora un detrattore. Dunque Bellange non è stato tanto cancellato dall'oblio come de La Tour, ma abraso dal di¬ sprezzo neoclassico. Quel che è curioso ò che tutte le fonti lo citano come pittore «gentillomme en l'état de son Altesse» e non come incisore, ma sino ad oggi non si è scoperta nessuna pittura che sia all'altezza delle sue straordinarie incisioni, in cui concentrò indubbiamente tutta la sua perizia tecnico-espressiva, forse dopo lo sfavore alla corte del duca Enrico II. E per quanto si può intuire che (pur senza viaggio in Italia) conoscesse attraverso la diffusione a stampa Rosso Fiorentino e Pontormo, il Caravaggio di Nancy (citato anche in un suo angelo annunciarne) e Goltzius e altri manieristi nordici, come Spranger, Sadeler e Bloemaert, davvero è difficile immaginare da dove Bellange traesse la sua follia diabolica e corelliana: apostoli voltati capricciosamente di schiena come vezzosi ballerini, pie donne che sembrano «tastare il deretano» (parola del curatore Michel Mason) a muscolosi armigeri, Vergini molli come ceri esposti all'insolazione, Cristi abbandonati come languide Maddalene. Sarà pur vero che il lorenese apprende dal nostro veneto Campagnola l'arte appuntita del pointillisme di sfondo, che crea atmosfera e ombreggiature. Ma col suo brunitoio e l'arte magistrale della punta-secca, inventa un pulsante vuoto striato, ombre biancastre e multifuoco, labili spermatozoi di luci incandescenti, cascatelle d'anatomie beccafumesche tra vaste plaghe di risucchi mistici ed un ritmo ondulatorio e satanico che cattura subito l'occhio dello spettatore e lo trascina in questa danza altissima e un po' abissale, perversa. Che lo apparenta a due maledetti ed eccentrici come El Greco, suo contemporaneo, e Fuessli. Marco Vallora Jacques Bellange Ginevra, Cabinet des Estampes Sino all'I I agosto Tutti i giorni dalle ore 10 alle 17 Jacques Bellange, «L'Annonciation», grande acquaforte dell'incisore vissuto fra il 1575 e il 1616. La mostra di Ginevra ripristina la fama di questo artista molto ammirato nella sua epoca ma più tardi misteriosamente cancellato dalla scena europea
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