LA SOLIDARIETÀ' SEPOLTA DALL'INCERTEZZA di Ferdinando Camon

LA SOLIDARIETÀ' SEPOLTA DALL'INCERTEZZA MAI PIÙ' «BRAVA GENTE» LA SOLIDARIETÀ' SEPOLTA DALL'INCERTEZZA UN centinaio e mezzo di immigrati tunisini e marocchini a Lampedusa sono li da 12 giorni, chiusi in poco spazio, dietro un portone di ferro e un reticolato, come prigionieri di guerra, guardati a vista da poliziotti armati: in tutto questo tempo non hanno mai ricevuto un pasto caldo, una minestra, una bistecca, scarseggia perfino l'acqua per lavarsi, e ieri sera due di loro si sono azzuffati nella polvere come cani per un panino. Il clima è quello di una sommossa che può scoppiare da un momento all'altro. Immensa la differenza dal trattamento che ricevevano i primi extracomunitari che giungevano in Italia, quando era tutta una gara: minestra, cotoletta nel panino, letti e biancheria. Le crocerossine si lamentavano perché dovevano fare tutto loro, gli immigrati si comportavano come ospiti di un albergo, mentre potevano almeno dare una mano. Quel clima è morto. Non rinascerà mai più. E' il più brutto risultato della politica dell'incertezza. Finora quelli che giungevano per mare venivano considerati come vittime (della guerra, della persecuzione, del crollo del comunismo, del fallimento del federalismo jugoslavo...), adesso sono trattati come nemici, con una paura che sta diventando ostilità. La mancanza di programmi e di decisioni ha prodotto un risultato imprevisto e pericoloso, che peggiora il nostro popolo: ha ucciso la solidarietà. Appena partiti dalla Tunisia o dal Marocco, gli immigrati non sono più della Tunisia e del Marocco (che non li rivogliono indietro), e non saranno mai dell'Italia e dell'Europa. La partenza, che fino a ieri sentivano come la soluzione della vita, diventa un disastro. Il guaio è che nessuno ha il coraggio di mostrarlo chiaramente. Da tutte le sponde del Mediterraneo quelli che restano vedono quelli che partono, che arrivano, che alzano le dita a V, che anche se bloccati e respinti avvertono: «Torneremo». Con la sua reticenza, la tv alimenta l'esodo. Ieri abbiamo visto una trattativa in mare: un barcone con 60 tunisini viene intercettato e seguito poco dopo la partenza, ma le autorità tunisine, avvertite da quelle italiane, non fanno niente per fermarlo. Per il Paese che lasciano sono un peso in meno, per l'Italia dove arrivano sono un pericolo in più. Perciò sono un potente strumento di ricatto. I Paesi di partenza vogliono aiuti, miliardi, trattati, sovvenzioni: far salpare i barconi è un modo per premere sulle trattative, accelerarle, migliorarle. La gente in Italia comincia a rendersi conto del ricatto: il disagio che partirà (a Lampedusa e Pantelleria il turismo sta morendo) non è l'inevitabile conseguenza delle disgrazie altrui, ma dell'impotenza delle direttive e delle decisioni. I disperati che rischiano la vita sui barconi da vittime della miseria sono diventati vittime della politica. Tanto vale spiegarlo in tv, ai loro connazionali. Mostrare non gli sbarchi, ma i reimbarchi. Nessuno ha mostrato la rissa per il panino nel campo di prigionia: il barcone che viaggiava ieri sera è partito anche per questo. Gli italiani erano «brava gente». Gli è piombata addosso una tal montagna di problemi, che tanto brava questa gente non è più. Ferdinando Camon