Immigrati, trattativa-beffa in mare
Immigrati, trattativa-beffa in mare Lampedusa: prima le autorità di Sfax accettano di riprendere la barca con 89 persone, poi cambiano idea Immigrati, trattativa-beffa in mare Dirti accusa: Tunisi troppo tollerante con i clandestini LAMPEDUSA NOSTRO SERVIZIO Sotto un sole spietato, per sei oro ieri pomeriggio nel Canale di Sicilia la Guardia costiera di Lampedusa ha trattato con quella tunisina perché facesse tornare indietro una barca di 13 metri con ammassati 89 clandestini nordafricani, bloccata alle 14 al confine delle acque territoriali. Poco prima delle 20 la deludente conclusione: con l'amaro sapore della beffa per l'Italia che, tra l'altro, ha appena destinato 45 miliardi per aiuti economici e supporti tecnologici da fornire a Tunisia, Marocco e Algeria purché blocchino il flusso migratorio. I clandestini in serata sono stati scortati a Lampedusa. Non vi erano alternative: sarebbe stato disumano abbandonarli in mezzo al mare. Verso le 16 il comandante di una vedetta tunisina aveva comunicato alla Guardia Costiera italiana di aver ricevuto il via libera dai suoi superiori perché i clandestini lo seguissero a Sfax. Ma poi l'ordine, evidentemente, è stato revocato. Le snervanti trattative tra la Guardia costiera italiana e quella tunisina si sono svolte al confine delle acque territoriali, 22 miglia a Sud-Ovest di Lampedusa.Hanno esultato i clandestini quando hanno appreso che non sarebbero stati ricondotti in Tunisia. In zona era confluita anche la corvetta «Lavinia», una delle unità della nostra Marina che pattugliano il Canale di Sicilia. Ma non cala il malcontento dei 147 nordafricani nel Centro di accoglienza di Lampedusa dove sono trattenuti da 13 giorni in attesa che ne sia stabilita la vera nazionalità. La situazione rischia di farsi sempre più allarmante. La tensione, sabato sera, è esplosa al punto da far temere una vera e propria ri- I temere una vera e propria ri bellione. La scintilla l'ha accesa un pregiudicato tunisino, pare scarcerato da poco dopo una condanna a 17 anni, che pretendeva un panino da un connazionale. Dalla lite alla rissa, con il coinvolgimento di altri clandestini, si è fatto presto. Sono dovuti intervenire poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa. Non è stato ancora fugato del tutto il sospetto che sia stata la prova generale di una rivolta, i clandestini forse vogliono alzare la tensione per ottenere il trasferimento ad Agrigento, dove avrebbero più possibilità di far perdere le loro possibilità di far perdere le loro tracce. Nel Centro di accoglien za lampedusano non si contano i sabotaggi e i danneggiamenti attuati dai clandestini per tentare di renderlo inefficiente: sono stati otturati i water, conseguenze igieniche facilmente immaginàbili. Per tutta risposta, le autorità italiane, che stavolta sembrano intenzionate a tener duro, non stanno facendo concessioni. Così niente pasti caldi, né biancheria di ricambio e solo da venerdì i 147 hanno avuto saponi e detersivi per lavarsi. Se si considerano il caldo insoppor¬ tabile, con picchi di 40 gradi e tabile, con picchi di 40 gradi e l'angustia dei locali ricavati in containers, è possibile comprendere quale sia la situazione. Due dei 147 insistono per ottenere asilo politico; uno di essi sta facendo lo sciopero della farne e ieri è stato accompagnato in ospedale con un principio di disidratazione. Le Acli che hanno ricevuto la segnalazione hanno interessato la Farnesina. I due, universitari, si dichiarano aderenti al movimento islamico Hannada e sostengono di essere fuggiti dalla Tunisia per sottrarsi alle indagini sugli irredentisti islamici. Altri fra i 147 sarebbero ricer- Altri fra i 147 sarebbero ricercati nel loro Paese per vari reati e avrebbero quindi deciso di confondersi tra gli immigrati per passarla liscia. Qualcuno riesce a telefonare a casa dalle cabine installate nel Centro di accoglienza, con schede regalate da qualche poliziotto, mosso a pietà. E dopo quel che è accaduto sabato sera, l'unica donna che era nel Centro lampedusano, Fatima, 20 anni, di Casablanca, tenuta separata dagli uomini, ieri mattina è stata fatta salire su un traghetto diretto a Porto Empedocle per raggiungere il Centro di accoglienza, dalla Centro di accoglienza, dalla scorsa settimana aperto in tempo di record ad Agrigento. Qui si sono altre dieci clandestine. Graziosa, occhi vivacissimi, pantaloni che una volta erano bianchi, Fatima ha detto che l'attende in Emilia-Romagna un'amica che lì si è perfettamente integrata e, chissà, potrebbe trovarle un lavoro. «Mi sono separata da mio marito che mi picchiava trattandomi da schiava. In Marocco le donne non sono considerate», ha raccontato Fatima. Antonio Ravidà I marinai della Guardia Costiera lanciano bottiglie di acqua ai clandestini
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