Dini: un blitz? Irragionevole di Maurizio Molinari

Dini: un blitz? Irragionevole Dini: un blitz? Irragionevole «C'è un conflitto non un genocidio» L'INTERVENTO DELL'EUROPA RABAT DAL NOSTRO INVIATO L'Italia è contraria all'invio di truppe della Nato in Kosovo «dove non è m corso un genocidio» e ritiene invece che l'unica via percorribile per evitare il peggio resti quella dell'impegno della comunità internazionale a favore del negoziato serbo-albanese per decidere il futuro status della regione di Pristina. Lo ha spiegato il ministro degli Esteri, Lamberto Bini, conversando con i giornalisti sull'aereo che ieri sera lo ha portato il Marocco. «Bisogna perseguire l'intesa fra le parti affinchè prevalga la ragione - ha detto il capo della Farnesina - e quindi non c'è nessuna ragione per inviare truppe in quella regione che rientra nei confini della Serbia, che è uno Stato sovrano che deve essere rispettato in quanto tale. Prendere una simile decisione significherebbe dichiarargli guerra». L'Italia in sede di Alleanza Atlantica propende invece per un'altra so- azione logistico-strategica fra quelle già varate dalla task force di esperti militari: «Il rafforzamento dello spiegamento delle truppe già dislocate lungo i confini di Albania e Macedonia spiega Dini - darebbe le garanzie necessarie contro una pericolosa propagazione della crisi». La Farnesina insomma teme che l'incendio albanese si diffonda pericolosamente nel cuore dei Balcani e quindi sceglie la prudenza senza mettere voce fra Belgrado e Pristina. Dini respinge però le accuse di chi imputa all'Italia un profilo troppo basso sul Kosovo e, so- prattutto, non abbastanza energico nei confronti della Serbia del presidente Slobodan Milosevic. In primo luogo, sottolinea Dini, bisogna chiarire alcuni punti: dentro i confini del Kosovo «non è in atto un genocidio ma un conflitto» e poi «sebbene le considerazioni di ordine morale mantengano tutta la loro importanza, non si può affennare la necessità di scatenare una guerra per ragioni morali». A Roma insomma continua a prevalere la linea della realpolitik. Dopo i messaggi inviati a Milosevic, i contatti con Mosca ed il colloquio romano con il collega albanese Paskal Milo, Dini hivita alla «cautela» nel giudicare i fatti del Kosovo dove la leadership del moderato Ibrahim Rugova vacilla. «Bisogna stare bene attenti - dice perchè l'esercito di liberazione del Kosovo si è spaccato in quattro ed oggi è assai difficile affermare cosa sia realmente il Kosovo e chi lo rappresenti. Non si può pensare di decidere un intervento armato se non è chiaro per chi, contro chi farlo». In questa situazione alla comunità internazionale «non resta che spingere le parti a trovarsi ed incontrarsi per far proghedire i negoziati e soprattutto far interrom¬ pere le violenze». Ma la situazione, secondo il governo italiano, poteva anche avere un'evoluzione diversa a Pristina «se si fosse ripetuto il precedente albanese» con un'iniziativa di intervento militare poi garantita da un voto del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. «Ma questo non è avvenuto e quindi l'intervento non si può fare» ribadisce il ministro degli Esteri con un chiaro accenno al veto posto dalla diplomazia del Cremlino a qualsiasi tipo di azione contro la Serbia di Slobodan Milosevic. Maurizio Molinari Nella foto grande donne e bambini del Kosovo in fuga davanti alla avanzata delle truppe serbe che stanno cercando di cancellare le ultime sacche di resistenza dei ribelli Il ministro degli Esteri Lamberto Dini