Un angelo della morie vestito da infermiera

Un angelo della morie vestito da infermiera Ha aiutato a morire 30 pazienti Un angelo della morie vestito da infermiera Scoperta, ha tentato di togliersi la vita Al processo i giudici l'hanno assolta PARIGI. Non era un «mostro», non agiva per danaro e tantomeno per soddisfare inconfessabili istinti sadici. Il suo movente era «umanitario», ammesso che si possa usare questo termine per definire il comportamento di Christine Malèvre, una giovane (28 anni) infermiera francese che in un anno e mezzo ha «aiutato a morire» una trentina di pazienti, tutti anziani, tutti affetti da malattie incurabili e in fase terminale. I giornali e la tv non hanno resistito alla tentazione di presentarla come «l'angelo della morte», ma si sono guardati bene dal condannarla. Persino i giudici che l'hanno incriminata le hanno riconosciuto le attenuanti e l'hanno lasciata in libertà, sia pure sotto stretto controllo giudiziario. «Non ha agito per interesse personale», ha dichiarato un magistrato, «non la si può paragonare alle infermiere mminaU e/o sadiche che di tanto in tanto irrompono nella cronaca». Quando era stata smascherata, nello scorso maggio, la giovane donna aveva tentato di togliersi la vita, era stata salvata in extremis dai medici dello stesso centro ospedaliero «Frangois Quesnay» di Mantes-La-Jolie (40 km a Ovest di Parigi, vicino a Versailles) dove prestava servizio dal 1995. Questo ennesimo dramma dell'eutanasia, le cui circostanze sono state svelate solo ieri, ha suscitato una profonda emozione in Francia, anche perché sono anni che si discute, con passione e tra polemiche roventi, su un tema che non lascia nessuno indifferente. Una parte dell'opinione pubblica e numerosi medici hanno ripetutamente sollecitato il governo e il Parlamento affinché il problema dell'eutanasia (sul quale la legislazione transalpina è praticamente inesistente) venga affrontato seriamente. Sono molti i francesi i quali ritengono che ai malati incurabili che lo chiedono espressamente (oppure se la richiesta viene avanzata dai familiari, nel caso in cui i pazienti in fase terminale non siano più in grado di inten¬ dere) venga concessa la possibilità di morire serenamente, senza inutili sofferenze. A condizione, ovviamente, che l'eutanasia sia praticata sotto la responsabilità dei medici, come stabiliscono le legislazioni (più avanzate?) di altri Paesi, in particolare l'Olanda. Si capisce che nessuno se la senta di condannare la giovane infermiera. Il problema è più morale che penale: davanti ai giudici, Christine Malèvre ha ammesso senza reticenze di aver eccettato, tra l'inizio del 1997 e il maggio 1998, di porre fine a sofferenze inutili e intollerabili, sempre su richiesta delle famiglie e spesso degli stessi malati. La direzione dell'ospedale mantiene il massimo riserbo sulla vicenda. Alcuni medici si sono detti «costernati», ma ieri, dopo la notizia dell'incriminazione per «omicidi plurimi volontari», l'infermiera ha ricevuto decine di messaggi di solidarietà. Nessuna famiglia dei pazienti ha voluto denunciarla, e anzi molte hanno tenuto ad esprimerle la loro «riconoscenza». In un'intervista a «Le Monde», il ministro della Sanità Bernard Kouchner (che è stato uno dei fondatori di «Medici senza frontiere») ha detto che occorre evitare ogni «giudizio affrettato». «Non vorrei che l'infermiera si sentisse sola, come hanno dovuto sentirsi soli i malati», ha aggiunto, spiegando che la Francia «è molto in ritardo» (rispetto ad altri Paesi europei) sui «problemi fondamentali legati alla fine della vita». Nel 1990, il professor Leon Schwartzenberg (un famoso oncologo che è stato, per un breve periodo, ministro della Sanità) aveva fatto scandalo rivelando di aver praticato l'eutanasia su una sua paziente, ed era stato sospeso per un anno dall'ordine dei medici. Secondo uno studio recentemente pubblicato su una rivista specializzata, quasi la metà dei decessi nei reparti di rianimazione degli ospedali francesi è causa dall'arresto delle cure. Un eufemismo che sta per «eutanasia». Enrico Molinari I PRECEDENTI 1992, AUSTRIA: all'ospedale Lainz di Vienna, quattro infermiere - Waltraud Wagner, Irene Leidolf, Stefania Mayer e Marie Gruber - furono condannate (le prime due all'ergastolo, le altre a 20 e 12 anni) per 42 omicidi: avevano ucciso malati incurabili con metodi crudeli (asfissia, strangolamento). 1989, GERMANIA: a Wuppertal, l'infermiera Michaela Roeder fu condannata per aver avvelenato 1 7 pazienti in fase terminale. 1978, BELGIO: suor Godfrieda, infermiera e tossicodipendente, impiegata in un ospizio per vecchi a Gand, fu riconosciuta colpevole di aver ucciso, con iniezioni di insulina, una trentina di anziani.

Persone citate: Bernard Kouchner, Christine Malèvre, Enrico Molinari I, Irene Leidolf, Jolie, Leon Schwartzenberg, Marie Gruber, Michaela Roeder, Stefania Mayer

Luoghi citati: Austria, Belgio, Francia, Germania, Olanda, Parigi, Versailles, Vienna