La guerra di Rusty, il solitario

La guerra di Rusty, il solitario PERSONAGGIO UN KILLER NEL PALAZZO La guerra di Rusty, il solitario Storia esemplare di un folle ribelle americano PNEW YORK IO VE, governo ladro». Cercavano un movente che spiegasse perché, un venerdì pomeriggio d'estate, un uomo è entrato nel cuore del governo federale d'America, imbracciando un fucile, uccidendo due agenti e ferendo una turista. Semplice: aveva piovuto e il «governo ladro» meritava la vendetta di Russell Eugene Watson Jr., detto Rusty (rugginoso) per via dei capelli rossi: un altro ex obeso, un altro fratello minore di Unabomber, un altro solitario inferocito, uno che fa strage di gatti, minaccia presidenti e che l'Fbi classifica «leggermente a rischio», una stuttura sanitaria dichiara «non più pericoloso» e a cui la legge conferisce il sacrosanto diritto di girare armato. Con il risultato che, se prende la pioggia in testa, fa un massacro. Ne aveva presa tanta, nel 1993, quando il Mississippi uscì di malumore dal suo letto e andò a sommergere tutto quel che trovava sul percorso, inclusa la deliziosa cittadina di Valmeyer, Illinois, 900 abitanti, un tempo situata a duecento metri sul livello del mare, improvvisamente ritrovatasi a sette metri sotto quello del fiume. Fu dichiarato lo stato di calamità, intervenne la Federai Emergency Management Agency (F.E.M.A.), fece nulla. La città venne ribattezzata Femaville. I suoi residenti sfollarono e vissero altrove per tre anni, mentre attendevano la ricostruzione. Quando tornarono alle proprie case trovarono il conto da pagare, in tasse aumentate di 400 dollari l'anno. Si infuriarono, tutti quanti. Uno specialmente: Rusty. All'epoca aveva già traslocato a Rimini, Montana. E basterebbe il nome per dire dell'improbabilità. Trattasi di città fantasma, dove un tempo sorgeva una miniera. La strada asfaltata è a otto chilometri. Lì, ci sono solo capanne di legno nei boschi. Quella dove viveva Theodore Kaczynsky, «in arte» Unabomber, è a una quarantina di chilometri. Lì, nell'estate del '96, arrivarono due agenti federali per interrogare Rusty. Era giunta una segnalazione: qualcuno minacciava pubblicamente di colpire il governo e il presidente perché «non avevano fermato la pioggia». I federali aprirono un fascicolo e ci misero dentro tutte le informazioni raccolte. Nome: Russell Eugene Weston. Età: 39. Professione: nessuna, vive con il sussidio federale per i disabili, poiché ha sofferto malattie mentali. Qualcuno deve aver commentato, profeticamente: questo lo manteniamo noi e ci vuole pure sparare addosso. In- fanzia: trascorsa nell'Illinois, segnata dalla grassezza che lo ha reso introverso ed emarginato. Precedenti: nell'86 denuncia una vecchietta, sostenendo che tre anni prima lo ha preso a bastonate provocandogli lesioni fisiche permanenti. Lo sceriffo testimonia che la nonna in questione usa il bastone per camminare, non riuscirebbe mai a sollevarlo sopra la testa e, se lo facesse, crollereb¬ be per mancanza di appoggi. Rusty denuncia anche lo sceriffo, sostenendo che si è fatto corrompere in cambio di un equipaggiamento da minatore sottocosto. La vecchietta e lo sceriffo sono i primi tasselli di un grande complotto contro Rusty Weston. Sconfitto in tribunale, vive una parentesi da hippy fuori tempo massimo: va in giro vestito di pelle nera, la sua stessa pelle assume colora¬ zioni sospette perché smette di lavarsi, viene fermato nel '91 con l'accusa di spaccio di droga, ma rilasciato. Nel '93, l'inondazione lo spinge a Rimini, Montana, dove è un boss dell'immobiliare, possedendo ben tre baracche. In una, si stabilisce. La circonda di carcasse di automobili. Nel retro parcheggia il suo furgone Chevrolet rosso. A differnza di Kaczynsky, installa un impianto elettrico. La capanna più vicina alla sua è a cinquecento metri. Ci abita, dal 1959, un uomo di nome Ken Moore. Conduce una vita appartata, va a caccia, la sera guarda la tv grazie al satellite che ha fatto montare. Un giorno vede Rusty che parla da solo di fronte al padellone. Dice: «Sono qui, lo so che mi tenete d'occhio, cosa credete? Non sono un cretino, io. Avete montato questa attrezzatura per potermi spiare, ma io sono più furbo di voi, controllatemi pure, colpirò quando meno ve lo aspetterete». Moore tira le tendine e prende nota. Qualche tempo dopo vede Rusty camminare con grande cautela nel retro della sua abitazione, sondando il terreno con un metal detector. «L'oro è finito», gli dice sorridendo. «Non cerco pepite, cerco mine», è la replica. «La Cia è venuta qui di notte a seminarmi il campo di mine anti-uomo», è la spiegazione. I federali chiusero il fascicolo. Erano arrivati a Rimini, Montana. Andarono a fare quattro chiacchiere con Rusty e i suoi vicini. Tutti dissero: «E' un solitario», sottintendendo: è un perico- lo pubblico. «Loners are losers» (i solitari sono perdenti) diceva Frank Sinatra. «Loners are killers», pensa la gente in America, secondo un diffuso pregiudizio che, se corroborato dal possesso di una baracca nel Montana, di una Smith &• Wesson calibro 38 e di una mappa dettagliata degli uffici governativi a Washington, può essere azzeccato. Gli agenti, abituati a vedere di tutto, classificarono Rusty come elemento «leggermente a rischio» e lo inserirono nel loro computer, dove la categoria contiene più nomi dell'elenco telefonico di New York. Li confortò l'illuminata diagnosi dell'ospedale per malattie mentali di Helena, Montana, che aveva tenuto Rusty sotto osservazione per 53 giorni, poi l'aveva dimesso dichiarandolo «non più pericoloso». Nel pomeriggio di giovedì, benché non ci fosse segno di pioggia all'orizzonte, Rusty ha nuovamente stramaledetto il governo, forse attribuendogli la colpa dell'ondata di afa, ha preso la pistola del padre, fatto fuori una dozzina di gatti per allenarsi, poi è salito sul suo furgone ed è calato su Washington come un angelo vendicatore. «E' un'anima travagliata», ha commentato la sua maestra elementare. Pacificate, invece, le anime dei due agenti che ha ucciso. Ora, se non li seguirà all'altro mondo, si apriranno per lui le porte del supercarcere federale di Terre Haute, Indiana, dove, in compagnia di Unabomber, Tymothy Me Veigh (l'attentatore di Oklahoma City) e un'altra sporca dozzina, attenderà la presumibile sentenza di condanna a morte. Una videocamera seguirà, questa volta davvero, ogni suo movimento. Si alzerà dal letto fissato alla parete e si avvierà alla fessura che chiamano finestra per vedere scendere la pioggia e maledire, ancora, il governo che non la sa fermare, mentre cade sull'America, su tutte le città gemelle di Rhnini, Montana, fertilizzando il suolo da cui sbocceranno altri solitari assassini di gatti e poliziotti, motivati dal maltempo che travaglia le loro anime. Gabriele Romagnoli Viveva in una capanna nei boschi si è allenato uccidendo i gatti e poi è partito per Washington

Persone citate: Frank Sinatra, Gabriele Romagnoli, Moore, Russell Eugene Watson, Russell Eugene Weston, Rusty Weston, Theodore Kaczynsky