Cambogia, un voto per cancellare Pol Pot

Cambogia, un voto per cancellare Pol Pot 139 partiti si son disputati i favori popolari con parate e donazioni di biglietti di banca Cambogia, un voto per cancellare Pol Pot // comunista Hun Sen contro il figlio di Sihanouk LPHNOM PENH A campagna elettorale, in questo regno impoverito da anni di guerra e di massacri non dimenticati, ha avuto aspetti da festa popolare. Le parate dei 39 partiti noti e meno noti che brigano per ottenere oggi i suffragi di oltre cinque milioni di elettori, si sono svolte di preferenza al mattino, nelle ore più fresche. Distribuzioni gratuite di magliette, di biglietti blu da cinquemila «riel» (duemila lire), di sigarette, di stoffe o di sale compensano i ben magri affari. Già colpiti dalla coppa del mondo di calcio, trasmessa nelle ore notturne, i piccoli commercianti attendono che lo scrutinio elettorale passi, con la speranza che non rilanci le tensioni politiche dell'anno scorso. Si tratta delle prime elezioni dopo l'intervento dell'Orni (1992-93). Se il banditismo armato persiste, vero è che dopo la morte di Poi Pot, in aprile, il regno ha ritrovato la pace. Assai più calma rispetto a quella del 1993, la campagna elettorale è stata giudicata «ampiamente rappresentativa» dai Paesi del gruppo congiunto di osservatori internazionali. Secondo Washington, il clima è stato «il migliore possibile», malgrado le «imperfezioni». Se lo scrutinio non sarà inficiato da irregolarità, le elezioni dovrebbero portare ad una nuova coalizione di governo. I cambogiani, che mostrano una reale passione elettorale (96% di elettori si sono registrati), respirano e, allo stesso tempo, si spaventano facilmente. A Phnbm Penh è bastato che una voce senza fondamento annunciasse un attentato, il 19 luglio, perché il traffico cessasse e la gente facesse provviste di riso. A causa dei violenti attacchi dei tenori dell'opposizione contro di loro, i rappresentanti della forte comunità vietnamita, almeno quelli di loro che hanno i mezzi, sono partiti per mettersi provvisoriamente al riparo nel loro Paese d'origine. In ogni caso, coi tempi che corrono, non riescono a trovare alcun lavoro. L'arrivo di circa 500 osservatori stranieri, di cui 387 dell'Unione europea, contribuisce però a rianimare i grandi alberghi, due dei quali hanno aperto di recente: l'Intercontinental e il restaurato Le Royal. Dopo Haiti o la Bosnia, il Mozambico o la Namibia, questi osservatori si trovano ora in Cambogia, dove alcuni di essi erano già venuti nel 1992-93 nel quadro dell'Autorità provvisoria delle Nazioni Unite. La loro presenza ha contribuito ad accreditare l'idea secondo cui queste elezioni si manterranno nel solco di quelle organizzate dall'Organizzazione internazionale in Cambogia nel maggio del 1993, grazie alla pre- senza di quindicimila caschi blu ed un costo superiore ai due miliardi di dollari. Stavolta, però, il conto non supera i 30 milioni di dollari. Al di là del baccano dei cortei e dei comizi elettorali, ci sono meno novità di quanto non si dica. I partiti non hanno proposto che programmi vaghi: le dispute tra i vari personaggi dominano il dibattito. Non si parla più di boicottaggio dello scrutinio, ma ciascuno si riserva il diritto di denunciarne poi l'irregolarità, soprattutto in caso di risultato svantaggioso. Installatosi a Siam Reap, alle porte di Angkor, il re Norodom Sihanouk ha scelto una silenziosa neutralità, an¬ che se il partito di suo figlio, il principe Norodom Ranariddh, beneficia del prestigio della monarchia. Malgrado gli effetti negativi dell'usura di 19 anni al potere, della corruzione della sua amministrazione e del pietoso stato dell'economia, Hun Sen e il suo Partito del popolo cambogiano (Ppc) mostrano una relativa serenità. Dopo essere stato operato d'appendicite, il 17 luglio, colui che spesso viene presentato all'estero come il «cattivo» della storia, si riposa e tace. Il banditismo armato sarà pure un problema serissimo, ma la pace regna in Cambogia dalla defezione, in marzo, dei cinquemila Khmer rossi di Anlong Veng (saranno ammessi a votare) e dalla morte di Poi Pot in aprile. Hun Sen, giocatore di scacchi e non di poker, scommetterebbe almeno su 60 dei 122 seggi dell'Assemblea nazionale. Ma anche se il Ppc non ne ottenesse che una cinquantina, sarebbe praticamente sicuro di formare il prossimo governo, perché i due principali movimenti d'opposizione, il Funcinpec del principe Ranariddh e il Partito Sam Rainsy, uniti nel 1993 (58 deputati), nella migliore delle ipotesi si divideranno il resto. Visto che nessun partito sembra in grado di ottenere la maggioranza qualificata dei due terzi (82 seggi), la formazione di un governo di coalizione appare ineluttabile. Ma con la differenza, rispetto al 1993, che stavolta ci sarà un solo primo ministro, e non due (all'epoca Norodom Ranariddh e Hun Sen si erano divisi questa funzione). Un sistema proporzionale a un solo turno, ! corretto a livello provinciale, dovrebbe fare il gioco delle grandi coalizioni, lasciando solo qualche seggio ai partiti satelliti. Le speculazioni dunque corrono. Semmai il Funcinpec dovesse vincere, dovrebbe trovare un terreno d'intesa con il Ppc, unico partito a controllare i militari e l'amministrazione pubblica. Anche in questo improbabile caso, dunque, il Ppc manterrebbe i piedi nel piatto, anche se la tensione potrebbe essere alta. Se invece il Ppc uscirà vittorioso, Hun Sen sarà a capo di un governo formato di preferenza con l'appoggio del Funcinpec, e il principe Ranariddh si terrà al coperto. Altri scenari, meno probabili, si fondano sul Partito Sam Rainsy, che secondo alcuni avrà una buona penetrazione elettorale. Jean-Claude Pomonti Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» Sono stati ammessi al voto anche i cinquemila khmer rossi che hanno disertato a marzo Resta il banditismo Ma dalla morte del «macellaio» non si spara più Giovani donne manifestano su un camion il loro appoggio a Sam Rainsy A lato, monaci buddisti manifestano por auspicare elezioni pacifiche presso il monumento all'indipendenza

Luoghi citati: Cambogia, Haiti, Italia, Phnbm Penh, Washington