Lavoro, tiro incrociato sul governo di Raffaello Masci

Lavoro, tiro incrociato sul governo Il Polo minaccia di scendere in piazza a settembre, Nesi: giusto lo sciopero generale Lavoro, tiro incrociato sul governo Napolitano alla polizia: moderazione ROMA. La disoccupazione non va in vacanza, bisogna dunque agire presto se non si vuole alzare lo scontro sociale. Per questo i tempi «ragionevoli» che il governo prospetta - «a settembre ce la faremo» aveva detto Prodi, «l'autunno caldo lo raffredderemo se lavoreremo bene» - non lasciano tranquillo nessuno. Il primo a non stare tranquillo deve essere proprio il governo, cui Rifondazione ha dato l'aut-aut in occasione della Finanziaria, se non ci sarà una risposta tempestiva: «Si aggrava la situazione del lavoro e dell'occupazione e il governo dà delle risposte in termini di ordine pubblico - ha detto Bertinotti - questo non va bene». Veltroni ha replicato con un invito ad «abbassare la tensione politica» ma, per tutta risposta, Nerio Nesi ha parlato subito di «sciopero generale». Ma contro il governo della «disoccupazione» spara anche il Polo. Berlusconi, Casini e Fini hanno denunciato «l'inettitudine» dell'esecutivo a dare risposte alle «famiglie colpite» dalla mancanza di lavoro. Per questo a settembre l'opposizione organizzerà una «grande manifestazione nazionale» per chiedere «meno tasse sul la¬ voro, meno tasse sulle imprese, meno egoismi corporativi e più flessibilità». Non stanno tranquilli neppure i disoccupati di Napoli che due giorni fa avevano inscenato una manifestazione con scontri di piazza. «Siamo esasperati» hanno gridato ieri e, con riferimento al mancato incontro con il ministro Treu, hanno detto che «è incivile sottrarsi a un confronto». Ma, in realtà, un appuntamento lo avranno mercoledì con la sottosegretaria al Lavoro, Gasparrini. L'esasperazione di cui parlano i disoccupati napoletani pone anche una istanza etica di giustizia, ha ricordato l'Osservatore Romano: «Gli incidenti, a parte qualche intemperanza, sostanzialmente non chiedono che pane e lavoro (sembra di essere tornati indietro nel tempo) e non possono mancare di attrarre l'attenzione sulla drammatica situazione occupazionale, soprattutto nel Mezzogiorno». Anche il portavoce dei Verdi, Luigi Manconi ha detto al governo che sostiene che «i cittadini che chiedono lavoro non possono essere trattati come delinquenti pericolosi. Una politica dell'ordine pubblico del governo dell'Ulivo deve consi¬ derare lo strumento della repressione solo come una extrema ratio a cui ricorrere». Non vuole aspettare settembre nemmeno Andrea Pininfarina, presidente di Federmeccanica, che ha ricordato come lo slittamento all'autunno della revisione degli accordi sul costo del lavoro sia un errore, perché allora ci sarà da varare la finanziaria e quindi si posticiperà ancora ogni intesa, mentre il contratto in scadenza dei metalmeccanici dovrà essere rinnovato in un contesto non più regolato da un accordo «concertato». Un pasticcio nel pasticcio, insomma. E non possono attendere il «dopo-vacanze» neppure i sindacati i quali, da una parte sono pressati dalla base «esasperata», e dall'altra rischiano di farsi scippare la leadership del movimento sindacale da Rifondazione che ha già chiesto di fare causa comune con loro sulla questione lavoro. Sergio Cofferati ha rifiutato la profferta - «Non parliamo neppure di questo», ha detto - così come ha fatto Sergio D'Antoni, il quale ha ricordato a Bertinotti che «è compito del sindacato e non di altri intestarsi le lotte per il lavoro e l'occupazione». Ma la «prudenza» rischia di essere una virtù pericolosa per la triplice sindacale, e quindi lo spazio «di lotta» che D'Antoni rivendica potrebbe venirgli, nei fatti, sottratto da Rifondazione. Cgil, Cisl e Uil, per esempio, non hanno sciolto la riserva sulla strategia che intendono adottare per alzare il tono del conflitto sociale sui temi del lavoro. Lasciando pieno campo al Prc. D'Antoni, infatti, in una intervista a La Repubblica ha detto che «lo sciopero generale potrebbe costituire una iniziativa per recuperare il disagio e dare risposte se non ci saranno fatti nuovi». Ma Sergio Cofferati l'ha «stoppato»; «Lo sciopero non può essere uno strumento da agitare in astratto, ci deve essere un rapporto tra l'obiettivo dello sciopero e la volontà di farlo». In tutta questa disputa Rifondazione è andata giù diretta e determinata: «Noi siamo - ha detto Nerio Nesi, responsabile economico del Prc - tra quelli che ritengono opportuno fare uno sciopero generale». Raffaello Masci m Il presidente del Consiglio Romano Prodi

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