A Papua tomba comune nel

A Papua tomba comune nel Ancora tremila i dispersi, emergenza epidemie. La laguna fatta saltare perché venga sepolta dalle acque A Papua tomba comune nel Troppi morti, i cadaveri lasciati agli squali PORT MORESBY. Un cimitero a cielo aperto lungo trenta chilometri, con i cadaveri che galleggiano sull'acqua o marciscono sulle rive, preda di alligatori e squali. Di fronte, il mare: innocue onde di 4 metri a ricordare che queste acque, ora tornate all'apparenza tranquille, una settimana fa hanno scatenato l'Apocalisse. I sopravvissuti al gigantesco «tsunami» generato da un terremoto sottomarino, un muro d'acqua che ha proiettato distruzione e morte sulle coste Nord-orientale della Papua Nuova Guinea sono fuggiti all'interno dell'isola. Ma i sismologi rimangono all'erta: le probabilità che ci sia un'ulteriore, importante attività sismica e che si scateni una nuova, spaventosa onda killer si aggirano sul 50 per cento. Ora un secondo nemico si sta sviluppando dalle viscere del cataclisma: si chiama epidemia. E per combatterlo, il recupero dei corpi non basta più. Dove c'erano sette villaggi immersi in una fitta vegetazione di mangrovie è rimasta una distesa di detriti e relitti con migliaia di corpi in decomposizione. Ieri le autorità hanno deciso di interrompere il recupero delle salme nella laguna dei morti di Sissano e hanno dichiarato «off limits» tutta la zona colpita. Alla natura il compito di fare da «spazzino biologico». E' solo il primo passo. Una volta dichiarata tutta la costa come «fossa comune», è molto probabile che successivamente i suoi argini vengano fatti saltare per unire le acque stagnanti con quelle del mare. Secondo il quotidiano «The National», l'esercito australiano è già stato incaricato di piazzare le mine. In un primo tempo l'intenzione delle autorità era solamente quella di chiù- dere la zona e di lasciare passare il tempo necessario alla decomposizione naturale dei cadaveri. Adesso però l'altissimo rischio di epidemie avrebbe convinto i funzionari a «congiungere» laguna e mare. «Alcuni di questi corpi sono molto deteriorati», ha spiegato il colonnello Rod West, comandante dell'esercito australiano per i soccorsi in Papua Nuova Guinea. Centinaia di salme sono incagliate tra il fitto della vegetazione e irraggiungibili. «Il progetto è quello di sigillare l'area e lasciare che la natura faccia il suo corso con il movimento della laguna, i coccodrilli e gli squali. Non c'è, altra scelta», ha concluso. Il mare ha sospinto una trentina di corpi a circa 40 chilometri dal luogo del disastro, nella provincia indonesiana di Irian Jaya, sull'altra metà dell'isola, dove sono stati ripescati ieri mattina. Intanto l'ufficio del primo ministro, Bill Skates, ha reso noto che il numero dei cadaveri recuperati è di 1500. Sono ancora circa 3 mila le persone disperse, e probabilmente decedute, mentre il numero dei sopravvissuti, alcuni gravemente feriti, non supera le 3500 unità. Con la laguna verrà così anche sigillata ogni possibilità di stilare un numero ufficiale delle vittime. L'onda maledetta era stata generata sabato scorso da un terremoto sottomarino di magnetudine r7 della scala Richter vicino alla montagna sommersa detta di Torricelli. Dopo circa sette minuti lo «tsunami» si è abbattuto sui villaggi in un tranquillo pomeriggio che sembrava come tanti altri. Un fenomeno del genere non si era mai verificato. La maggior parte delle abitazioni erano capanne costruite con legno di alberi di cocco, ma anche di alcune costruzioni in cemento non è rimasto altro che le fondamenta. «Ho sentito un rumore enorme, mostruoso. Era come un aereo che stesse decollando aveva raccontato Rob Parer, un uomo d'affari che abitava proprio sulla spiaggia -. Gli abitanti erano nelle case e d'un tratto i muri hanno cominciato a tremare. Subito dopo una forza immane ha proiettato ovunque bambini, uomini, donne, animali, risucchiandoli poi nella laguna». Dopo giorni di lavoro massacrante, nel caldo tropicale e tra l'odore insostenibile della decomposizione, i soccorritori hanno accolto con sollievo la notizia della chiusura dell'intera aerea. Tra i superstiti si stanno già diffondendo malat tie e molti di loro presentano gravi cancrene agli arti per le ferite che si erano procurati durante la fuga verso le alture. Ferite che si sono infettate dopo giorni senza medicazione nel malsano ambiente delle paludi. I medici australiani che stanno operando nella zona hanno eseguito decine di amputazioni di gambe. Erano stati costituiti pure gruppi di persone con il compito di sparare ai cani e ai maiali che scavavano senza difficoltà nelle fosse poco profonde per rovistare tra i resti dei corpi. Le squadre mediche hanno raccomandato alla popolazione di non bere l'acqua locale per il rischio di contaminazioni e nei campi di raccolta dei superstiti si beve solo acqua venuta dall'Australia. Per esaminare con il governo della Papua Nuova Guinea le possibilità di aiuti americani il segretario di Stato Madeleine Albright si fermerà brevemente nel Paese durante il viaggio verso Manila dove parteciperà al summit dei ministri degli Esteri dell'Asia-Pacifico. [e. st.] La grande paura non è finita I sismologi temono un altro maremoto con un secondo micidiale tsunami

Persone citate: Bill Skates, Madeleine Albright, Richter, Rod West, Torricelli

Luoghi citati: Asia, Australia, Manila, Nuova Guinea, Papua, Papua Nuova Guinea, Port Moresby