Incubo-acqua nel ventre di Milano

Incubo-acqua nel ventre di Milano L'innalzamento della falda sotterranea minaccia soprattutto le aree Centro e Sud della città I Incubo-acqua nel ventre di Milano Allagati box, cantine e tunnel della metropolitana IL CASO UN NEMICO NEL SOTTOSUOLO SMILANO CENA 1, zona piazzale Corvetto, Sud-Est di Milano, 95 metri sul livello del mare. Quando suona l'allarme - e specialmente di notte - l'intero condominio della signora Silvana Asti si sveglia. Tutti gli uomini, assonnati, in ciabatte e pigiama, sbuffanti, scendono (in fila) verso i garage: «Le maledette pompe si sono scassate un'altra volta». Mettono in moto le proprie auto, imboccano (in fila) la rampa, le posteggiano lungo il marciapiede. E (in fila) tornano a dormire. Adesso le auto sono in salvo, domani faranno riparare le pompe idrauliche e i 10 mila litri d'acqua che affiorano dal sottosuolo - una melma ondeggiante che si sta mangiando i pavimenti, i muri e il sonno del condominio spariranno, fino al prossimo allarme. Scena 2, zona corso Lodi, Sud di Milano, 98 metri sul livello del mare. La signora Tiziana dice: «Venga prendiamo l'ascensore per scendere, ma poi dobbiamo proseguire a piedi. Se incontriamo qualcuno non dica che è un giornalista. Parleremo dopo a casa». Il palazzone è del 1972, quattro torri, centodieci famiglie, vialetti fioriti, scale e pianerottoli in marmo. L'ascensore si ferma al rialzato. Le scale scendono verso i quattro piani sotterranei dei box. Raggiungiamo il primo, il secondo, arriviamo «all'ammezzato terzo». Lì l'amministrazione ha steso una grossa rete e inchiodato assi. Al di là della rete, nel buio, si sente lo sciabordio. «Da qui in giù - dice c'è solo acqua, sette metri d'acqua puzzolente: 67 box spariti e annegati. E' così dal 1993. Abbiamo tutti paura. La gente adesso vuole vendere, scappare, ma è preoccupata per il crollo dei prezzi. Qui un appartamento costerebbe sui 4 milioni al metro, ma con l'acqua che ci allaga chi è che se lo compra? Per questo se sanno che sto parlando con lei, l'assemblea degli inquilini mi fa il processo...». Scena 3, 4, 5 e successive: sempre e ovunque acqua lungo le aree Centro e Sud, dove Milano si inclina di più. Acqua persino nei sotterranei dell'ospedale San Paolo e in quelli dell'Istituto dei Tumori. In decine di Silos per il parcheggio, scavati negli Anni '70-80, compresi quelli centralissimi di San Babila e zona Duomo, con gli ultimi piani trasformati in laghi. Acqua che gorgoglia nei tunnel della Metropolitana, specialmente nelle tratte Lambrate, Porta Genova, Garibaldi della Linea 2. Acqua che addirittura affiora dalle piastrelle dei pavimenti dell'abazia di Chiaravalle. Acqua che soffia, zampilla nelle campagne del Sud Milano, decine di fontanili a secco da vent'anni che tornano a vivere rigogliosi, allagando rogge, creando macchie di acqutrini. Cos'è mai questo poltergeist acquatico, questo minaccioso allagamento che appare dal nulla e cresce e rischia di trasformare centinaia di case, palazzi e strade in un barcone di cemento alla deriva? E' - esattamente - uno dei più spettacolari, drammatici e imprevisti innalzamenti della falda d'acqua su cui galleggia la zolla di terra, compresa tra il Ticino e l'Adda, chiusa a Nord dalle Prealpi, su cui (incidentalmente) è costruita Milano. Ancora duecento anni fa l'acqua era tra i 2 e i 10 metri sotto il cosiddetto livello campagna. Di decennio in decennio la città si è espansa, è arrivato il Novecento, lo sviluppo industriale, il Boom, le migliaia di piccole aziende metalmeccaniche, i colossi della Falk, Pirelli, Agip, Alfa Romeo, le perife- rie sterminate che hanno moltiplicato i contorni di Milano e la sua sete. Tutti avevano bisogno d'acqua. Specie le fabbriche che in un anno a caso tra i Sessanta e i Settanta pompavano fino a 350 milioni di metri cubi, la metà degli interi consumi. Negli uffici tecnici dell'Acquedotto, l'ingegner Airoldi spiega: «Sonostati anni voracissimi, c'era una costante emergenza, perché l'acqua sembrava non bastare mai». La domanda saliva e la falda precipitava, scendendo a livelli impensabili, fino a meno 30, meno 40 metri. Dice Airoldi: «Per trovare i 700 milioni di metri cubi annuali, e specialmente l'acqua non incannata, si doveva scavare fino a 80 metri». Lo scenario sembrava così preoccupante che nacquero decine di progetti per rialimentare la falda che andava spegnendosi: deviazione di canali, condutture dai grandi fiumi. «Crollerà il Duomo di Milano» scrivevano addirittura i giornali, perché il sottosuolo svuotato aveva un equilibrio sempre più precario e minaccioso. . Poi tutto cambiò. Lentamente. E inavvertitamente. La trasformazione di Milano da città industriale a reggia del terziario, con massimi elogi di tutto il mondo di superficie, capovolse l'intero mondo del sottosuolo senza che neppure un ingegnere, un tecnico, un geometra, una amministrazione pubblica, un politico, o almeno un rabdomante, se ne accorgesse. Scomparse le migliaia di officine, smagrite le grandi fabbriche, tutti i miliardi di metri cubi di vuoto sotterraneo tornarono a riempirsi. Com'è ovvio, per legge universale, specie se a incaricarsene è la pioggia e l'intero sistema idrico della grande Pianura. «E' tutto nei numeri - spiega l'ingegner Airoldi -. 1350 milioni di metri cubi d'acqua annuali per usi industriali che le citavo prima, oggi sono diventati 30. Meno di un decimo!». Sbalorditivo. Si prova una certa vertigine a girare per uffici e commissioni e comitati crisi che sono affiorati a Milano insieme con l'acqua. Nell'Istituto di Idraulica Agraria, c'è il professor Raffaele Giura che studia i modelli matematici per monitorare la falda e studiare i rimedi a questo colossale allagamento che lui chiama «i livelli dell'acquifero». «La situazione è grave - dice - ma non condivido gli allarmi. Londra e Berlino hanno avuto gli stessi problemi e li hanno risolti. Ci vorrà tempo, perché la falda ha per così dire memoria lunga...». Quanto, a spanne? «Due o tre anni per tamponare l'emergenza. Dieci per arrivare a un equilibrio stabile. Stiamo studiando parecchie contromisure...». Sarebbe a dire? «Quelle dovrà chiederle a chi di competenza, noi forniamo solo scenari». Le competenze sono il solito ginepraio italico. C'è di mezzo: la Regione, la Provincia e il Comune, con i rispettivi uffici, commissioni, sottocommissioni. La prefettu- ra, la protezione civile, l'autorità di bacino, il Politecnico, i settori tecnici di Acquedotto, Metropolitana, Fognature. Dopo una dozzina di pellegrinaggi, e a farla breve, si tratterebbe di riaprire decine di pozzi chiusi nell'Era secca, scavarne 33 nuovi, impermeabilizzare il canale Villoresi, approntare scoli, fuoriuscite, magari utilizzando le cave abbandonate, come quella di San Donato, per trasformarle in laghi. Il tutto ti viene raccontato de¬ clinando verbi al futuro e al condizionale: «Il progetto prevedere...», «l'investimento verrà approvato se...», «gli appalti dovrebbero partire, massimo settembre...» ma quel che si capisce contiene dettagli involontariamente comici, tipo che ci sono 11 miliardi di stanziamenti regionali in ballo da 8 anni destinati nel '90 per il «rimpinguamento» della falda e ora (gli stessi) al suo «contenimento». Ha un'aria un poco affranta la dottoressa Fiammetta Di Palma, «Ufficio informativo Falda» della Provincia. Tutti i respiri delia grande acqua arrivano sul suo computer collegato alle 145 sonde del monitoraggio. «Tutti i nostri grafici sono a salire. Quest'anno l'incremento è stato tra il metro a Milano Nord e i 66 centimetri di Milano Sud. Però vede Milano non è in piano, ma è inclinata di circa 20 gradi. Nel punto più a Nord è a 138 metri sul livello del mare, in piazza Duomo è a 121, a San Donato a 95. La falda corre più diritta, perciò a Sud arriva più vicino alla superficie. Mi spiego?». Perfettamente. «Quindi tutti i parcheggi o gli scantinati, che vent'anni fa risultavano a secco, con la falda a 50 metri di profondità, oggi sono spacciati se stanno nella zona sbagliata». Possibile che nessuno abbia previsto? «Possibilissimo. Mai un ingegnere ha avuto l'accortezza di consultare un geologo». Lei è laureata in? «Geologia». Ho capito. «Voglio dire che studiando la sede naturale della falda, la sua storia, si sarebbe potuto prevedere tutto». Probabilmente ha ragione. Anche se troppi condizionali aleggiano su questa storia. E l'unico indicativo presente riguarda migliaia di famiglie che vivono con le pompe idrauliche nei sottoscala. Sospettando (sebbene gli ingegneri scuotano la testa) che prima o poi qualcosa verrà giù, un pilone, un ammezzato. Magari la casa. Pino Corrias La chiusura di molte fabbriche ha drasticamente ridotto i consumi d'acqua e il livello continua a salire. I tecnici «Dieci anni per una soluzione» 1952 11954 11956 11958 11960 11962 11964 11966 11968 11970 11972 11974 11976 11978 11980 '1982 I 1984 '1986 I1988 11990 I 1992 11994 '1996 I1998 • 1972 '1974 ■197 1953 1955 1957 1959 1961 1963 1965 1967 1969 1971 1973 1975 1977 1979 1981 1983 1985 1987 1989 1991 1993 I99S 1997 La chiusura di molte fabbriche ha drasticamente ridotto i consumi d'acqua e il livello continua a salire. I tecnici «Dieci anni per una soluzione» A sinistra e in alto due immagini di allagamenti che sempre più spesso interessano garage sotterranei e scantinati di Milano. Nel grafico, le zone più a rischio della città e l'andamento de! livello della falda acquifera negli anni

Persone citate: Airoldi, Di Palma, Falk, Pino Corrias, Raffaele Giura, Silos, Silvana Asti, Villoresi