Una rete di sensori sotto l'oceano

Una rete di sensori sotto l'oceano PER PREVENIRE LO TSUNAMI Una rete di sensori sotto l'oceano ■ -'■ ■ — tr " 1 i ■ ■ , , . . ' Collocati nei prossimi anni in zone strategiche TSUNAMI, «onda del porto»: un nome quasi poetico per un fenomeno devastante, come quello che pocni giorni fa ha causato almeno 3.000 morti a Papua Nuova Guinea. Con questa parola giapponese vengono indicate gigantesche onde oceaniche che si abbattono con violenza sulle regioni costiere. Prodotte da terremoti sottomarini o da altri fenomeni geologici, sono molto diverse dalle comuni onde marine sollevate dal vento. La distanza fra la cresta e la coda dell'onda, che può raggiungere i 100 chilometri, è notevolmente superiore alla profondità delle acque in cui si muovono, conferendo loro la natura di onde «superficiali». Possono quindi percorrere distanze transoceaniche con una minima perdita di energia, in mare aperto sono quasi invisibili e velocissime (anche 700 chilometri all'ora) ma avvicinandosi alle co3te rallentano sempre più crescendo in altezza fino ad oltre 30 metri. Inutile dire che gli effetti dell'urto sono tremendi: erosione della costa, inondazione dell'entroterra per centinaia di metri, distruzione di case e vegetazione, vittime. Nel 1960 uno tsunami, prodotto da un terremoto sottomarino vicino al Cile, investì le Hawaii uccidendo 60 persone e provocando milioni di dollari di danni. L'onda proseguì la sua corsa per altre nove ore fino a schiantarsi sulle coste cteffeiàp- pone, a 17 mila chilometri dal luogo d'origine, provocando circa 150 vittime. Secondo gli archivi storici durante gli ultimi 100 anni si sono verificati nel Pacifico una media di cinque tsunami per anno con un bilancio totale di 50 mila vittime. Queste terribili onde possono essere generate da un qualunque disturbo che sposti una grande massa d'acqua dalla sua posizione di equilibrio: eventi sismici, eruzioni vulcaniche, frane del fondo marino e impatti di meteoriti. Gli eventi più distruttivi sono quelli prodotti da terremoti sottomarini che inducono brusche deformazioni verticali del fondo oceanico. Questi fenomeni sono tipici delle zone di subduzione, dove il contatto tra le zolle tettoniche è contraddistinto dalla presenza di grandi faglie (ad esempio lungo le coste del Pacifico). Le caratteristiche di queste faglie, stimate da rilevamenti sismici, sono di notevole importanza per la costruzione di modelli idrodinamici utilizzati per prevedere il comportamento degli tsunami. Purtroppo la complessità dei fenomeni coinvolti e la scarsità di dati sperimentali hanno re- Il promaturaun condi esa Santain Cal getto o dopo vegno perti Monica ifornia so, fino ad ora, queste predizioni piuttosto approssimative. Il 75% degli allarmi dati dalle comunità costiere statunitensi, e basati principalmente su dati sismici e monitoraggio del livello del mare lungo le coste, si sono infatti dimostrati falsi. Un' falso allarme può essere seguito da un'evacuazione non necessaria che, oltre ad essere rischiosa per la popolazione, è anche notevolmente costosa (l'inutile evacuazione di Honolulu nel 1986 è costata 30 milioni di dollari all'economia locale). Come si può dunque fronteggiare una simile emergenza? Secondo i maggiori esperti mondiali, riunitisi la scorsa primavera a Santa Monica Li California, la chiave del problema «ta ne1 seguire a passo a passo l'evoluzione dello tsunami fin dal manifestarsi della scossa sismica. L'enorme quantità di informazioni necessaria ad assolvere un simile compito sarà ottenuta posizionando, nei prossimi anni, un gran numero di appositi strumenti in altrettante zone strategiche. Il punto forte di questo progetto saranno i misuratori di pressione del fondo o Bpr (bottom pressure recorder) Questi strumenti traducono le variazioni di pressione sul fondo oceanico, indotte dal passaggio della cresta e della coda dell'onda tsunami, in variazioni dell'altezza dell'onda. La sensibilità di questi dispositivi è tale che, posti a cinquemila metri di profondità, possono rivelare differenze in altezza inferiori a 1 millimetro. I dati raccolta dai Bpr, ancorati sul fondo oceanico, verranno inviati per mezzo di segnali acustici ad una |»oa di superficie e da qui, tramite un satellite, arriveranno ai centri di controllo sulla terraferma. Pochi minuti dopo il verificarsi di un evento sismico sarà quindi possibile registrare Ja nascita di uno tsunami, valutarne l'intensità quando ancora si trova in mare aperto, prevedere con opportuni modelli l'effetto che avrà sulle coste e decidere o meno per l'evacuazione. Ai Bpr verrà affiancata anche una rete di rivelatori sismici con ih compito di fornire rapidamente dati attendibili a numerosi centri di allerta collegati fra loro via Internet. Nonostante4 vi p;"np fj&cora molti punti da chiarire $ullo natura degli tsunami, i nfouvc'i progressi 2degl' 'UtUA-'icinqae anni rappresentano ben più di uno spiraglio di luce pj$r milioni di persone che vivono nelle regioni a rischio. L i Danilo Prella Università di Pavia Il progetto maturato dopo un convegno di esperti a Santa Monica in California . -'s Satellite: '^^rf- di qui parte in tempo reale l'allarme per le popolazioni che stanno per essere colpite Schema del sistema di rilevamento in tempo reale degli tsunami. I dati raccolti dai BPR ancorati sul fondo marino vengono inviati, tramite telemetria acustica, alle boe di superfìcie, e da qui trasmassi ai satelliti m Boa con sensori di superficie e apparato di trasmissione dei dati al satellite . -MS' Hilt-vtfioH (itp.J tn'.v, t,n<U>m «usuai Apparato BPR ancorato al fondo marino Ancoraggio al fondale wt ■ -~J^~-.~tmr~^ L<fi* - tHO.'JJ-U !>Lt-Ìi -iitiì. U

Persone citate: Danilo Prella

Luoghi citati: California, Cile, Hawaii, Honolulu, Papua Nuova Guinea, Pavia