La raganella suona per Marcel Proust
La raganella suona per Marcel Proust MACCHINE La raganella suona per Marcel Proust NON osavo mandare qualcuno a casa di Albertine, era troppo tardi, ma, nella speranza che cenando forse con qualche amica, in un caffè, ella avrebbe pensato a telefonarmi, girai il commutatore e, mettendo la comunicazione nella mia stanza, la tolsi dall'apparecchio situato fra la cassetta delle lettere e la portineria, a cui di solito si era collegati a quell'ora. Avere un apparecchio nel corridoietto su cui dava la stanza di Francoise sarebbe stato più semplice, meno scomodo, ma inutile. «I progressi della civiltà permettono a ognuno di manifestare qualità insospettate o nuovi vizi che ci rendono più cari o più insopportabili gli amici. Così la scoperta di Edison aveva permesso a Francoise di acquistare un difetto in più: quello di rifiutarsi, quale ne fosse l'utilità o l'urgenza, ad usare il telefono. «Ella trovava modo di fuggire quando glielo volevamo insegnare, come altre domestiche al momento d'essere vaccinate. Perciò il telefono stava nella mia camerale, per non disturbare i miei genitori, il suo campaI nello era stato sostituito col I suono d'una fievole raga nella. Per paura di non udirla, non mi muovevo». Se non ci fosse stato un filo elettrico avvolto intorno ad un nucleo di ferro, se un'ancora metallica vincolata ad una lamina elastica non fosse stata attratta dalla forza magnetica indotta dal passaggio di una debole corrente elettrica attraverso il filo, se l'attrazione non avesse interrotto il contatto causando in tal modo il rilascio dell'ancora metallica con il conseguente ripristino del circuito, in un alterno moto oscillatorio tale da causare il caratteristico suono di tira tira trra... allora Marcel Proust «tormentato dall'incessante pulsare del desiderio, sempre più ansioso, e mal appagato, d'un suono di richiamo, arrivato al punto culminante d'una tormentata ascensione nelle spirali della sua angoscia» non avrebbe potuto udire d'un tratto «dal fondo della Parigi popolosa e notturna, meccanico e sublime come nel Tristano la sciarpa svolazzante o la zampogna del pastore, il rumore di trottola del telefono» e scoprire che dall'altro capo del filo c'era Albertine. Vittorio Marchia Politecnico di Torino Ma I
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