Non facciamo atenei di serie A, B, C...

Non facciamo atenei di serie A, B, C... CONCORSI UNIVERSITARI Non facciamo atenei di serie A, B, C... Pregi e difetti della scelta dei professori in ambito locale FINALMENTE non saremo più bersaglio di pesante umorismo sulla stampa scientifica internazionale. I concorsi sono stati aboliti. Proprio così, in corsivo, venivano indicati su Nature o Science i nostri barocchi, complessi e corrotti sistemi di selezione dei docenti universitari su base nazionale. Tanto complessi e corrotti da essere diventati una pesantissima palla al piede del sistema universitario e un ostacolo allo sviluppo della ricerca nel nostro Paese. Ora non ci sono più, e l'ultimo concorso nazionale che sta ora terminando diventerà solo un brutto ricordo, con i suoi strascichi di ricorsi che si prevedono numerosissimi. La nuova legge approvata dal parlamento il 1° luglio è un passo importante per l'adeguamento del nostro sistema universitario a quello degli altri Paesi europei. Il punto fondamentale della legge, per coloro che poco conoscono il nostro ordinamento, è il trasferimento della responsabilità della selezione dei docenti universitari alle singole università mediante concorsi locali. Il pregio di questo sistema è che ogni università potrà potenzialmente scegliere il candidato in funzione delle proprie necessità didattiche e scientifiche e lo potrà fare rapidamente senza badare a equilibri politici nazionali. Fanno così ovunque in Europa e altrove: non vedo perché non dovessimo adeguarci. Ci sono tuttavia molti se e molti ma. Se l'Italia fosse un Paese realmente unitario e culturalmente omogeneo la legge sarebbe ottima e con pochi aggiustamenti garantirebbe un progresso notevole e un'ampia flessibilità. Purtroppo il nostro Paese non è né unitario né omogeneo. Le università italiane sono molto disuguali per qualità e poche sono in realtà degne di essare considerate veri templi del sapere. Manca soprattutto in molte di esse la coscienza di rappresentare poh di cultura e di progresso scientifico perché, per troppo tempo, sono state usate come puri centri di potere. Perciò esiste il timore fondato che l'applicazione di questa legge rifletterà per molto tempo i difetti antichi che condizionano la qualità dell'insegnamento e della ricerca universitaria. Cerco di spiegarmi meglio. E' possibilità temibile e reale che le università di bassa caratura tenderanno a favorire candidati locali di modesto prestigio e di pochi meriti scientifici. Evenienza inevitabile nelle sedi che mai hanno favorito lo sviluppo della ricerca. Perché mai un candidato forte dovrebbe aspi- rare a diventare professore in una sede che non gli garantisce la continuazione e lo sviluppo della sua carriera scientifica? Per questo alle sedi di basso livellò continueranno ad afferire candidati modesti che si accontenteranno delle limitate risorse locali. Per contro molto difficilmente alle sedi di grande prestigio scientifico potranno aspirare candidati cresciuti in ambienti culturalmente depressi e privi di quelle qualità scientifiche che la legge sembra voler favorire. Il risultato è che si perpetuerà il sistema e si accentueranno le divisioni e le disparità culturali tra sedi universitarie. E' questo che vuole la nuova legge? Non credo. Esistono mezzi per evitare che ciò si verifichi? Un mezzo esiste, difficile e impopolare. Consiste nel favorire con mezzi brutalmente economici l'inserimento di persone brave in contesti scientifici modesti commisurando i finanziamenti pubblici alla qualità scientifica dei candidati alla cattedra. Il ministero dell'Università e della ricerca qualcosa del genere lo sta già facendo ridistribuendo i fondi in funzione dell'eccellenza scientifica e non più a pioggia come in passato. Basterebbe istituire un ulteriore premio di qualità per favorire l'impianto di centrioli ricerca in aree scientificamente depresse e attirare giovani professori dotati di un po' di senso pionieristico per migliorare la qualità della scienza e, perché no, le condizioni finanziarie delle università ora costrette dall'autonomia a procurarsi fondi adeguati. Quello che deve verificarsi, pena l'ulteriore decadenza del sistema accademico italiano, è la presa di coscienza delle singole università che l'eccellenza scientifica paga, non solo in terrnini economici ma anche in termini di prestigio. Riuscire ad attirare centri culturali in aree depresse ha come corollario l'attrazione anche di imprese industriali e, in ultima analisi, il miglioramento dell'economia locale. L? .-mania sta facendo questa pohtica nelle sue province orientali, depresse da de cenni di statalismo assistenziale, forzando e favorendo in tutti i modi lo sviluppo della ricerca scientifica nell'ex-Ddr. Perché non dobbiamo farlo anche noi in aree che sono ancora più depresse? Favorire la coscienza culturale e scientifica in sedi che poca ne hanno presenta un ulteriore vantaggio. Quello di evitare il pendolarismo di molti professori universitari che insegnano in un posto e fanno ricerca altrove. La nuova legge suggerisce gli strumenti per un miglioramento reale deU'università ma è ancora per molti aspetti centralistica e provinciale. Il fatto che i commissari dei concorsi locali debbano essere per forza eletti tra i professori della stessa materia messa a concorso e perdipiù senza nessuna possibilità di ricorrere al giudizio di commissari stranieri di alta qualifica zione scientifica ci mantiene in un limbo che favorirà il parpe tuarsi di manovrine locali e non tiene conto dell'università della cultura. Spero che il ministro correggerà qualcosa nei regola menti applicativi della legge. Ciò che deve forzatamente correggere è la coscienza accademica con il favorire l'eccellenza in tutti i campi del sapere. Pier Carlo Marchisio I Finiscono i riti vacui e barocchi ma bisogna garantire la qualità dei docenti

Persone citate: Pier Carlo Marchisio I

Luoghi citati: Europa, Italia