MA A SALVARCI SARA' UNA CAREZZA

MA A SALVARCI SARA' UNA CAREZZA MA A SALVARCI SARA' UNA CAREZZA Squinzi: il carcerato della felicità MILANO UANDO la lotta diventa dura, i duri vanno in vacanza». Così parla un ex detenuto che in carcere ha capito tutto, le ragioni per cui gli uomini si offendono, si picchiano, combinano insomma un sacco di guai e tengono il muso, sono infelici. L'ex detenuto si chiama Germano Squinzi, è milanese e ha 55 anni: nel '90 ha un uomo afferrandolo alla gola, è stato latitante alla fine l'hanno mandato a Porto Azzurro dove ha ll Ghii quasi ucciso un uomo afferranper sei mesi, alla fine l'hanno mconosciuto Cavallero, Ghiani, Bozano e tanti altri. In carcere ha cambiato testa, carattere: «Prima ero su una nave da guerra, adesso sono su una nave da crociera - afferma -. Non litigo più, la vita è diventata una festa». E su come ha ottenuto un tale mutamento ha scritto un libretto curioso, quasi un manuale per farsi tanti amici, un saggio atipico pieno di aneddoti e massime ispirato alla dottrina dell'analisi transazionale, cioè dell'analisi del rapporto fra le persone messa a punto dallo psicoterapeuta americano Eric Berne (fra i suoi titoli più noti, A che gioco giochiamo, Bompiani) e divulgata da Thomas A. Harris {Io sono ók, tu sei ók, Rizzoli). Spiccano nelle pagine di Squinzi le storie di miliardari, di fortune accumulate: saranno utili per i manager. Il suo libretto (pp. 240, L. 22.000), di formato ridotto e quadrato, s'intitola Una carezza incondizionata (salverà il mondo) e glielo pubblica Bompiani. Racconta l'autore: «L'ho scritto in cella fra le tre e le cinque e mezzo del mattino anche d'inverno, in mezzo agli spifferi che venivano giù dalla finestra e muovevano i miei panni stesi ad asciugare su un tavolo di legno con una tovaglia a fiori rossi, seduto su uno sgabello senza schienale e con un buco in mezzo. Mi riposavo fino alle sette e mezzo, ora in cui aprono il 'blindo", il portone blindato, e poi andavo nella redazione de La grande promessa, il mensile del penitenziario. Lì mettevo in bella copia. Io seguo Fitzgerald, che prima scriveva di getto, poi levigava fino a togliere ogni spontaneità, infine riscriveva di slancio». L'inizio fu brutto. «"Ero imprenditore, avevo un'azienda mia, facevo borse di plastica e di pelle, ora sono entrato in galera e sono morto", mi dicevo. Mi buttavo via, mi facevo la barba col sapone da mani e dopo il processo d'appello non scendevo neanche più dal letto e non avevo più neanche la voce. Dopo un anno e mezzo mi son chiesto: "Imparo a cucinare? Faccio il meccanico?". Ho provato a scrivere. Funzionava. Avevo sempre letto, a casa avevo seimila libri e in carcere ce n'erano altrettanti. Ho ripescato l'analisi transazionale, mi ci sono riconosciuto. Mi piacerebbe che fossero in tanti a farlo. Tutti stanno chiusi nei loro sommergibilini in immersione perpetua. Mai che tirino fuori l'anima. Solo il periscopio». Squinzi dice che non vuole insegnare niente a nessuno, soltanto porge questo suo sollievo, questa sua esperienza, perché «l'importante non è alzarsi presto, ma di buon umore». Il segreto è capire che siamo tutti fatti da tre persone: il Genitore, che «rappresenta la coscienza e i pregiudizi, si la¬ menta e rimprovera»; l'Adulto, che «è calmo, logico, riflessivo, e stabilisce gli obiettivi da raggiungere e i mezzi per farlo»; e il Bambino, «curioso, impulsivo, vera fonte di energia, entusiasmo, creatività». Non proprio la tripartizione freudiana fra Super-Io, Io ed Es, ma non ne siamo molto lontani. «Io insisto sul Bambino - dice Squinzi -. C'è il Bambino Meraviglioso, in armonia con gli altri, e c'è il Bambino Adattato, aggressivo, pauroso di prenderle, che si sente solo e mai abbastanza valutato, che non vuol dare più di quanto riceve e tiene quest'aritmetica della disperazione, del 50%. Se fai una carezza al Bambino Meraviglioso che si nasconde negli altri, se lo fai sentire importante, non perdi mai nulla e vinci moltissimo. Gli altri si aprono, ti si danno. Vedo tutti bambini intorno a me, tutti bisognosi di una carezza, tutti questuanti. Vorrei lanciarla, questa parola, questa morale della "carezza", dell'attenzione che rivolgiamo a un'altra persona». Forse Squinzi diventerà un caso. Ha già pronti altri cinque libri sulle carezze: Le carezze per dirlo, Le carezze per ricominciare, Le carezze per vivere e così via. Attinge da un suo archivio-dizionario di 4000 pagine nel computer: citazioni, storie, aforismi. «Mi servono per essere facile. Non metto neanche la bibliografia: questo Una carezza incondizionata dovrebbe avere almeno 250 autori citati, da Alberoni a Bateson, a Kafka e Anthony Robbins, il guru delle neurolinguistica... Ora lavoro un po' nella pubblicità, ghiottissima di Bambini, ma vorrei diventare solo scrittore, per giunta di tipo americano: stile semplicissimo, tanti esempi, vita di tutti i giorni. Per farmi capire anche a Porto Azzurro». Claudio Alta rocca Nel '90 ha quasi uccìso un uomo: chiuso a Porto Azzurro con Ghiani, Cavallero e Bozano «Ho scritto di slancio, come Scott Fitzgerald, in cella, fra le tre e le cinque e mezzo del mattino» Germano Squinzi, milanese, 55 anni, in carcere ha cambiato carattere: ha scritto un manuale per farsi tanti amici

Luoghi citati: Milano, Porto Azzurro