GRANDI AMORI: GUALINO E LA MOGLIE CESARINA di Oreste Del BuonoGiorgio Boatti

GRANDI AMORI: GUALINO E LA MOGLIE CESARINA GRANDI AMORI: GUALINO E LA MOGLIE CESARINA Una vita tra iflutti della finanza e dell'arte QUALCUNO ha sostenuto che nessun grand'uomo è veramente tale se scorto con lo sguardo del proprio cameriere: può essere. Di certo, però, molte delle esibite grandezze di personaggi della vita pubblica hanno la loro molla segreta e il loro punto di forza nello specialissimo, vitale, non convenzionale rapporto stretto con le donne della loro vita. Impresa non facile soprattutto se riesce davvero a realizzare l'auspicio che, secondo il filosofo Piero Martinetti, sta alla base di ogni rapporto amoroso felice: «Per conservare l'amore - scriveva il grande storico della filosofia in un suo libretto rimasto inedito per oltre mezzo secolo e pubblicato pochi mesi fa - bisogna cercare tutti i giorni di esserne degni, di essere uno spirito che vive e progredisce e che ha quindi sempre ancora in sé qualche cosa di misterioso e di inesplorato». Solo apparentemente lontano dai saggi dedicati ai temi più consolidati del suo operoso percorso intellettuale il libro L'amore viene steso da Martinetti nel suo esilio di Castellamonte. E' finito lì quando, nell'autunno del 1931, ha coraggiosamente detto di no a Mussolini rifiutando il giuramento imposto ai professori universitari dal fascismo e rinunciando quindi alla sua cattedra di filosofia teoretica presso l'Università di Milano. La scommessa che si gioca attorno ad un rapporto di coppia capace di sottrarsi all'ineluttabile destino di diventare, più o meno consapevolmente, una prigione dove due spiriti Uberi si tengono reciprocamente incarcerati - non è di quelle agevoli. Eppure, se vinta, riesce a dare risultati insperati. Per quello che riguarda le vicende del nostro Paese non sarebbe fatica inutile ripercorrerne la storia seguendo con occhio smagato questi legami «speciali». Non per tirarne fuori zuccherosi o pruriginosi capitoli di storia patria ma per far emergere, invece, la segreta filigrana di passione, complicità, intelligenza che scorre dentro alcune coppie eccezionali e che aiuta davvero a spiegare e a comprendere, più di tanti altri fattori, da dove scaturisca la forza, l'intima determinazione, l'inesauribile e stupefacente vitalità dell'essere e dell'esserci che rende alcuni protagonisti della nostra epoca incomparabili. Assolutamente diversi dai grigi primattori che pure, accanto ad essi, hanno calcato la scena della vita pubblica. E se dev'essere dato un immediato esempio di questa incomparabilità il migliore che si possa trovare è quello del rapporto fecondissimo che s'intreccia tra Cesarina Gurgo e Riccardo Gualino - fondatore della Snia e creatore di imperi finanziari, tycoon spregiudicato nonché mecenate di primissimo piano dell'arte italiana della prima metà del Novecento. Gualino, uomo che giustamente Giorgio Calcagno, su questo giornale, ha definito un «Gatsby torinese», sposa Cesarina, nata a Casale Monferrato nel 1890, nel 1907. La ragazza, primogenita di una ricca famiglia di industriali, al momento delle nozze è diciassettenne. Gualino ha solo qualche anno di più. Nato in quel di Biella, sceso poi a imparare - all'inizio di questo secolo - l'arte degli affari a Genova è davvero figura che si può comparare all'eroe di Scott Fitzgerald. Partendo dal nulla, nel giro di pochi anni, il poco più che ventenne Gualino diventa «conosciuto da mezzo mondo, titolare di una ditta che si avviava a guadagnare un milione di lire all'anno e - scrive nella sua autobiografia - potevo ben ritenermi soddisfatto se ricordavo il ragazzo che, pochi anni prima, consumava nella trattoria di Sestri le tre noci e la meluzza». Ma il personaggio non è di quelli che si fermano: e infatti ben prima della Grande Guerra è tra i grandi finanzieri italiani che scorrono i Balcani. Dilagano nei Carpazi. Stringono solidissimi legami con le imprese europee ed americane. Gualino s'impone anche a San Pietroburgo dove acquista immensi terreni sino quando, arrivato Lenin, perderà tutto. Quindi scommette ancora sull'Italia dove fonda o è coinvolto in imprese industriali di prima grandezza. Ma quello che qui interessa di Gualino - personaggio che più volte sa toccare il cielo del successe e cadere nella polvere, ripercorrendo poi con infinita caparbietà la strada che lo riporta in alto - è un altro capitolo esistenziale. Non le performances economiche e finanziarie. Ma la sua specialissima grana di uomo in continua evoluzione, capace di lavorare dentro di sé coltivando interessi e curiosità mai banali verso l'arte e la politica, la storia e la cultura tanto da farne una figura di primo piano nella vita italiana dei primi decenni del secolo. Non c'è dubbio alcuno che sia stata la Cesarina - morta sei anni fa a 102 anni e tutta una vita dedicata all'arte, ai suoi amici pittori e danzatori, alla sue amatissime e bellissime case create con lo stesso spirito con cui si mette in scena uno spettacolo di grandissimo fascino - la forza segreta di Riccardo Gualino. «Raro è un connubio così stretto fra due esseri la cui personalità rispettiva sia così forte e diversa» - scrive della moglie Guarino sempre in quella biografia stesa a Lipari, durante il confino al quale viene mandato nel 1931 dopo un duro scontro con Mussolini. «La nostra intesa - prosegue profonda e mdeftnibue fu raggiunta soltanto dopo anni di sottili contrasti, latenti nel fondo delle nostre anime... Col trascorrere degli anni i nostri vincoli si rinsaldarono a tal punto che negli ultimi tempi mi pareva di formare con lei un essere solo...». E' raro, almeno per le abitudini italiane, che un uomo tutto d'un pezzo come sicuramente era Gualino si lasci andare ad espressioni di così totale sintonia verso la sua compagna. Ma la donna - amica di grandissimi artisti come Casorati e Manzù nonché valente pittrice lei stessa, animatrice di quelle rassegne di danza che portarono a Torino i balletti di Diaghilev, Dalcroze, della Vigman e dei Sakharoff, maestri di danza di Cesarina e delle sue amiche Raja Markman e Bella Hutter - vale questo e altri apprezzamenti come ben in tuisce Lionello Venturi, il gran de intellettuale torinese che dei due è strettissimo amico nonché ascoltatissima guida nelle loro esplorazioni culturali. Guarda caso anche Lionello Venturi, professore a Torino, ì uno di quei dodici docenti uni versitari che nell'ottobre del 1931 - proprio come Piero Martinetti citato all'inizio - sanno dire di no al regime. Preferendo, alla cattedra universitaria e al conformismo, l'intima fedeltà a se stessi. Oreste del Buono Giorgio Boatti Riccardo Gualino con la moglie Cesarina Gurgo in una foto degli Anni Trenta

Luoghi citati: Biella, Casale Monferrato, Castellamonte, Genova, Italia, Lipari, Milano, San Pietroburgo, Torino