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c LETTERA c ARO Direttore, nell'articolo «Perché vengono solo da noi» pubblicato da La Stampa di ieri, l'ambasciatore Biancheri mi attribuisce inopinatamente posizioni che non mi appartengono affatto e cioè che una politica di aiuti ai Paesi in via di sviluppo sarebbe di per sé in grado di arrestare i flussi migratori. E, dunque, sarebbe inutile una politica di rigore. Non lo penso e non l'ho mai sostenuto. La storia dell'umanità è storia di migrazioni e nei secoli non vi è continente, nazione, popolo che non sia stato investito da tale fenomeno. Oggi l'immigrazione è ancora più complessa per il cumularsi di due processi: per un verso i processi di globalizzazione e mondializzazione estendono e facilitano i flussi di mobilità intracontinentali ed extracontinentali; per altro verso l'accresciuta disparità tra regioni ricche e aree povere del mondo spinge sempre di più chi vive in condizioni di miseria a cercare una speranza di lavoro e di futuro altrove. Dunque, l'immigrazione è un fenomeno «strutturale» che c'era, c'è e ci sarà. E far credere - come spesso fanno esponenti della destra in Italia - che vi sia ima ricetta miracolosa che d'un colpo farà sparire l'immigrazione è pericolosa demagogia. Le nostre società saranno sempre di più multietniche, multiculturali, multireligiose. Questo non significa affatto subire passivamente il fenomeno migratorio. Al contrario, proprio perché dobbiamo «convivere con l'immigrazione», è tanto più necessario gestirla e governarla con vigore per evitare l'esplodere di acuti e pericolosi conflitti. L'immigrazione è come l'acqua: se incanalata è una straordinaria risorsa che può produrre sviluppo e ricchezza; se lasciata alle sue dinamiche spontanee può divenire un'alluvione devastante. Per questo è necessaria una strategia incardinata su tre pilastri. 1. Una politica programmata degli ingressi, perché il fatto che l'immigrazione sia «strutturale», non autorizza ad accogliere chiunque. L'accoglienza non può che essere subordinata alle reali possibilità di assorbimento del mercato del lavoro e alla effettiva capacità di integrare civilmente coloro che vengono nel nostro Paese. 2. Una ferma e continua lotta alla clandestinità, mettendo in campo ogni forma di controllo, di sorveglianza, di contrasto e sollecitando i Paesi da cui i clandestini provengono o transitano ad una effettiva assunzione di responsabilità nel controllo delle coste e dei porti e nella repressione della criminalità che sul traffico di uomini prospera, anche subordinando una politica di cooperazione a questo effettivo impegno. 3. Una politica di aiuto allo sviluppo dei Paesi terzi, non già perché in tal modo le migrazioni spariscano, ma perché favorire opportunità di crescita e di lavoro in loco può concorrere a contenere la pressione migratoria e sollecitare le Autorità di quei Paesi ad una effettiva politica di contrasto all'emigrazione clandestina. Ed è a questa politica che, con determinazione e rigore, si ispira la condotta quotidiana del Governo italiano. Piero Fassino Sottosegretario agli Affari esteri Conosco troppo bene l'onorevole Fassino, con cui ho lavorato per più di un anno, per non sapere che è persona tutt'altro che incline al lassismo e alle soluzioni di comodo in questo come in ogni altro campo. Ho richiamato un argomento che egli stesso aveva citato nella sua intervista a questo giornale per dire proprio ciò che egli afferma in questa lettera: e cioè che una politica di aiuti ai Paesi da cui giungono i clandestini è moralmente e logicamente ineccepibile ma non serve ad arrestare il fenomeno. Borì» Biancheri Fassino: perché chiedo la linea del rigore

Persone citate: Biancheri, Biancheri Fassino, Fassino, Lettera, Piero Fassino

Luoghi citati: Italia