Herlitzka e il teschio

Herlitzka e il teschio In scena con successo per il Festival delle Colline Herlitzka e il teschio E la Nuti in viaggio con Guerra L'«Amleto» interpretato da un solo attore. Operazione degna di Carmelo Bene, e ancor prima, appannaggio di Jean Vilar, che amava ricondurre intere tragedie a una sola voce recitante. Nelle grandi imprese solitarie, Bene obbedisce al criterio di sottrazione, così come Vilar celebrava il virtuosismo critico. Non sappiamo quale sia stato l'impulso che ha indotto Roberto Herlitzka ad affrontare Shakespeare come nel segreto di un palcoscenico interiore. Il suo Ex Amleto, presentato nel castello di Barri assano a chiusura del Festival delle Colline, consiste in uno strenuo testa-a-testa dell'attore col suo personaggio. Anzi potrebbe essere il racconto di una tragedia che l'attore fa a se stesso attraverso il personaggio principale. E perciò, vestito di velluto nero, senza altri arredi che non siano una sedia, una spada, la cornice di uno specchio e l'immancabile teschio di Yorick, Herlitzka s'inoltra nell'intera tragedia con le sole battute di Amleto. Il che scatena varie reazioni. La prima, e più immediata, costringe lo spettatore a pescare nella propria memoria le battute che precedono o seguono quelle del principe. La seconda, molto più sottile, investe il gioco interpretativo che, attraverso le battute, crea climi teatrali mutevoli e variamente ombreggiati. Ciò che emerge dalla performance di Herlitzka è uno strepitoso tono buffonesco nel quale s'innestano sgomento, paura, implorazione, nevrosi, sarcasmo. L'irresoluto principe ha abbandonato la freddezza del ragionatore. Come un guitto di terz'ordine, è animato da una passionalità che lo costringe alla parodia, alla sottolineatura farsesca, alla battuta sulla battuta. L'impostazione è singolare, ma non bizzar- ra. Nasce probabilmente da un recente studio sull'«Amleto» nel quale si osserva che in questa tragedia manca il personaggio del fool, così tipico in Shakespeare. Però manca in apparenza. Nella realtà si troverebbe nascosto nel personaggio eponimo. Ed ecco: Amleto il fool strepita, sfotte, allude, gigioneggia, delira, s'ingrassa di sarcasmo. E' lì, assertore e insieme negatore, fa capire di avere succhiato il latte acido di Yorick, il buffone che lo teneva sulle ginocchia, e che con quel latte lo ha intossicato. E' lì. Ha le guance scavate di Herlitzka, il suo sguardo puntuto, la sua mobilità tra registri discordanti che vogliono essere la fotografia dell'anima di Amleto. Una grandiosa prova d'attore. Quest'anno il Festival delle Colline si è gemellato con quello di Chieri diretto da Mauro Avogadro. Il consorzio ha fatto sì che le due manifestazioni si scambiassero alcuni spettacoli. Per esempio il poema di Tonino Guerra «Il viaggio», interpretato da Franca Nuti, che abbiamo visto nei giorni scorsi a Chieri. Par¬ te di un trittico in dialetto che comprende «Il miele» e «La capanna», l'opera racconta con i suoi versi dal ritmo lungo (tradotti in italiano) il viaggio verso la morte di due vecchi coniugi, Rico e la Zaira, lungo i sentieri intricati della valle del Marecchia. Lei vorrebbe morire in silenzio, dentro l'ombra d'un ricordo caro, quello del vecchio violinista zingaro a cui una volta s'era concessa, e che forse è venuto a morire tra questi alberi e queste foghe; Rico, invece, vorrebbe morire urlando contro tutto. Ricordi lontani e sensazioni vive, il mondo dei mulini che scompare, una natura che sa ancora resistere; e, in questa specie di nebbia, le ombre dei due viaggiatori, le silhouettes di due vite che si spengono. Accompagnata dal suono di un violoncello, Franca Nuti legge il poema con un tono di intima tenerezza, quasi lasciandosi portare dal ritmo delle parole verso uno spegnimento leggero, una sillabazione casta. Prima del silenzio. Franca Nuti protagonista del poema di Tonino Guerra «il viaggio» in scena l'altra sera a Chieri

Luoghi citati: Chieri