«Meglio buonisti che con le ronde» di Luciano Gallino

«Meglio buonisti che con le ronde» «Meglio buonisti che con le ronde» Una città che, dal «caso San Salvario» in poi, conquista periodicamente titoli di prima pagina e spazi nei tg nazionali. Dagli spacciatori agli squatter, dai Murazzi a Porta Palazzo ed ora a piazza Carducci: Torino sempre sotto i riflettori. Al tempo stesso, città dove il buonismo, il «dovere dell'assorbimento» dei contrasti, il dialogo indiscriminato rendono deboli. Questa città, ha spiegato ieri lo scrittore Carlo Frutterò a La Stampa, avrebbe «im conto da saldare con se stessa: l'immigrazione dal Sud». Per il sociologo Luciano Gallino non è così. «Il collegamento con il passato non funziona: sono trascorsi 40 anni, la seconda o la terza generazione non ha memoria del passato. In ogni caso io preferisco vivere in una città buonista piuttosto che cattivista: una Torino piena di ronde, di forze dell'ordine dal grilletto facile sarebbe peggio per tutti. Anche se con il buonismo non bisogna esagerare». Secondo il professor Gallino sono altri i punti che fanno riflettere e che spiegano non un «caso Torino», ma il caso Italia: «Quando uria parte notevole di reati viene depenalizzata, tutto risulta possibile. I problemi di ordine pubblico e criminalità - continua - stanno però investendo tutta l'Europa. E' un aspetto della globalizzazione, Paesi come la Germania e la Francia oggi hanno problemi simili ai nostri. Anche lì si cercano vie d'uscita: un ricetta fatta di leggi equilibrate, moderate, applicate con certezza e rapidità». Ma se i problemi di Torino sono comuni al resto d'Italia e d'Europa, perché la loro eco è più forte? «Questa è una città che per la sua storia dà molto peso alla cultura della legalità e l'illegalità non sufficientemente contrastata viene sofferta un po' di più». Anche il filosofo Gianni Vattimo è scettico sul «buonismo dannoso»: «Se fossi il sindaco non so cosa po- Dali'alto, Luciane Arnaldo Bag no Gallino nasco trei fare per essere meno buonista. I clandestini che delinquono, a Torino e in tutta Italia, vengono catturati, espulsi e ritornano». Aggiunge: «Mi sono sempre illuso che fosse importante fare leggi civili per gli immigrati, dare permessi di soggiorno a chi lo merita e un'accoglienza decente, ma essere anche molto severi con i clandestini. Spesso però si sono lette storie di ambasciate italiane corrotte. Vorrei sapere che cosa ne è stato: forse è anche possibile che non si riesca ad arrivare in Italia se non da clandestini. E poi, altri Paesi europei, la Germania per esempio, hanno avuto un'immigrazione molto più intensa della nostra e non sono stati travolti». Torino, invece, in questa fine secolo, sembra travolta. «A volte si tratta di esagerazioni dei mezzi d'informazione, ma resta il fatto che l'immigrazione per certi quartieri è drammatica. Comunque, resto convinto che se lo spinello si vendesse nelle tabaccherie avremmo meno marocchini ai Murazzi. E se le prostitute potessero organizzarsi in cooperative ci sarebbero meno sparatorie tra protettori. Questo però non dipende dalla città o dal sindaco». Per il sociologo Arnaldo Bagnasco «Torino ha gli stessi problemi di tutte le grandi città, problemi che vanno affrontati con fermezza. Il fatto è che le città italiane stanno diventando complicate come le città europee o americane». E ribadisce: «Torino non è un laboratorio, smettiamo di immaginarci che sia laboratorio di qualche cosa. E' una città contemporanea come le altre, nel bene e nel male, dove la cultura dell'accoglienza è forte. Cosa diversa è il lassismo di una certa sua parte. Sono fenomeni completamente diversi. Ma è proprio la cultura che ha espresso in passato l'accoglienza a chiedere oggi nuove forti e rispettate regole di convivenza civile». Dali'alto, Luciano Gallino e Arnaldo Bagnasco

Persone citate: Arnaldo Bagnasco, Carlo Frutterò, Gallino, Gianni Vattimo, Luciano Gallino