Tra mistero e rigore

Tra mistero e rigore STANLEY Kubrick ha settant'anni e (tranne i parenti, gli amici intimi, i collaboratori) nessuno sa che aspetto abbia, se sia bianco o grigio di capelli, con ì baffi o senza baffi, magro o grasso, curvo o dritto. Da anni il regista americano di dodici film straordinari e terribili divenuti proverbiali non si lascia fotografare: e che gioia, che sollievo, un cineasta, un artista, un uomo che a settant'anni non si modifica nel carattere solitario e scostante, non diventa autoindulgente né vanesio, non si arrende ai compromessi, non lavora con scetticismo, non abiura a se stesso, non cede. Kubrick vecchio rimane una immutata leggenda di mistero e di rigore. Il tempo non lo induce a provare nostalgia per il suo Paese: non ha più messo piede in America, lasciata nel 1961 per trasferirsi in Inghilterra quando a causa delle pressioni delle leghe per la salvaguardia della morale risultò impossibile realizzare «Lolita» negli Stati Uniti. Il suo modo di fare cinema resta esigente, perfezionista sino all'ossessione. Come sempre, contraddizione vivente d'ogni legge mediatica, il celeberrimo Kubrick non fa dichiarazioni, non compare alla televisione, non presenzia a premiazioni, non partecipa a dibattiti, non replica agli insulti, non va mai da nessuna parte. Come sempre è nemico dello snobismo, nemico del sentimentalismo («il contrario della verità»), nemico della «originalità sterile e priva di interesse», nemico della facilità. Come sempre, lotta con qualcosa di molto simile all'eroismo per salvare la logica, la lucidità, la perfezione del lavoro nel caos della post-modernità. A settant'anni, uno dei grandi del cinema non cambia, non è cambiato: e speriamo che non cambi mai. L: Lietta Tornabuoni Mi I Tra mistero e rigore

Persone citate: Kubrick, Lietta Tornabuoni

Luoghi citati: America, Inghilterra, Stati Uniti