Kubrick, i 70 anni del mito invisibile di Fabio Galvano

Kubrick, i 70 anni del mito invisibile Il regista sta ultimando «Eyes Wide Shut» Kubrick, i 70 anni del mito invisibile LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Compirà settantanni, domenica. Ma senza candeline. Perché Stanley Kubrick non è tipo da festeggiamenti, neppure nel piccolo mondo che si è creato lontano da occhi curiosi, nel cuore della campagna inglese, e che gli è valso la fama di «grande recluso» del cinema, se non proprio di eremita. Con la terza moglie, la pittrice Christiane Harlan, conosciuta in Inghilterra, il regista di «Arancia meccanica», «2001 Odissea nello spazio» e «Full Metal Jacket» riderà probabilmente divertito di tutte le celebrazioni che si faranno per quel suo traguardo raggiunto; e si ritufferà nella sala di montaggio che si è fatto costruire in casa, dove in queste settimane dà forma compiuta al suo ultimo film, «Eyes Wide Shut», che resta per ora misterioso. Qualcuno si è anche domandato se per l'occasione il più venerato regista di Hollywood acconsentirà a farsi fotografare. Se non altro, per rimediare ai guai combinati con la sua maniacale privacy: guai che si riassumono in un'immagine scattata nei mesi scorsi da un paparazzo che non sapeva neppure di avere nell'obiettivo l'uomo che da trent'anni nessun altro fotografo era riuscito a cogliere. Si era trovato presso il set di Pinewood, alla ricerca di Tom Cruise e Nicole Kidman. Chissà perché, era stato affascinato da un «barbone» che aveva visto uscire sui gradini di una roulotte: pesante, goffo, avvolto in uno spesso impermeabile fuori misura, con la barba lunga e incolta, i pochi capelli in disordine. Che, aveva scattato: senza sapere di avere colto una delle rarissime immagini - e certamente una delle meno generose - di Stanley Kubrick. Il grande recluso, che si è stabilito in Inghilterra nel 1962, vive in una splendida villa presso St. Alban's, nello Hertfordshire, a poco più di un'ora d'auto da Londra: un palazzotto del XVTn secolo dal nome quasi impronunciabile, la Childwickbury Manor House. Quella casa, in un vasto parco di un chilometro quadrato che con telecamere e sofisticati impianti di sicurezza lo protegge da curiosi e importuni, è il suo castello, forse l'unico posto in cui si senta al sicuro. Per questo resiste alle lusinghe della Warner, che da tempo ha rinunciato a riportarlo in America. Il suo stile di vita condiziona il lavoro: in «Eyes Wide Shut» un intero quartiere di New York è stato ricreato, come un gasometro abbandonato alle porte di Londra era stato il Vietnam di «Full Metal Jacket». Ma ormai Kubrick è uno di quei «mostri sacri» a cui non si dice di no. D'altra parte i suoi film sono sempre stati un successo commerciale. La Warner non gli domanda più preventivi: si accontenta di pagare. Non gli domanda neppure che cosa sia il film, quando sarà pronto, quali siano gli attori. Prende a scatola chiusa. Della segretezza, forse, Kubrick ha bisogno come dell'aria che respira. E' andato su tutte le furie, per esempio, quando il suo biografo Michel Ciment ha rivelato che il suo ultimo film è tratto da «Traumnovelle» (Doppio sogno) di Arthur Schnitzler, un libro - con trasposizione nella New York d'oggi - che nella descrizione dello stesso Kubrick «esplora l'ambivalenza sessuale di un matrimonio felice e cerca di met¬ a tere a confronto i sogni e le fantasie sessuali con la realtà». Sul set, rimasto aperto 15 mesi contro le 13 settimane previste, è stato un duello ad armi pari fra segretezza e perfezionismo. Kubrick, che si occupa di copione, fotografia, regia e montaggio, non lascia mai nulla al caso. E' mitica ormai la scena che ha fatto ripetere 95 volte a Tom Cruise; salvo poi richiamarlo per rigirare alcune sequenze. E la segretezza? «Un suo incaricato - racconta Harvey Keitel, che fu poi sostituito con Sydney Pollack quando non fu in grado di tornare sul set a rigirare scene già fatte - mi portò il copione e attese in silenzio fino a quando lo avessi letto». Fabio Galvano Una privacy difesa in modo maniacale per tutta la vita a tere a confronto i sogni e le fantasie sessuali con la realtà». Sul set, riSTANLEY Kubrick ha settant'anni e (tranne i parenti, gli amici intimi, i collaboratori) nessuno sa che aspetto abbia, se sia bianco o grigio di capelli, con ì baffi o senza baffi, magro o grasso, curvo o dritto. Da anni il regista americano di dodici film straordinari e terribili divenuti proverbiali non si lascia fotografare: e che gioia, che sollievo, un cineasta, un artista, un uomo che a settant'anni non si modifica nel carattere solitario e scostante, non diventa autoindulgente né vanesio, non si arrende ai compromessi, non lavora con scetticismo, non abiura a se stesso, non cede. Kubrick vecchio rimane una immutata leggenda di mistero e di rigore. Il tempo non lo induce a provare nostalgia per il suo Paese: non ha più messo piede in America, lasciata nel 1961 per trasferirsi in Inghilterra quando a causa delle pressioni delle leghe per la salvaguardia della morale risultò impossibile realizzare «Lolita» Tra mistero e rigore Tom Cruise e Nicole Kidman «sequestrati» sul set per molti mesi In alto, Kubrick visto da Levine Il regista non si è più lasciato fotografare negli ultimi trent'anni