A Coimbra è riservato agli uomini: studenti e professori dell'Università tengono viva la tradizione di Sandro Cappelletto

A Coimbra è riservato agli uomini: studenti e professori dell'Università tengono viva la tradizione A Coimbra è riservato agli uomini: studenti e professori dell'Università tengono viva la tradizione 7n| coimbra L' 0L0 il volto esce dal man% tello nero, la bettina, che ca11 de largo lungo le spalle, cohJj prendo tutto il corpo. Chi canta, resta immobile, appoggiato al portale di una chiesa, al muro di una casa, lo sguardo spinto verso l'alto; quando è pronto, inizia a divagare sul motivo del rimpianto, del ricordo, della nostalgia. Il fado non si balla più; all'inizio, come la ciaccona, la sarabanda, la folia, era anche una danza, la più sfrenata. Le fadisias agivano con gesti espliciti: colpivano col proprio ventre il corpo del ballerino maschio. Troppo esplicito potere della femmina nel paese cattolicissimo: il fado viene decapitato di ogni immagine e, per evidente pena di contrappasso, resta suono e canto, senza donne. Come si può ballare una musica che nel suo stesso nome evoca l'immobilità dell'eterno? Fado, da fatum, destino. A Coimbra, lo cantano solo gli uomini. In questa città, sede della terza più antica Università d'Europa, dopo Bologna e Parigi, sono le lunas Academicas a mantenere e rinnovare la tradizione, conservando nei testi la forma delle quartine a rime baciate: il «fado de Coimbra» è ancora appannaggio quasi esclusivo di studenti e professori, e delle loro stravaganze: «Amor di studente / non dura più di un'ora / Cosa puoi desiderare di più / delle tue belle donne, del tuo fado, della tua terra». Antonio Portugal, avvocato e uomo politico di opposizione durante la dittatura, José Afonso, professore di filosofia, i due artisti, oggi scomparsi, che, assieme a Pinho Brqju e Francisco Filipe Martins, con maggior affetto ritornano nelle parole di Fedro, Paulo, Adamo, José, Jorge, i cinque studenti (lettere, medicina, ingegneria...) protagonisti di una serata di fado durante il Festival Internazionale di Musica. Lo organizza, col Comune e l'Università, Paulo Enes da Silveira, docente di elettronica a Lisbona e direttore artistico del primo festival nella storia di questa città avida di musica, che ha un Conservatorio, ma è ancora priva di un'or¬ chestra stabile, di una stagione: quando, per la prima volta dopo 260 anni, La serva padrona di Pergolesi è stata rappresentata, in lingua italiana, al Teatro Academico Gii Vicente, l'entusiasmo del pubblico è divampato con una felicità aurorale. A Coimbra chiamano «guitarra portugeisa» uno strumento che a noi ricorda piuttosto un liuto, con un manico più corto, ma con la stessa cassa armonica rotondeggiante; le sue sei doppie corde hanno un suono vetroso, più aspro, doloroso, penetrante della nostra chitarra (il suo nome qui è «viola»), che accompagna e sostiene il protagonismo della «guitarra» e della voce. Da dove la «guitarra» sia arrivata, è motivo di gran discutere: dalla Francia dei Trovatori che suonavano il liuto, dice Abilio Hernandez Cardoso, direttore del Gii Vicente; gli studenti sono invece convinti che l'origine sia da cercarsi nell'Inghilterra elisabettiana: sono state le navi inglesi a portarla fin qui, quando l'orizzonte del Portogallo era l'oceano e le terre ultramarine e «non eravamo isolati come adesso». Per Jorge Gomes, docente di chitarra, il problema è insolubile: troppo complesse le derive degli strumenti per stabilire una rotta precisa. La «guitarra» è arrivata forse già con gli Arabi nel settimo secolo e si è mantenuta, protetta dalle mura dell'Università, che ne ha fatto segno di distinzione e, per le donne, di esclusione: per gran tempo all'Università non hanno potuto accedere. «Il nostro fado non è melodrammatico, esagerato, come quello di Lisbona, ma più sentimentale, come una serenata d'amore, che la donna ascolta senza replicare», racconta Cardoso. Mute donne di Coimbra: Ines de Castro, amante di Dona Pedro, figlio del re Alfonso IV, che impose al figlio di sposare altra donna e fece uccidere la splendida, ma irregolare Ines. Pedro ubbidì e si sposò; quattro anni dopo, diventato re, ordinò di inseguire i sicari, ne catturò due su tre, li squartò in piazza, ne mangiò cuore e visceri, riesumò il cadavere di Ines, le pose la corona regale sul capo, impose a tutta la nobiltà di Coimbra di baciarne la mano inanellata, scheletrica ed effettivamente taciturna. Muta anche Lucia - Suor Maria Lucia del Cuore Immacolato - la più grande, 10 anni allora, dei tre bambini presenti a Fatima nel momento topico e unica ancora superstite. Invisibile - se non al Pontefice e ad altre eccellenti autorità religiose - vive segreta e silenziosa, inawicinabile, nel monastero di Santa Clara, alto sul Mondego, il fiume di Coimbra, protagonista di tanti fado d'amore e desiderio. E di opposizione: quando il Choral Poliphonico de Coimbra canta l'armonizzazione della Balada de Outono di José Afonso, Teresa Portugal, vedova di Antonio, ricorda che, negli anni di Salazar, ogni nuovo testo andava sottoposto alla censura preventiva. Per ascoltare Dulce Pontes e Teresa Salgueiro, eredi della «regina» Amalia Rodrigues, bisogna scendere a Lisbona: i Madredeus hanno tenuto un concerto all'Expo e la data è stata fatta coincidere con il ventiduesimo anniversario dell'insurrezione di Timor Est, la parte dell'Indonesia dove si parla portoghese e che reclama autonomia: il fado diventa veicolo di identità culturale. Ottanta nostre città hanno prenotato il loro ultimo spettacolo; nell'attesa, i turisti italiani salgono sul tram minerò 28 e ascoltano voci di donna dolersi, inveire, offrire, ritrarsi, senza il suono di vetro della «guitarra». Niente mantelli neri, ma vestiti aderenti, spalle scoperte, capelli nerissimi. E sempre quell'intreccio inseparabile di desiderio e assenza: risultato dell'incontro tra il lundù brasiliano e la modinha portoghese. La storia di una nazione dentro un canto. Sandro Cappelletto Il fado, canto senza donne // suo nome viene dal latino «fatum», destino, ed esprime l'animo profondo del Portogallo A sinistra Amalia Rodrigues ambasciatrice del fado nel mondo Qui accanto la sua «erede» Teresa Salgueiro L'Università di Coimbra