Il guardiano degli ombrelloni

Il guardiano degli ombrelloni «La spiaggia si è allungata, dietro le cabine ho dovuto creare altri luoghi di svago e sport» Il guardiano degli ombrelloni // bagnino: costretti a diventare animatori IL mare non fa nemmeno rumore, e il cielo è cosi strano alle cinque del mattino, senza un'anima, senza niente. Questo è un fermaglio per i capelli, vedi? ((Dev'essere quello della Manuela». Il bagnino ha le gambe nodose e la schiena piegata sul rastrello. La Manuela veniva qui quand'era bambina e tutte le volte che usciva dal mare, aveva paura di farsi la doccia. Si fidava solo del bagnino. Allora lui si metteva sotto l'acqua a pioggia e la chiamava. La Manuela andava sotto quell'ombrellone, dove c'erano il comandante e gli altri che giocavano a carte. Lei era una bimba: le bastava guardarli. Chissà cosa ci trovano i bimbi, quali sogni si fanno. Quelli giocavano e si insultavano come ossessi, sbattendo le carte sulla sabbia. Il comandante adesso appare davanti alla spiaggia solo quando si fa il tramonto e sono passate le sei, come faceva una vita fa quando veniva giù dai calanchi correndo a piedi scalzi con gli amici. Ha un berretto da marinaio, le braghe bianche e una maglietta blu con il disegno dell'ancora. Scende dal marciapiede e viene qui, nella prima cabina che incontri arrivando dalla strada. C'è l'angolo cottura e ci sono le foto di una vita appese alla parete. Sapessi com'è cresciuta la Manuela, co mandante. Ha 18 anni, e questa notte deve aver perso il ferma glio dei capelli sulla sabbia. A quest'ora sono tutte uguali le spiagge d'Italia. Silvano Silvegni fa il bagnino a Rimini da quando aveva 12 anni. Oggi ne ha 49, e lavora al bagno 39. Sono le cin que del mattino e anche qui la spiaggia ha questo silenzio di un giorno che si apre. Aveva comin ciato al 63, Silvano, quasi un chilometro più in là sul lungomare, e aveva due file di tende da girare quando batteva mezzogiorno. Si faceva novanta metri di spiaggia e le chiudeva e apriva tutt'e 75 quando il sole voltava faccia. Allora c'era il mosconaio in riva al mare, che dava la mancia al bagnino: tre baiocchi all'ora. Era lui la figura importante della spiaggia. Aveva una cabina vicino all'acqua e gestiva le sue barchette: c'era un posteggio a fianco della piattaforma. Era gente sempre sulla battigia, faceva tutto, salvataggio, presenza, non soltanto affitto dei mosconi. Il bagnino era solo un guardiano del mare. «Io vengo da una famiglia di bagnini e la so bene questa storia», dice Silvegni. «I primi bagnini erano vecchi marinai, gente che d'estate con il calo del lavoro, piano piano si inseriva sulla spiaggia». Nelle città di mare, c'erano le villette e qualche albergo. Il bagnino veniva al mattino ad aprire le tende ai signori e a preparare la spiaggia, «non è che facesse molto altro». Poi è arrivata la rivoluzione, le spiagge si sono frammentate, la gente ha scoperto le vacanze. ((Adesso il bagnino è cresciuto. Con il turismo di massa, l'ombra è diventata la cosa più importante. E quella la gestisce il bagnino. Invece, il mosconaio deve lavorare con gli ambulanti, non ha più posto, più niente. Lui è diventato quasi inutile. E' finito nella riserva, come gli indiani. Il bagnino è diventato un imprenditore». Comincia a lavorare come adesso, quando gli altri dormono. «La spiaggia la si tira a rastrello», come fa lui. Rastrello e cartola. E rastrellate anche sul battente del mare. Poi si aprono gli ombrelloni e si aprono i lettini. Si scopano anche le pedane, «ci si passa tre volte». Si finisce che sono quasi le nove, quando arrivano i primi clienti. Su questa spiaggia ce ne sono da ottanta a 120, a seconda dei periodi di punta, o dei week end, e i bagnini li conoscono tutti («I turisti ci hanno dato il pane, ci hanno permesso di mandare i figli all'università. Abbiamo trovato la ricchezza qui e ci siamo abituati ad accogliere la gente in un certo modo. E' il minimo che possiamo fare per ringraziare la fortuna che abbiamo avuto»). Nei momenti di riposo, Silvano va sotto l'ombrellone come fanno tutti. Ma un bagnino lo riconosci per come guarda il mare. I turisti gli danno un'occhiata per vedere se fare il bagno. I turisti guardano il cielo, il sole. Il bagnino fissa il mare come se fosse una cosa sua, come se lo riconoscesse e lo ritrovasse per ogni onda che fa, per ogni rumore. Come dice Silvano, «è laggiù il mio posto. I piedi a bagno non voglio dimenticare di metterceli». Questo giorno che passa è fatto di tanti mondi che scorrono davanti, nell'immobilità del mare. Ci sono famiglie che ritornano da una vita e rivivono qui di padre in figlio le stesse cose. Silvano conosce le storie di tutti. Come conosce la sua, figlio di marinai e di bagnini al borgo San Giuliano, il pezzo più antico di Rimini. La gente cominciava ad andare in giro per il mondo, e loro trovarono la ricchezza qui. Al borgo San Giuliane c'era gente che si preparava per l'estate, si abbronzavano, si allenavano ai tuffi, si curavano il fisico. Ma c'erano anche quelli che ci investivano. Allora, in casa davano tutto, e la camera bella la si affittava ai signori di Bologna: «con quelle centomila si faceva la provvista di legna per l'inverno». Silvano andava al mare con lo zio a imparare il lavoro. Quando alla sera tornava su a casa, ((mio zio mi legava con la corda dietro, nel motorino, se no mi addormentavo per la stanchezza». Nel '64 venne un grande nubifragio, «i venti del primo quadrante ci hanno bruscolato per bene a noi». Le sdraio le ritrovarono una dentro un albergo, altre in fondo al viale. I mosconi erano finiti tutti sulla strada. Era l'8 giugno del '64. Le tende venivano ancora piantate con i picchetti, gli ombrelloni li tenevi con le catene e si facevano le sfide.,cpn i mosconi quando c'era il mare mosso. I bagnini facevano colazione insieme. Ci si dava la voce e ci si trovava nel bar di mezzo: «Lì sì che andava il fiasco con belle merende fatte bene». Adesso, tutto questo è impossibile. La ri¬ voluzione, dice Silvegni, è partita nel '72 «quando il pubblico ha perso la gestione della spiaggia e i bagnini hanno avuto la concessione». Nel giro di pochi anni, i bagnini sono raddoppiati. Ora è un po' più dura, il tempo del divertimento è finito: «Gli sforzi che facciamo per quadrare i conti sono enormi. Ci vanno 50 milioni all'anno per le spese. Siamo diventati imprenditori, siamo degli organizzatori che dobbiamo sempre inventare qualcosa». Dietro alle cabine, dove finiva la spiaggia, è nato un secondo luogo d'incontro e di svago. Ci sono campi di beach volley, palestre sotto al sole, giochi per bambini, un palcoscenico per il teatro, bisogna assumere animatori, baby sitter. La spiaggia si allunga sempre di più. E anche il giorno. Alle nove di sera, spiega Silvegni, comincia la seconda parte del lavo¬ ro, dopo aver chiuso gli ombrelloni e le sedie: «Musica, colori, baby dance, giochi per bambini, spettacoli improvvisati». Fino a mezzanotte. Come nei villaggi. Un tempo quando veniva la sera il bagnino restava quasi da solo sulla spiaggia che si svuotava. Il giorno finiva così. Sotto un ombrellone, il comandante e gli altri continuavano a giocare a carte, maledicendo il mondo e tutti, anche nelle sere di garbino quando il vento alzava la sabbia. Se ne andavano che non c'era più nessuno, raccogliendo le carte e strisciando i piedi. L'altro giorno, quando il comandante s'è affacciato sulla spiaggia, il bagnino gli ha chiesto che fine avevano fatto gli altri amici. Non si ricorda che cosa gli ha risposto. Hanno guardato il mare. Pierangelo Sapegno «Il turismo di massa ha fatto diventare l'ombra la cosa più importante» «Mi alzo all'alba, ore di lavoro per pulire la sabbia con il rastrello» «Siamo diventati imprenditori Dobbiamo inventare sempre qualcosa» «Il turismo di massa ha fatto diventare l'ombra la cosa più importante» «Mi alzo all'alba, ore di lavoro per pulire la sabbia con il rastrello» «Siamo diventati imprenditori Dobbiamo inventare sempre qualcosa»

Persone citate: Pierangelo Sapegno

Luoghi citati: Bologna, Italia, Rimini