Uccisi per sbaglio dai killer dei clan
Uccisi per sbaglio dai killer dei clan Napoli, le indagini sulla strage Uccisi per sbaglio dai killer dei clan NAPOLI. Giovani vite spezzate e per ora nessun movente che spieghi la ferocia con cui quattro killer armati di Kalashnikov, fucili e pistole hanno assassinato a Pomigliano d'Arco i tre operai del pastificio Russo. La strage resta ancora un mistero per gli inquirenti che sono costretti a non escludere neppure l'ipotesi più inquietante e angosciosa: un clamoroso errore di persona, l'esistenza di un obiettivo sfuggito miracolosamente ai sicari che avrebbero colpito degli innocenti. Una giornata di febbrili indagini - con un vertice presieduto dal questore Arnaldo La Barbera, l'interrogatorio di decine di pregiudicati e l'esame accurato della vita delle tre vittime della sparatoria non è servita a far luce sull'agguato di via Nazionale delle Puglie. Polizia e carabinieri non trascurano alcuna pista e, partendo dalle modalità del triplice omicidio, analizzano la mappa dei clan della camorra in lotta per la supremazia. L'unica cosa certa, infatti, è che ad agire sono stati killer professionisti e le caratteristiche del commando riportano agli schieramenti del crimine organizzato nella zona. Dopo l'omicidio del boss Antonio Egizio, capoclan storico nell'area di Pomigliano d'Arco, si fanno guerra le famiglie Veneruso e Cirella, che muovono dai vicini paesi di Volla e Casalnuovo per conquistare un'altra fetta di territorio. Affiliati alle due bande sono stati sottoposti alla prova dello «stub» per accertare se abbiano usato di recente armi da fuoco. Ma se questo è lo scenario, resta da capire che cosa mai avessero a che fare con camorra e cosche le vite «normali» di Salvatore Di Falco, Rosario Flaminio e Alberto Vallefuoco. Nulla, giurano i familiari disperati, piegati dal dolore. Nulla, sembra emergere dagli accertamenti in corso da ore da parte degli investigatori che stanno passando al setaccio le vite dei tre uccisi. L'agguato davanti al pastificio ha sfiorato anche Monica Nacca, la cassiera dicianno- venne del bar in cui i tre giovani operai erano entrati poco prima che su di loro si abbattesse una pioggia di proiettili. Colpita ad un polpaccio, è stata dimessa ieri mattina dall'ospedale Nuovo Pellegrini di Napoli dove le hanno estratto alcune schegge. E ieri la ragazza, per oltre due ore, è stata interrogata in questura dal pm Simona Di Monte che conduce l'inchiesta sulla strage di Pomigliano d'Arco. Monica non ha saputo dire molto al magistrato: è ancora dolorante e sotto choc, e ha paura. Le fitte alla gamba hanno indotto il pm a sospendere il colloquio che forse riprenderà oggi. Ma gli inquirenti hanno cercato indizi anche tra i compagni di lavoro, gli amici e i familiari dei tre giovani ammazzati: niente da fare, non ci sono «macchie», né parentele pericolose. A riflettere su una strage senza movente che li ha toccati molto da vicino si sono riuniti ieri in assemblea nel pastificio Russo tutti gli operai. Chiamati dai sindacati e dai delegati di fabbrica, i lavoratori hanno proposto una «giornata di mobilitazione» per chiedere alle «forze istituzionali e sociali di far sentire la propria voce». I colleghi dei tre ragazzi ammazzati manifestano fiducia nella magistratura, ma chiedono anche che «siano ripristinate al più presto le condizioni di serena convivenza sociale». «Quanto è accaduto - sottolineano i sindacati deve ulteriormente convincerci, come società civile, a mantenere e difendere le regole dello Stato democratico». E si mobilitano pure Cgil, Cisl e Uil che invitano il prefetto di Napoli, Giuseppe Romano, a convocare una riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica proprio a Pomigliano d'Arco. Nel frattempo per venerdì hanno indetto un incontro in municipio con il sindaco e i parlamentari della zona perché temono «una recrudescenza delle attività criminose» e chiedono «la difesa del tessuto sociale». Mariella Cirillo Un'immagine dell'agguato in cui, lunedì, sono stati uccisi tre operai a Pomigliano d'Arco. Nelle indagini si fa strada l'ipotesi di un clamoroso errore di persona da parte del commando della camorra
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