Sudan, l'agonia dei dimenticati

Sudan, l'agonia dei dimenticati L'Onu: rischio d'inedia per 2 milioni e mezzo di persone, 380 mila stanno già morendo Sudan, l'agonia dei dimenticati Tra le tribù decimate da guerra e carestia E BAHR EL-GHAZAL RA solo un anno fa. «Lo stomaco di Mauong Agoth è esploso. Era all'agonia, ma voleva bere ancora un bicchiere di latte», racconta Arop, in tono anunirato. Nel Bahr el-Ghazal, «il paese delle gazzelle», la competizione per determinare chi fosse il più gran bevitore del mondo era feroce tra le tribù Dinka. Presso questi pastori semhiomadi, isolati dal mondo, ogni clan aveva il suo campione, della taglia di un lottatore di «suino», simbolo della potenza del gruppo. In segno d'onore, Mauong Agoth Malok è stato sepolto con sterco di vacca nell'accampamento di Palbok. Allora i Dinka del Bahr el-Ghazal avevano ancora abbastanza forza per seppellire degnamente i loro morti. Quest'anno il concorso non c'è stato. La fame, aggravata dallo stato di guerra, è troppa. Ormai i cadaveri sono spesso gettati nella macchia. Il dottor Abura di Médecins sans frontières, che gestisce l'ospedale di Marial-Lu, stima che dall'inizio del 1998 «tra 50 mila e 100 mila persone sono morte di denutrizione». L'Onu afferma che due milioni e mezzo di persone in Sudan sono minacciate dalla fame, e che 380 mila di queste si trovano già in uno stato critico. Il cielo e la guerra si sono scatenati contro i Dinka. Tre anni senza pioggia, né raccolto, hanno esaurito le ultime riserve. Alla siccità si sono aggiunte le malefatte dell'uomo. Dal 1983 un conflitto spietato flagella il Sudan. Il regime islamista di Ehartum vuole eliminare la guerriglia, cristiana e animista, condotta dall'Esercito popolare di liberazione del Sudan (Epls). E' una guerra sporca, quasi dimenticata dal mondo, in un Paese cinque volte più grande della Francia. Una guerra in cui gli Antonov gettano il loro carico di bombe su popolazioni civili, e in cui le tribù arabe, uscite dalla notte dei tempi, fanno razzie per saccheggiare i tukul e impadronirsi di schiavi negri. E' una guerra in cui i belligeranti utilizzano Far ma della fame secondo i bisogni, e in cui la comunità internazionale lascia fare, troppo indifferente, ancora troppo traumatizzata dal fiasco della Somalia. Nell'aprile scorso, durante la sua ultima sessione, la Commissione dei diritti umani dell'Orni ha de nunciato il comportamento dei belligeranti: «massacri ciechi, spostamento forzato della popolazione, rapimenti, tratta e vendita di bambini, coscrizione forzata, detenzioni arbitrarie, utilizzazione da parte di tutti della forza militare per ostacolare i soccorsi ed attaccare i convogli». Il tutto sullo sfondo dei giacimenti di petrolio e dei conflitti tribali. Il 26 giugno il Segretario generale dell'Orni si è appellato ai belligeranti per «concludere una tregua ed aprire le strade all'aiuto umanitario». La settimana scorsa, sotto la crescente pressione della comunità internazionale, prima i ribelli, poi il potere centrale hanno decretato un cessate il fuoco di tre mesi nel Bahr el-Ghazal. Una tregua umanitaria che, però, non impegna tutte le fazioni. Nell'ospedale di MarialLu un paziente spiega al dottor Abura: «Il profeta Isaia ha detto che nel paese degli uomini neri le sofferenze saranno lunghe e terribili». I «pazienti» arrivano titubanti dopo tre, quattro, cinque giorni di marcia e crollano, spossati, all'ingresso dell'ospedale. Nel centro di nutrizione, vengono seguiti 130 bimbi. Sono famelici, il ventre gonfiato dai parassiti. Alcuni sembrano dei vecchi. Gemono dolcemente. LKGav Sul registro d'ammissione si legge: Akuin Dikdol, 2 anni, femmina, 6 kg, 76 cm; Alek Ival, due anni e mezzo, maschio, 6,4 kg, 87 cm... Le madri mostrano i loro seni vuoti e rinsecchiti e i loro figli scheletrici. Circa 100 km più lontano, sulla pista sfondata che porta alla grande città di Wau, tenuta dal governo ma circondata daU'Epls, c'è Kongoor. Qui non c'è nessuna organizzazione umanitaria. La situazione non è peggiore che nel resto della regione. Gli aiuti a Kongoor non sono ancora arrivati. Mancanza di soldi, mancanza di aerei, ostacoli politici, difficoltà logistiche. I più deboli sono allungati nei loro tukul. I più forti vanno a cercare radici e foghe selvatiche. Nel tentativo di sopravvivere, i Dinka si scontrano con le formiche, che hanno costituito provviste di grano. Nel distretto di Tonj, la popolazione ha dissodato un campo per segnalare ai piloti degli Hercules dove paracadutare il cibo. Tutta la giornata uomini, donne e bambini hanno scrutato il cielo. Invano. Armato di lancia, un capo afferma: «Gli uomini bianchi non dicono la verità. Ci avevano detto che il cibo sarebbe arrivato una volta approntato il campo. Ma non è arrivato nulla. I nostri figli e i più deboli stanno morendo». Alcuni nelle settimane scorse hanno visto degli aerei diretti a Gogrial, a 100 km di distanza. «Molti sono partiti, ma sono morti in cammino, perché non avevano più forze», racconta il capo. Tra loro, un migliaio d'abitanti di Wau che avevano fuggito i combattimenti del gennaio scorso. Sono i più disperati: la guerra gli ha preso il poco che avevano. Sotto l'albero delle parole a Kongoor, il capo, Nathanael, consegna ai visitatori un semplice messaggio: «Dite al mondo che stiamo sparendo. Dite che ogni giorno che passa fa nuove vittime. Il nemico ha troppi volti. Non abbiamo più cibo, non abbiamo più acqua, troppe delle nostre bestie sono morte». Alla vigilia aveva amministrato la giustizia: «Se dei membri di una famiglia hanno delle vacche e altri no, sono obbligati a dargliene almeno una». Ma la fame è ormai tale che le credenze e i metodi tradizionali di solidarietà si incrinano. Mostrando i tre principali sciamani, Joseph spiega con rispetto: «Sono capaci di entrare in contatto con gli spiriti». Il mese scorso hanno sacrificato un bufalo bianco per far cadere la pioggia. «Abbiamo implorato Dio e gli antenati. Gli abbiamo detto che la vita non è mai stata così difficile. Che i nostri figli muoiono in gran numero». E' pio vuto due giorni. Quasi nulla. Gli sciamani non hanno fatto altri sa crifici. Uno strano berretto rosso in testa, Din Kual Dhol, il più rispettato dei tre, dice in un soffio: «Bisogna ricordarsi i nomi di quelli che muoiono». Alcuni sono così disperati che sono pronti a sfidare l'oblio. Arrivano a commettere dei furti, crimini un tempo quasi inesistenti, passibili di morte o esilio. E come ultima sanzione col fatto che il ladro sarà escluso dal suo lignaggio e che i suoi figli non pronunceranno più il suo nome, tagliando così il legame che lo collega alla sua discendenza ed al mondo dei suoi antenati. Con la sparizione di migliaia e migliaia di vacche, sono le fondamenta della società Dinka ad essere toccate. Esse costituiscono la moneta di scambio che permette di acquistar moglie (50-100 vacche), e sono soprattutto il principale strumento di sopravvivenza. Ma in mancanza di pioggia, molte mandrie sono state decimate. Le popolazioni spostate sono state inoltre costrette a fuggire senza bestiame. E c'è il nemico ancestrale, oggi armato da Khartum: i terribili Nuer, 8 volte meno numerosi dei Dinka (circa 300 mila contro 2,5 milioni), ma migliori guerrieri. Gojonk racconta: «Li ho visti arrivare, loro avevano fucili e noi no. Siamo fuggiti. Ci hanno sparato addosso. Hanno ucciso uno dei miei figli. Hanno rubato le mie vacche e i miei polli. Da allora non abbiamo più nulla da mangiare, salvo le foghe selvatiche». Più a Nord c'è la tribù dei Baccarà che, a cavallo, piomba sui villaggi per catturare schiavi che rivenderanno col tacito accordo del governo. Dopo la fame che fece 250 mila vittime alla fine degli Anni Ottanta, le Nazioni Unite hanno messo in piedi, nel 1989, la Oss: «Operazione sopravvivenza Sudan». Fu questa la nascita della base logistica di Kokichokio, la città al confine del Kenya. Da allora il villaggio umanitario è cresciuto: i piloti dei quattro Hercules e degli otto Buffalo si distendono al bordo della piscina «Chez Kate». In febbraio e in marzo erano a riposo: il governo di Khartum aveva decretato un bando pressoché totale di rifornire il Bahr el-Ghazal. L'arma umanitaria fa parte dell'arsenale dei belligeranti. L'Epls trattiene una parte dei soccorsi per nutrire i suoi soldati. Quanto al regime di Khartum, forte del principio della sovranità, accetta o rifiuta, secondo il proprio volere, le destinazioni proposte dall'Oss per i suoi voli umanitari. Ha appena posto il veto a rifornire le regioni vicine all'Etiopia. Accompagnato dalla sua scorta nella macchia, il comandante Boi Madut, numero tre dell'Epls, accusa: «Il mondo parla di diritti dell'uomo, ma qui la gente muore di fame col pretesto che Khartum rifiuta di dare la sua approvazione agli aiuti umanitari». Nel suo ufficio di Nairobi Cari Tilsman, coordinatore dell'Oss, dice prudentemente: «Se delle popolazioni intere rischiano la morte, allora gli aerei dell'Orni dovranno volare. Il problema è t apere quali sono i limiti dell'inaccettabile». Intanto, la situazione peggiora. La mancanza di pioggia lascia presagire un nuovo raccolto catastrofico. Il capo Nathanael constata: «Sappiamo che molti di noi moriranno». La comunità internazionale ha preferito finora versare decine di milioni di dollari per finanziare l'Oss piuttosto che impegnarsi contro le cause politiche della fame. Pierre Hazart Copyright «Liberation» e per l'Italia «La Stampa» REPORTAGE L'ULTIMA TRAGEDIA AFRICANA Nel centro nutrizionale del campo di soccorso di Ajiep, nello Stato del Bahr el-Ghazal (Sudan meridionale), a un bambino viene dato da bere con una rozza ciotola un liquido reidratante con aggiunta di sali minerali A destra, un bambino denutrito aggrappato al tronco di un albero A fondo pagina, una madre porge il seno avvizzito al proprio figlioletto Secondo Médecins sans frontières, i morti d'inedia sono già tra i 50 e i 100 mila, mentre le Nazioni Unite parlano di due milioni e mezzo di denutriti, di cui 380 mila sarebbero già alio stadio terminale Gli Antonov scaricano bombe sulla popolazione civile, e tribù arabe uscite dalla notte dei tempi saccheggiano il bestiame e catturano i neri per farli schiavi Le Nazioni Unite hanno denunciato «massacri, tratta di bambini, detenzioni arbitrarie, coscrizione forzata deportazioni e uso della forza per ostacolare gli aiuti» ORDINAMENTO Sfato Federale sotto una dittatura militare che conduce uno sanguinosa guerra civile e vieta qualsiasi attività politica extra istituzionale. Capo di Stato e del governo è Ahmed Omar Asan el Bashir. SUPERFICIE 2.505.810 chilometri quadrati (circa 8 volte l'Italia). POPOLAZIONE 27.291.000 (Italia: 57.200.000; Usa: 269.400.000). WL 11.324 milicrdi (nel 1992) (Italia: 2.135.325 miliardi nel '96; Usa; 12.891.000 miliardi nel '96). REDDITO MENSILE PRO CAPITE 160.000 (nel "94) (Italia: 2.957.000, nel '96; Usa: 4.047.000 nel '96). ^ ASPETTATIVA DI VITA 51 anni (Italia: 77,5; Usa: 75,9). MORTALITÀ' INFANTILE 85 per mille (Italia; 8 per mille; Usa: 9 per mille), ^ili§#4 TASSO DI INFLAZIONE |M 85% ANALFABETISMO 53,9% Dinka si scontrano con le formiche, che hanno costituito provviste di grano. Nel distretto di Tonj, la popolazione ha dissodato un campo per libia ciad al fashir SEPUBBL ifNTRAFR, scino / SUDAN p0rt d0nq0la • sudan 0MDURMAN kaduqli um /«©ahda; mm