IL BOSCO DELLE BARBARIE di Ferdinando Camon

IL BOSCO DELLE BARBARIE IL BOSCO DELLE BARBARIE CHI ha ucciso il povero Simeone, bambino di 8 anni, in quella capanna di plastica e di frasche nella pineta di Ostia, a poca distanza da casa? Chi lo ha schiacciato fino a soffocarlo e fracassato a colpi di vanga, lo ha trascinato su un tavolo, coperto di assi e di frasche per nasconderlo alla vista dei poliziotti? E' una morte pasoliniana, su uno scenario fatto di ultramiseria sociale e morale, una vita al di sotto di ogni vita, anche animale, di impossibile rivolta, uno sprofondamento sempre più giù, fin che quelli che non hanno niente perdono l'ultima cosa che hanno, i figli, e nel modo meno dimenticabile, meno accettabile, l'omicidio, tanto che non vorrebbero essere mai nati. A chi non ha, sarà tolto. Un mondo dove anche quelli, se ce ne sono (Simeone è uno di loro), che vogliono andare avanti con l'ingenuità, l'innocenza, i giochi, gli amici, vengono puniti nel modo più feroce, perché così esige la logica della selezione naturale. Ogni città, assediata da tutte le parti, alza le sue barriere per non essere occupata, chi vuol prenderla deve combattere metro per metro. Le barriere sono le circonvallazioni degradate, i rioni periferici malavitosi, dove s'infangano gli sbandati, i senza lavoro, i malati, i disadattati. Roma è più grande, su Roma premono frange umane da tutto il mondo, e le barriere che difendono Roma sono più estese e profonde. Questa, dov'è morto Simeone, ,è una. Lì s'impantanano, latitanti, tossici cacciati o fuggiti da casa o dalla comunità, catturandi di tutte le lingue, sopravvissuti al cataclisma dei sistemi che reggevano la Terra, Jugoslavia, Romania, Bulgaria, Africa Nera: chi ha qualcosa vende quel che ha, in primo luogo il sesso, chi non ha niente ruba quel che può, in primo luogo la vita. Non uccidono e non ammazzano quando arrivano lì: ovunque arrivassero, farebbero le stesse cose. Lì è un campo di battaglia, la più atroce, la più vera delle battaglie: quella per la vita. Questa battaglia la le sue vittime ogni giorno. E' una vittima il padre di Simeone, con quella faccia che è una cartella clinica: s'è fatto ricoverare in ospedale prima di scoprire che il figlio era morto, ha sentito venire le convulsioni e lo svenimento prima che venissero; è una vittima la madre, con quella maschera sul volto, occhi bruciati, pelle scanalata in tutte le direzioni. E' una vittima anche il killer di Simeone, chiunque sia, e specialmente se è quello che adesso pare, il suo amichetto di 11 anni. Ha fatto qualcosa che la vita gli ha calato nel Dna, se non ammazzava adesso ammazzava più tardi, l'unica legge che conosce è quella della giungla, e nella giungla il delitto è natura. Non paragonerei questo delitto di Ostia agli altri delitti di Ostia, della gente perbene, borghesia, vizio, noia. Da allora ad oggi la storia ha fatto un balzo indietro. E' un delitto terzomondiale, primitivo, barbarico. I terzomondiab sono venuti su, e han rubato i sotto-lavori mal retribuiti alla frangia più bassa della nostra popolazione. Chi guadagnava quel che non bastava per vivere ma bastava per non morire, facendo lavori domestici in nero, o lavori tossici e saltuari, viene spinto via perché quei lavori li fanno le somale, le filippine, gli arabi: spostato da lì, non trova più niente a cui attaccarsi, e precipita nel vuoto fino a sbattere sul fondo. Un ragazzino di otto anni sente se manca l'aria, e sporge in fuori la gola dove può respirarla. Simeone scappava nel bosco. Dicono che il bosco è il luogo degli orrori in tutte le favole. In realtà, non c'è infanzia dove non c'è natura. Simeone, nella pineta, respirava la salvezza, ci scappava ad ogni momento. Con gli amici. Nei racconti della sottoumanità che assedia le metropoli, miseria e sesso vanno sempre insieme, degrado e corruzione: i ragazzi di vita non escono fuori dalla morale per colpa loro; non ci sono mai entrati, per colpa di tutti. E questa è la risposta alla domanda che ci ponevamo all'inizio, su chi ha ucciso Simeone. Ferdinando Camon

Luoghi citati: Africa Nera, Bulgaria, Jugoslavia, Roma, Romania