Palermo, già in procura le carte Fininvest

Palermo, già in procura le carte Fininvest In quattro scatole i documenti sequestrati nelle holding. Processo DelTUtri, oggi interrogato Rapisarda Palermo, già in procura le carte Fininvest Berlusconi: un danno all'immagine dell'Italia PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Sono già al sicuro in quattro scatole di cartone negli uffici blindati della procura di Palermo i documenti contabili delle 22 holding di Silvio Berlusconi fatti sequestrare l'altro ieri dalla stessa procura. Dunque si procede sul serio senza perdite di tempo. Continuano intanto le polemiche sull'opportunità e sulla legittimità dell'operato della magistratura. Polemiche alimentate da un Berlusconi che ripete di non riuscire «a prendere sul serio il collegare la Fininvest con la mafia». Il punto è proprio questo. La lettura delle carte sequestrate lunedì mattina in tre ore (9,45-12,40) nelle sedi delle società del leader del Polo dovrà provare se davvero - come la procura sospetta e come affermano alcuni pentiti e il finanziere Filippo Alberto Rapisarda - Berlusconi e Marcello DelTUtri fino a una quindicina d'anni fa riciclarono soldi sporchi della mafia, oppure se il castello di accuse, rivelandosi inconsistente, si sgretolerà di colpo. Accuse che sono rivolte anche a Carlo Bernasconi, dirigente del gruppo Fininvest. Rapisarda - nei confronti del quale si annuncia una querela di Berlusconi «per calunnia e diffamazione» - sarà interrogato questa mattina dal tribunale di Palermo nel processo a Dell'Utri per concorso in associazione mafiosa. Una deposizione che s'annuncia al fulmicotone visto che il discusso finanziere siciliano, che adesso gestisce una piccola compagnia aerea, ha il dente avvelenato con Dell'Utri. Cosa che, per automatica connessione, presuppone che ce l'abbia anche con Berlusconi. Fu Rapisarda a riferire che negli Anni 80 il non ancora famoso imprenditore milanese e l'arrembante manager palermitano ebbero modo di investire miliardi di Cosa nostra nell'acquisto di film per il nascente circuito televisivo del Biscione. La decriptazione degli incarta menti sequestrati lunedì mattina nel blitz voluto con decreto «auto ritativo» dal procuratore Gian Carlo Caselli è stata affidata a un collegio di periti composto da tre dottori commercialisti palermitani e milanesi (selezionati tra esperti in tecnica bancaria) e un gruppo altrettanto ristretto di funzionari della Dia, la Direzione investigativa antimafia che è stata incaricata di procedere alle perquisizioni e al contemporaneo sequestro degli atti. I nomi? «Poco importano, lasciateli lavorare in pace», è stato risposto in procura tagliando corto sulla curiosità dei cronisti ed elevando una cortina protettiva (reggerà?) attorno ai periti perché lavorino in pace e soprattutto al riparo da eventuali pressioni o minacce. Berlusconi non ci sta e, dopo la prima reazione al consiglio nazionale forzista, ieri l'ha ripetuto in tutte le salse a Radiotre nella trasmissione «Prima pagina» e intervistato a «Fatti e misfatti» nel suo Italia 1 in cui abitualmente il direttore Paolo Liguori non rispar¬ mia vetriolo su Caselli. «Non c'è nulla di segreto - ha affermato Berlusconi -: le società furono fondate negli Anni 70 quando si cercava di non appalesare la vera proprietà perché si rischiava di essere sequestrati e tutto il resto». E poi, imprimendo anche una prospettiva internazionale a tutto quello che sta accadendo, consapevole che a Roma in via della Mercede nella sede della stampa estera il suo indice di popolarità non è affatto alto tra i corrispondenti in Italia, Berlusconi alla irritazione ha aggiunto il timore per il ritorno negativo che tutto ciò ha sul nostro Paese, come già successe per il «famoso» avviso di garanzia ricevuto a Napoli durante il G7 quand'era presidente del Consiglio. «I danni aU'immagine - ha dichiarato a Fatti e misfatti - non sono all'interno del Paese perché nell'ultimo sondaggio fatto il 97 per cento degli italiani dice che sono cose impossibili da credere, ma all'estero queste cose fanno molto danno non soltanto a Berlusconi ma anche al nostro Paese». Dai difensori di Berlusconi che si oppongono al decreto della procura di Palermo, definendolo incostituzionale anche a norma dell'articolo 68 della Costituzione che subordina le perquisizioni personali e domiciliari per i parlamentari alla autorizzazione della Camera e del Senato, viene un altro attacco alla procura di Palermo. L'avvocato Amodio ha ribadito la tesi secondo cui «il sequestro va a incidere sulla persona fisica dell'onorevole Berlusconi». Nel decreto la procura è stata di tutt'altro avviso, precisando che le holding hanno personalità giuridica di diritto privato assolutamente distinte dalla persona di Berlusconi. Antonio Ravidà Il procuratore della Repubblica di Palermo Giancarlo Caselli

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