Violante e Mancino, quadrato su Scalfaro

Violante e Mancino, quadrato su Scalfaro Braccio di ferro tra i due presidenti sulla frase finale del documento, durissima per il ieader del Polo Violante e Mancino, quadrato su Scalfaro «False le parole di Berlusconi» ROMA. Un giorno abbondante dalle accuse di golpe contro il Quirinale sparate ad alzo zero da Silvio Berlusconi. Tanto è passato prima che i vertici istituzionali interrompessero un silenzio che dalle parti del Colle doveva apparire assordante. A metà pomeriggio, quando ormai l'impazienza di Scalfaro ora più che evidente, è arrivato un comunicato congiunto di Luciano Violante e Nicola Mancino: una nota secca nei termini, ma non del tutto unanime nella stesura, frutto di un lungo conciliabolo tra i più stretti collaboratori dei tre presidenti. Un documento ampio, che offre a Scalfaro un sostegno nettissimo, più diretto di quello pronunciato a Palazzo Madama da Romano Prodi, in cui alcuni esponenti di Forza Italia avevano voluto vedere un non eccessivo calore: il comportamento di Scalfaro negli ultimi anni, aveva detto il presidente del Consiglio, è tale da rendere superflua ogni forma di difesa contro «gli attacchi e le insinuazioni», compresa «quella doverosa e istituzionale del governo». I presidenti delle Camere vanno oltre, ricostruiscono nei particolari le vicende parlamentari che portarono alle dimissioni del Cavaliere: «L'andamento della crisi di governo dimostra che essa si svolse nel più rigoroso rispetto della lettera e dello spirito della Costituzione». In chiusura, una stoccata che colpisce in pieno petto il Cavaliere, definito fuor dalle righe un bugiardo: «Le dichiarazioni rese recentemente dall'onorevole Berlusconi - scrivono Violante e Mancino - non trovano riscontro nella realtà». Proprio in quest'ultima frase si nascondono le ragioni del ritardo con cui la nota è stata diffusa. Preparato negli uffici di presidenza della Camera, pare dietro garbata sollecitazione dal Colle, il documento viene successivamente recapitato sul tavolo di Mancino. E qui, a Palazzo Madama, è emersa una diversa sensibilità dei due presidenti sui termini da usare. Per qualche ora la frase conclusiva è stata cancellata dal testo. Poi è prevalsa l'opinione di partenza, e il documento è stato trasmesso alle agenzie di stampa con la velenosa puntura a Berlusconi. Alla soddisfazione del Quirinale, faranno eco le stizzite repliche di Forza Italia. Da Lubecca, uno Scalfaro di ottimo umore dice solo che sono intervenuti «quelli che avevano la responsabilità» di farlo, mentre i suoi collaboratori parlano di «sipario istituzionale» sulle polemi¬ che. Le reazioni degli azzurri non si fanno attendere a lungo. Il capogruppo al Senato Enrico La Loggia lo stesso che aveva definito «una difesa d'ufficio» le parole di Prodi scalda le polveri dicendo che la nota dei presidenti delle due Camere «non spiega quel che è successo prima della crisi. Non spiega chi fu l'ispiratore e chi copri quell'operazione di Palazzo che tolse agli italiani un governo legittimo per dar loro un esecutivo che non avevano chiesto». In serata, Berlusconi sarà più esplicito, attirandosi il pesante sarcasmo di Umberto Bossi: «Si deve fare ancora chiarezza sulla storia della strada che portò al ribaltone, delle vicende giudiziarie e delle connivenze che lo resero possibile». E il Senatur, gelido: «La caduta del suo governo? Venga, che gliela spiego io. Sono stato io a metter giù il partito del mafioso. Lui comprava i nostri parlamentari e io l'ho abbattuto...». Ci sono domande, insiste Berlusconi, che ancora non hanno avuto risposta. Quali domande? Il Cavaliere non si fa pregare a sciorinare l'elenco: «Perché e ad opera di chi si arrivò al ribaltone? Attraverso quali sistemi si indusse quella parte della maggioranza a sottoscrivere la mozione di sfiducia? Perché la Lega era sicura che il ribaltone non avrebbe portate allo scioglimento delle Camere? Chi, perché e come si assunse la responsabilità di rovesciare il voto degli elettori? Chi operò affinché si facesse pervenire così tempestivamente al presidente del Consiglio quell'invito a comparire fondato sul nulla, dandone preventivo avviso ai capi della Lega?». In chiusura, la controstoccata contro Violante e Mancino: «Certo non possono essere gli attuali presidenti delle Camere a dare quelle risposte e a fare finalmente luce su una vicenda che ha segnato il corso della democrazia nel nostro Paese». Più sfumate le posizioni degli alleati del Polo. Gianfranco Fini, intervistato da Romano Battaglia alla Versiliana, si inventa la definizione di «colpo di Stato democratico» per il ribaltone: «Fu un sovvertimento della volontà democratica - spiega il ieader di An -, ovviamente non attuato con mezzi coercitivi». E Rocco Buttiglione precisa ai microfoni del Gr Rai: «Associo l'idea del colpo di Stato ai carri armati e questo per fortuna non si è visto. Però se Berlusconi dice che le regole del gioco sono state forzate contro di lui, se dice che si è pensato contro di lui di poter andare oltre i limiti della correttez¬ za e delle leggi, se dice questo, non ha torto». Sul fronte opposto, al coro di solidarietà per Scalfaro si associa Antonio Di Pietro. Con un distinguo: «Come difendo da attacchi e insinuazioni il presidente Scalfaro - ha detto l'ex magistrato -, difendo anche il pool Mani pulite dagli attacchi e dalle insinuazioni di coloro che fanno credere che il lavoro del pool sia stato un lavoro pilotato, di attacco politico e non di doveroso intervento giudiziario. Ci troviamo tutti sulla stessa linea, purché ci intendiamo nel distinguere chi sono le vittime e chi sono i carnefici». E poi, tanto per essere più chiaro: «Il problema di Berlusconi è il suo passato: non è colpa di nessuno, ma solo sua». Guido Tiberga li leader del Polo replica Fini: golpe democratico «Quei due non possono Di Pietro: il vero problema far luce su una vicenda del Cavaliere è il passato che segna la democrazia» Ed è soltanto colpa sua A sinistra Scalfaro ieri a Lubecca Qui accanto Nicola Mancino col vicepremier Veltroni al Senato

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