Regolare? Ormai è un optional
Regolare? Ormai è un optional Regolare? Ormai è un optional In nero 5 milioni di occupati (uno su 4) ROMA. E' in corso in Italia una trasformazione davvero epocale (aggettivo abusato, ma non in questo caso): per chi lavora, mettersi in regola sta diventando un optional. Secondo l'allarme lanciato ieri dall'Iseo, ormai nel nostro Paese quasi un lavoratore su quattro non è in regola e la tendenza del fenomeno è alla crescita. L'Istituto per la congiuntura valuta attualmente a 5 milioni gli occupati in «nero», pari al 22,6 per cento del totale (che ammonta a 22 milioni); la piaga è diffusa sia fra i lavoratori dipendenti che fra gli autonomi, perché quei 5 milioni sono divisi fra 2,6 nella prima categoria e 2,3 nella seconda. In particolare, secondo l'Iseo, di quei 5 milioni oltre 1,7 milioni svolgono un doppio lavoro, oltre 700 mila sono stranieri (si dice che gli immigrati pagheranno le pensioni degli italiani, ma come, se evadono i contributi?), oltre 300 mila sono occupati non dichiarati mentre 2 milioni e 200 mila sono collocati in una generica categoria statistica di «irregolari». Nel Sud il grande bacino del lavoro nero sono i lavoratori costretti ad accettare qualunque condizione pur di trovare un salario, mentre al Nord si tratta soprattutto di pensionati, prepensionati, cassintegrati eccetera che hanno le spalle in qualche modo coperte riguardo ai contributi e possono permettersi di svolgere altre attività senza regolarizzarsi; in questo modo, certo, integrano un reddito familiare che spesso è insufficiente, ma contendono l'impiego ai giovani in cerca di prima occupazione e tolgono risorse agli istituti di previdenza e al fisco; inoltre, le imprese che possono contare sul loro apporto fanno concorrenza sleale a quelle che invece hanno i dipendenti in regola e pagano il dovuto alle casse pubbliche. La diffusione di questi dati, che in altri anni avrebbe avuto l'effetto di un sasso in piccio¬ naia, non ha suscitato ieri moltissime reazioni, a conferma di una assuefazione diffusa. Il commento forse più deciso è venuto dal presidente della Confartigianato Ivano Spalanzani: «Da troppi anni - ha detto - si è deciso di fare poco o nulla per debellare questo gravissimo fenomeno, che ricade pesantemente sulle attività artigiane e ha raggiunto un livello patologico. Urgono interventi radicali, rivolti a individuare non solo gli abusivi, ma anche il doppio lavoro dei cassintegrati e dei dipendenti in mobilità». Le cause del fenomeno secondo Spalanzani vanno ricondotte «all'alto costo del lavoro, alla mancanza di flessibilità e a una legislazione ipergarantista» che scoraggia assunzioni regolari. Una vasta deregolamentazione è suggerita come mezzo idoneo a favorire 1'«emersione» del lavoro sommerso. Oltre all'Iseo, i dati sull'economia sommersa interessano anche l'Istat che entro que- sfanno dovrà rimettere a posto i conti nazionali secondo il nuovo sistema di contabilità europea «Sec 95». In base a queste nuove regole, dal '99 nella contabilità nazionale si dovrà tener conto anche dell'economia sommersa, di quella «informale» (cioè che non passa per regolari transazioni di mercato) e persino dell'economia «illegale», costituita da tutte quelle forme di produzione e distribuzione vietate dalla legge (incluso, per esempio, lo spaccio di droga). Se questa riforma è ispirata dall'Ue vuol dire che certi problemi non sono solo nostri. Luigi Oratala II ministro del Lavoro Tiziano Treu
Persone citate: Ivano Spalanzani, Spalanzani, Tiziano Treu
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