Andreotti come il brutto anatroccolo di Guido Tiberga
Andreotti come il brutto anatroccolo A Giffoni, il senatore racconta una favola autobiografica. Il sindaco: cattivo maestro Andreotti come il brutto anatroccolo PAPA', papà, raccontami una favola, ma una favola nuova...». «C'era una volta un bambino che a tre anni vede morire suo padre, dopo molti mesi di vani tentativi di superare gli effetti devastanti di una malattia contratta in servizio...». Cominciate così la vostra fiaba della buonanotte e non avrete che due alternative: se siete una persona normale, qualcuno chiamerà il Telefono Azzurro per proteggere i vostri figli dall'ossessione della morte con cui pretendete di farli donnire. Se invece vi chiamate Giulio Andreotti, vi ritroverete sul palco del Giffoni Film Festival, applaudito da una platea di ragazzini. Lì potrete recitare la vostra creazione, e nessuno racconterà al vostro pubblico di bambini che, oltre a mezzo secolo di potere, vi portate sulle spalle il peso di qualche spiacevole accusa. Al massimo, come è successo ieri, potrete trovare un sindaco diessino che vi chiuderà in faccia le porte del municipio, chiamandovi «cattivo maestro». E' andata così, spiegano a Giffoni: ricordando forse una vecchia favoletta dedicata a un antifascista al confino, scritta da Andreotti e pluripremiata nel cuore della Prima Repubblica, gli organizzatori del festival hanno chiesto un raccontino al senatore. E lui - non contento di aver scritto per un mensile una lettera intima al diavolo - ha accettato. Convinto, pare, dalle insistenze di un nipotino che a dieci anni porta il suo identico, e ingombrantissimo, nome. Questa volta, però, niente personaggi di fantasia. E per essere chia- ro fin dall'inizio, ha intitolato il lavoro «Favola quasi autobiografica». E il «quasi» è poco più di un vezzo. Dopo l'attacco choc, l'Andreotti .tavoliere si incarna nel Brutto anatroccolo: «Faceva fatica a intrupparsi con gli altri ragazzi, e ancor meno era attratto dalle serate sodali...». Sfiora il Pinocchio edonista delle scorribande con Lucignolo: «Quando potevano permetterselo, con un gruppo di amici fittavano i cavalli e traversavano la valle...». Infine si contamina con il gusto horror e vagamente splatter che tanto piace ai ragazzini di oggi: «Un parroco lo conduceva spesso con sè a visitare gli ammalati. Alcuni erano impressionanti. Lo colpì molto una donna sfigurata da un cancro alla faccia, che li accoglieva con un pallido sorriso di riconoscenza...». Poi, come ogni Anatroccolo che si rispetti, vive i suoi anni da Cigno. E il ragazzino che frequentava i malati, sia pure «un po' curvo per abitudine», si presenta con Audrey Hepburn nella villa di James Steward. Si fa fotografare insieme con Anna Magnani procurandosi una scenata di gelosia dalla moglie. Si trova faccia a faccia con Totò in un vagone letto, proprio come l'onorevole Trombetta della celeberrima gag, ma invece dei pernacchi si ritrova oggetto di un insolito, personalissimo show: «La politica comporta anche qualche amarezza - commenta soddisfatto - ma chi avrebbe potuto avere uno spettacolo di Totò tutto per sé?». La favola di Andreotti si chiude qui. «L'album ingiallito, ma ben leggibile e non ancora concluso», del processo non parla. E forse la spiegazione sta tutta nel finale che il vecchio Giulio ha scelto per la sua storiella dedicata al piccolo Giulio. «Gli uomini - dice, citando Pascal non avendo potuto liberarsi della morte hanno deciso per essere felici di non pensarci...». Guido Tiberga II senatore a vita Giulio Andreotti
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