Tante matrioske, un soia padrone

Tante matrioske, un soia padrone Tante matrioske, un soia padrone Svelato il lungo mistero delle holding di Arcor e RETROSCENA UN GRUPPO NEL MIRINO MILANO I queste benedette (e misteriose) ventidue holding che contengono il cuore e la serratura della Fininvest si parla da un bel po' di anni. Stanno al principio dell'avventura economica e televisiva di Silvio Berlusconi, sono le sue fondamenta, l'atto di nascita, e naturalmente la fonte primaria di tutti i dubbi, di tutti i sospetti che hanno aleggiato intorno alla creatura miliardaria di quel giovane imprenditore milanese - grandi basette, pantaloni a zampa d'elefante, giacche a doppio petto, tessera P2 in tasca - che apparve sulla scena milanese diventandone, in una manciata d'anni, il re e la sua ombra. La loro esistenza è stata a lungo taciuta, salvo saltare fuori (primi Anni 90) grazie a inchieste giornalistiche e essere poi confermate nella loro importanza cruciale - quella di contenere il 96,10667 per cento delle azioni da un soggetto niente affatto secondario, l'ufficio studi di Mediobanca, anno 1993. Le 22 holding nascono quindici anni prima, per l'esattezza l'8 giugno 1978, insieme con la prima società «Fininvest Roma srl», presidente Silvio Berlusconi, amministratore unico il padre di Cesare Previti, legale di Berlusconi, poi suo ministro della Difesa, attualmente deputato, nonché pluri inquisito nell'inchiesta sulla corruzione dei giudici romani. E' proprio Cesare Previti - nel libro di Paolo Madron «Le gesta del Cavaliere» che spiega: «Il mio amico Silvio vuole mettere ordine in casa. Ha un sacco di società messe lì alla rinfusa. Bisogna razionalizzare la struttura, lo hanno chiesto anche le banche. Ognuna delle 22 holding ha una piccola fettina di capitale. E' un meccanismo che hanno elaborato Edoardo Piccit to e Armando Minna, i suoi com mercialisti di Milano». In tuia delle più accurate bio grafie di Silvio Berlusconi, «Il Venditore», Giuseppe Fiori rac conta con pignoleria l'assetto dell'intero castello: Berlusconi è titolare del 3,89333 per cento del capitale. Il restante 96 e rotti fa capo alle 22 holding. Ufficiai i ì mente Berlusconi risulta il proprietario solo di 13 scatole (dalla ottava alla ventesima) per un totale appena sopra la maggioranza delle azioni, il 50,3 per cento. Il restante 45,83 per cento è gestito da due altre società, il Servizio Italia e la Par.Ma.Fid. Scrive Giuseppe Fiori nel 1995: «Al Garante dell'editoria e della tv Berlusconi ha dichiarato di controllare il 50,3 per cento della Fininvest. Di chi è il residuo? Discostandosi dalla legge sull'editoria che obbliga le proprietà dei giornali a dichiararsi, il ministro delle Poste Oscar Mammì si è inventato, nell'interesse di Berlusconi, la trasparenza enfumé.e: l'azionista o eli azionisti di minoranza, anche quando questa minoranza raggiunga il 49,7 per cento delle azioni, possono restare nascosti. Da ciò la mancata denuncia, senza violare la legge, della titolarità di mezza Fininvest. Da ciò i chiacchiericci e i sospetti» se Berlusconi abbia o no soci occulti. I dubbi li dissipa il 22 dicembre 1993 il rapporto «R&S» di Mediobanca che scrive: «L'intero capitale della Fininvest fa capo direttamente e indirettamente a Silvio Berlusconi». Ma allora perché quelle scatole? Lo spiegherà Franco Tato, attuale presidente Enel, ma per un paio di anni suDermanager Fininvest: «Si tratta chiaramente di un marchingegno per pagare meno tasse sui dividendi». La spiegazione regge: dice il perché, ma non dice ancora il come e il cosa. E' un giornale insospettabile ad accorgersene per primo, ((Avvenire», quotidiano dei vescovi, che il 7 gennaio 1994. scrive: «Lo saettacelo di Sono nate vent'anni fa con la prima «Fininvest Roma srl», ma la loro esistenza è stata a lungo taciuta Ufficialmente il Cavaliere risulta proprietario solo di tredici «scatole» per il 50,3% del totale delle azioni

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